La Domenica del Corriere della Sera 8.6.18
«Il capitalismo non è eterno E Marx è ancora necessario»
Nasceva
duecento anni fa l’autore del «Manifesto del partito comunista»: sul
suo pensiero abbiamo interpellato il sociologo Immanuel Wallerstein, che
ne rivendica l’attualità. Non può fare a meno di lui una sinistra
globale che voglia rappresentare l’80% più povero degli abitanti della
terra
Immanuel Wallerstein, senior research scholar alla Yale
University (New Haven, Usa) è considerato uno dei più grandi sociologi
viventi. I suoi scritti sono stati molto influenzati dalle opere di Karl
Marx ed egli è uno degli studiosi più adatti per riflettere sul perché
quel pensiero sia ritornato, ancora una volta, di attualità
Il socialismo in un solo Paese di marca staliniana è estraneo a Marx: leggete direttamente lui non i suoi pretesi interpreti
conversazione Marcello Musto e Immanuel Wallerstein
MARCELLO
MUSTO — Professor Wallerstein, quasi trent’anni dopo la fine del
cosiddetto «socialismo reale», in quasi tutto il globo tantissimi
dibattiti, pubblicazioni e conferenze hanno come tema la persistente
capacità da parte di Marx di spiegare le contraddizioni del presente.
Lei ritiene che le idee di Marx continueranno ad avere rilevanza per
quanti ritengono necessario ripensare un’alternativa al capitalismo?
IMMANUEL
WALLERSTEIN — Esiste una vecchia storia su Marx che dice che ogni volta
che si cerca di buttarlo fuori dalla porta, lui rientra dalla finestra.
È quanto sta accadendo in questi anni. Marx è ancora fondamentale per
quanto scrisse a proposito del capitalismo. Le sue osservazioni furono
molto originali e completamente diverse da ciò che affermarono altri
autori. Oggi affrontiamo problemi rispetto ai quali egli ha ancora molto
da insegnarci e tanti editorialisti e studiosi — non certo solo io —
trovano il pensiero di Marx particolarmente utile in questa fase di
crisi economica e sociale. Ecco perché, nonostante quanto era stato
predetto nel 1989, assistiamo alla sua rinnovata popolarità.
MARCELLO
MUSTO — La caduta del Muro di Berlino ha liberato Marx dalle catene
degli apparati statali dei regimi dell’Est Europa e da un’ideologia
sideralmente lontana dalla sua concezione di società. Qual è il motivo
centrale che suscita ancora tanta attenzione verso l’interpretazione del
mondo di Marx?
IMMANUEL WALLERSTEIN — Io credo che, se
chiedessimo a quanti conoscono Marx di riassumere in una sola idea la
sua concezione del mondo, la maggior parte di essi risponderebbe «la
lotta di classe». Io leggo Marx alla luce del presente e per me «lotta
di classe» significa il perenne conflitto tra quella che io chiamo la
«sinistra globale» — che ritengo possa ambire a rappresentare l’80% più
povero della popolazione mondiale — e la «destra globale» — che
rappresenta l’1% più ricco. Per vincere questo scontro bisogna
conquistare il restante 19%; bisogna cercare di portarlo nel proprio
campo e sottrarlo a quello dell’avversario. Viviamo in un’era di crisi
strutturale del sistema mondo. Credo che il capitalismo non sopravvivrà,
anche se nessuno sa con certezza da che cosa potrà essere sostituito.
Io sono convinto che vi siano due possibilità. Una prima è rappresentata
da quello che chiamo lo «spirito di Davos». L’obiettivo del Forum
economico mondiale di Davos è quello di imporre un sistema sociale nel
quale permangano le peggiori caratteristiche del capitalismo: le
gerarchie sociali, lo sfruttamento e, soprattutto, il dominio
incontrastato del mercato con la conseguente polarizzazione della
ricchezza. L’alternativa è, invece, un sistema più democratico e più
egualitario di quello esistente. Per tornare a Marx, dunque, la lotta di
classe costituisce lo strumento fondamentale per influire sulla
costruzione di ciò che, in futuro, sostituirà il capitalismo.
MARCELLO
MUSTO — Le sue riflessioni circa la contesa per ricevere il sostegno
politico della classe media ricordano Antonio Gramsci e il suo concetto
di egemonia. Tuttavia, credo che per le forze di sinistra la questione
prioritaria sia come ritornare a parlare alle masse popolari, ovvero
quell’80% a cui lei fa riferimento, e come rimotivarle alla lotta
politica. Questo è particolarmente urgente nel «Sud globale», dove è
concentrata la maggioranza della popolazione mondiale e dove, negli
ultimi tre decenni, a dispetto del drammatico aumento delle
diseguaglianze prodotte dal capitalismo, partiti e movimenti
progressisti si sono indeboliti. Lì l’opposizione alla globalizzazione
neoliberista è spesso guidata dai fondamentalismi religiosi e da partiti
xenofobi, un fenomeno in crescita anche in Europa. La domanda è se Marx
può aiutarci in questo scenario. Libri di recente pubblicazione offrono
nuove interpretazioni della sua opera. Essi rivelano un autore che fu
capace di esaminare le contraddizioni della società capitalista ben
oltre il conflitto tra capitale e lavoro. Marx dedicò molte energie allo
studio delle società extra-europee e al ruolo distruttivo del
colonialismo nelle periferie del sistema. Allo stesso modo, smentendo le
interpretazioni che assimilano la concezione marxiana della società
comunista al mero sviluppo delle forze produttive, l’interesse per la
questione ecologica presente nell’opera di Marx fu ampio e rilevante.
Infine, egli si occupò in modo approfondito di numerose tematiche che
molti studiosi spesso sottovalutano o ignorano quando parlano di lui.
Tra queste figurano le potenzialità emancipatrici della tecnologia, la
critica dei nazionalismi, la ricerca di forme di proprietà collettive
non controllate dallo Stato, o la centralità politica della libertà
individuale nella sfera economica e politica: tutte questioni
fondamentali dei nostri giorni. Accanto a questi «nuovi profili» di Marx
— che suggeriscono come il rinnovato interesse per il suo pensiero sia
un fenomeno destinato a proseguire nei prossimi anni — potrebbe indicare
tre delle idee più conosciute di Marx a causa delle quali questo autore
non può essere accantonato?
IMMANUEL WALLERSTEIN — Innanzitutto,
Marx ci ha insegnato meglio di chiunque altro che il capitalismo non
corrisponde al modo naturale di organizzare la società. Già in Miseria
della filosofia , pubblicato quando aveva solo 29 anni, schernì gli
economisti che sostenevano che le relazioni capitalistiche si fondavano
su «leggi naturali, indipendenti dall’influenza del tempo». Marx scrisse
che gli economisti avevano riconosciuto il ruolo svolto dagli esseri
umani nella storia quando avevano analizzato le «istituzioni feudali,
nelle quali si trovavano rapporti di produzione del tutto differenti da
quelli della società borghese». Tuttavia, essi mancarono di storicizzare
il modo di produzione da loro difeso e presentarono il capitalismo come
«naturale ed eterno». Nel mio libro Il capitalismo storico ho tentato
di chiarire che il capitalismo è un sistema sociale storicamente
determinato, contrariamente a quanto impropriamente sostenuto da alcuni
economisti. Ho più volte affermato che non esiste un capitalismo che non
sia capitalismo storico e, a tal proposito, dobbiamo molto a Marx. In
secondo luogo, vorrei sottolineare l’importanza del concetto di
«accumulazione originaria», ossia l’espropriazione della terra dei
contadini che fu alla base del capitalismo. Marx capì benissimo che si
trattava di un processo fondamentale per la costituzione del dominio
della borghesia. È un fenomeno che persiste ancora oggi. Infine,
inviterei a riflettere di nuovo sul tema «proprietà privata e
comunismo». In Unione Sovietica, in particolare durante il periodo
staliniano, lo Stato deteneva la proprietà dei mezzi di produzione. Ciò
non impedì, però, che le persone fossero sfruttate e oppresse.
Tutt’altro. Ipotizzare la costruzione del «socialismo in un solo Paese»,
come fece Stalin, costituì una novità mai considerata in precedenza,
men che mai da Marx. La proprietà pubblica dei beni di produzione
rappresenta una delle alternative possibili, ma non è l’unica. Esiste
anche l’opzione della proprietà cooperativa. Tuttavia, se vogliamo
costruire una società migliore, è necessario sapere chi produce e chi
riceve il «plusvalore» — altro pilastro fondamentale della teoria di
Marx. È questo il tema centrale. Va completamente mutato quanto si viene
a determinare nei rapporti capitalistici di produzione.
MARCELLO
MUSTO — Il 2018 coincide con il bicentenario della nascita di Marx e
nuovi libri e film vengono dedicati alla sua vita. Quali sono gli
episodi della biografia di Marx che lei considera più significativi?
IMMANUEL
WALLERSTEIN — Marx trascorse una vita molto difficile, in perenne lotta
contro una povertà terribile. Fu molto fortunato ad avere incontrato un
compagno come Friedrich Engels, che lo aiutò a sopravvivere. Marx non
ebbe nemmeno una vita affettiva semplice e la sua tenacia nel portare a
compimento la missione che aveva assegnato alla propria esistenza —
ovvero la comprensione del meccanismo di funzionamento del capitalismo —
è davvero ammirevole. Marx non pretese né di spiegare l’antichità, né
di definire come avrebbe dovuto essere la futura società socialista.
Volle comprendere il suo presente, il sistema capitalistico nel quale
viveva.
MARCELLO MUSTO — Nel corso della sua vita, Marx non fu
soltanto lo studioso isolato dal mondo tra i libri del British Museum;
fu un rivoluzionario sempre impegnato nelle lotte della sua epoca. Da
giovane, a causa della sua militanza politica, egli venne espulso dalla
Francia, dal Belgio e dalla Germania e, quando le rivoluzioni del 1848
vennero sconfitte, fu costretto all’esilio in Inghilterra. Fondò
quotidiani e riviste e appoggiò, in tutti i modi, le lotte del movimento
operaio. Inoltre, dal 1864 al 1872 fu il principale animatore
dell’Associazione internazionale dei lavoratori, la prima organizzazione
transnazionale della classe operaia, e nel 1871 difese strenuamente la
Comune di Parigi, il primo esperimento socialista della storia.
IMMANUEL
WALLERSTEIN — Sì, è vero, è essenziale ricordare la militanza politica
di Marx. Egli ebbe un’influenza straordinaria nell’Internazionale,
un’organizzazione composta da lavoratori fisicamente distanti tra loro,
in un’epoca in cui non esistevano mezzi che potessero agevolare la
comunicazione. Marx fece politica anche attraverso il giornalismo,
impiego che svolse per tanta parte della sua vita. Certo, lavorò come
corrispondente del «New-York Daily Tribune» prima di tutto per avere un
reddito, ma considerò i propri articoli — che raggiunsero un pubblico
molto vasto — come parte della sua attività politica. Essere neutrale
non aveva alcun senso ai suoi occhi — il che non vuol dire che mancò di
rigore nelle sue analisi. Fu sempre un giornalista impegnato e critico.
MARCELLO
MUSTO — Lo scorso anno, in occasione del centesimo anniversario della
rivoluzione russa, alcuni studiosi sono ritornati a discutere sulle
distanze tra Marx e alcuni suoi autoproclamatisi epigoni che sono stati
al potere nel XX secolo. Qual è la maggiore differenza tra loro e Marx?
IMMANUEL
WALLERSTEIN — Gli scritti di Marx sono illuminanti e molto più sottili e
raffinati di molte interpretazioni semplicistiche delle sue idee. È
sempre bene ricordare che fu lo stesso Marx, con una famosa boutade , ad
affermare dinanzi ad alcune interpretazioni del suo pensiero: «Quel che
è certo è che io non sono marxista». Marx, a seguito dei suoi continui
studi, non di rado mutò idee e opinioni. Si concentrò sui problemi che
esistevano nella società del suo tempo e, a differenza di tanti che si
sono richiamati al suo pensiero, fu profondamente antidogmatico. Questa è
una delle ragioni per le quali Marx è una guida ancora così valida e
utile.
MARCELLO MUSTO — Per concludere, che messaggio le
piacerebbe trasmettere a quanti, nella nuova generazione, non hanno
ancora letto Marx?
IMMANUEL WALLERSTEIN — La prima cosa che vorrei
dire ai più giovani è di leggere direttamente gli scritti di Marx. Non
leggete su Marx , ma leggete Marx . Solo pochi — fra tutti quelli che
parlano di lui — hanno veramente letto le opere di Marx. È una
considerazione che, peraltro, vale anche per Adam Smith. In genere, con
la speranza di risparmiare tempo, molte persone preferiscono leggere a
proposito dei classici del pensiero politico ed economico e, dunque,
finiscono per conoscerli attraverso i resoconti di altri. È solo uno
spreco di tempo! Bisogna leggere direttamente i giganti del pensiero
moderno e Marx è, senza dubbio, uno dei principali studiosi del XIX e XX
secolo. Nessuno gli è pari, né per la molteplicità delle tematiche da
lui trattate, né per la qualità della sua analisi. Alle giovani
generazioni dico che è indispensabile conoscere Marx e che per farlo
bisogna leggere, leggere e leggere direttamente i suoi scritti. Leggete
Karl Marx!