martedì 3 aprile 2018

internazionale 1.4.18
Giovani ribelli americani
Di Charlotte Alter, Time, Stati Uniti
Gli studenti sopravvissuti alla strage di Parkland, in Florida, hanno dato vita a un movimento contro le armi che sta ottenendo risultati sorprendenti. E hanno fatto venire alla luce le fratture generazionali della società statunitense

In una pizzeria di Coral Springs, in Florida, un martedì a pranzo, dei ragazzi stanno organizzando una rivoluzione. “Gli adulti sanno che stiamo rimediando ai loro casini”, dice Cameron Kasky, 17 anni, studente della Marjory Stoneman Douglas high school. Tre settimane fa, dal salotto di casa, ha lanciato #NeverAgain, un movimento per rispondere alla violenza causata dalle armi. “Ma è come se dicessero ‘ci dispiace per il casino che abbiamo combinato’ e intanto continuassero a fare lo stesso”, interviene Emma González, una studente dell’ultimo anno. Al tavolo con Kasky e González sono seduti altri due leader del movimento, Alex Wind e Jaclyn Corin. In realtà non sono esattamente “seduti”: se ne stanno rannicchiati in diagonale, appoggiati alle ginocchia l’uno dell’altra, come se volessero mantenere un contatto fisico costante. Corin lancia un crostino in bocca a González. Kasky usa le ginocchia di Corin come cuscino. Parlano del loro amico David Hogg (“È talmente concentrato che se volesse potrebbe ingravidarsi da solo”, scherza González), dei complottisti che li accusano di essere attori pagati da donatori misteriosi, della loro battaglia contro la National rile association (Nra), la lobby statunitense delle armi. Sono tutti d’accordo sul fatto che Dana Loesch, la portavoce dell’Nra, è “molto sexy ma fa un po’ paura”, per usare le parole di González. La pizzeria è a poche centinaia di metri dalla loro scuola, dove poco più di un mese fa sono state uccise 17 persone tra studenti e insegnanti. Secondo la ricostruzione della polizia, alle 14.21 del 14 febbraio Nikolas Cruz, un ex studente dell’istituto, è entrato nell’edificio delle matricole con un fucile semiautomatico e ha aperto il fuoco in quattro classi al primo piano. Corin aveva appena portato dei mazzi di garofani nella scuola per raccogliere dei fondi in vista del ballo scolastico, e aveva regalato uno dei fiori a una ragazza che pochi minuti dopo è stata colpita da un proiettile. Hogg era a lezione di scienze ambientali, e dopo che è scattato l’allarme ha girato un video degli studenti accovacciati in una piccola aula per nascondersi dall’attentatore. Il video è diventato virale e Hogg è ormai una presenza fissa nei programmi tv. Il giorno dopo il massacro, Kasky ha invitato Wind e Corin a casa sua per organizzare una manifestazione per la riforma delle leggi sulle armi. Insieme hanno lanciato l’hashtag #Never Again, mai più, su Twitter. La maggior parte di questi ragazzi non può votare, ordinare una birra o prenotare una camera d’albergo.
Non possono nemmeno permettersi una pizza senza spendere buona parte della paghetta. In apparenza non sembrano molto diversi dai tanti adolescenti idealisti che in passato hanno pensato di poter cambiare il mondo per poi accorgersi che non era così semplice. Eppure, nel giro di un mese questi studenti hanno dato vita al più grande e potente movimento contro le armi degli ultimi vent’anni. E ora il resto del paese, depresso e anestetizzato dalla frequenza dei massacri, comincia a pensare che questi ragazzi possono davvero riuscire a cambiare le cose. Nessuno crede che sarà facile. Negli Stati Uniti la violenza legata alle armi sembra impossibile da affrontare. Secondo uno studio dell’università dell’Alabama, il 31 per cento delle stragi compiute in tutto il mondo con armi da fuoco avviene negli Stati Uniti. Eppure, mentre il numero delle vittime continua a salire, il secondo emendamento della costituzione fa in modo che il diritto dei cittadini a possedere un’arma sia sostanzialmente intoccabile. Circa il 90 per cento degli statunitensi vorrebbe trovare soluzioni di “buon senso”, a cominciare dai controlli sui precedenti di chiunque voglia acquistare un’arma, ma gli estremisti ostacolano qualsiasi misura concreta. Nel dicembre del 2012, dopo che Adam Lanza uccise venti bambini tra i 5 e i 7 anni in una scuola elementare del Connecticut, alcuni politici provarono ad affrontare il problema. Il presidente Barack Obama firmò dei decreti per rafforzare il sistema di controlli sui precedenti dei compratori, mentre diversi stati rafforzarono le limitazioni sulla vendita e il possesso di armi. Ma il congresso non riuscì ad approvare neanche un modesto progetto di legge sostenuto da entrambi i partiti per eliminare le scappatoie che permettono di comprare armi da privati senza sottoporsi a controlli.
Tre stanze senza finestre
Nei cinque anni successivi la dinamica è diventata ricorrente. Quasi ogni mese qualcuno apre il fuoco uccidendo altre persone; comincia un breve periodo di lutto; i democratici propongono timide misure per ridurre la diffusione delle armi; i repubblicani offrono “solidarietà e preghiere”; non viene approvata nessuna nuova legge e il paese va avanti come se niente fosse. È successo quando Omar Mateen ha ucciso 49 persone in una discoteca di Orlando, nel 2016. È successo dopo che Stephen Paddock ha ammazzato 58 persone durante un concerto a Las Vegas, nell’ottobre del 2017. Ed è andata così quando Devin Patrick Kelley ha ucciso 26 persone in una chiesa di Sutherland Springs, in Texas, nel novembre del 2017. Ma dopo la strage di Parkland la reazione è stata diversa. Gli studenti sopravvissuti hanno denunciato pubblicamente l’influenza dell’Nra sul congresso e hanno puntato il dito contro i leader politici, considerati responsabili della permissività delle leggi sulle armi. Il messaggio degli studenti si è diffuso immediatamente. González non aveva un account su Twitter prima della strage, undici giorni dopo aveva più follower dell’Nra. I ragazzi hanno chiesto riforme specifiche, come il bando delle armi semiautomatiche, i controlli su tutti i compratori e la digitalizzazione del registro dei possessori di armi. Forse l’aspetto più importante è che i ragazzi di Parkland hanno indicato l’Nra e i suoi sostenitori come i nemici mortali dei 50 milioni di studenti di quella che Kasky ha definito “la generazione delle stragi”. I ragazzi hanno smascherato la lobby delle armi che pretende di garantire la “protezione personale”, e hanno dato un’impronta generazionale al dibattito sulla violenza.
Oggi le notizie che in passato venivano accolte con tristezza e rassegnazione spingono i giovani a protestare scendendo in piazza. Il 14 marzo quasi un milione di ragazzi di tutto il paese ha interrotto le lezioni ed è uscito dalle scuole per partecipare al National school walkout e protestare contro le stragi nelle scuole. Secondo un sondaggio di Politico, dopo Parkland il 68 per cento degli statunitensi vuole leggi più restrittive sulle armi, rispetto al 60 per cento registrato a novembre. Secondo un sondaggio della Nbc, l’appoggio nei confronti dell’Nra è sceso al 37 per cento. È la prima volta dal 2000 che le opinioni negative sulla lobby delle armi superano quelle positive. La catena di vendita al dettaglio Dick’s Sporting Goods ha annunciato che smetterà di vendere fucili d’assalto. Il 9 marzo lo stato della Florida, uno dei più permissivi sul possesso di armi, ha approvato una legge che vieta i bump stock (dispositivi che modificano i fucili semiautomatici e li trasformano in armi automatiche, illegali negli Stati Uniti), impone un periodo d’attesa per ogni acquisto, porta da 18 a 21 anni l’età per comprare un’arma e permette alla polizia di sequestrare l’arma a persone con disturbi mentali. La legge è stata votata anche da 67 repubblicani che hanno ricevuto donazioni dall’Nra ed è stata ratificata dal governatore repubblicano Rick Scott, da sempre favorevole al diritto di possedere armi. È difficile dire come sia possibile che un movimento abbia subito successo, ma i ragazzi di Parkland sembrano perfettamente all’altezza della situazione. Sono abbastanza giovani per finire vittime di una strage in una scuola, ma anche abbastanza grandi da influenzare gli eventi. Come molti adolescenti, sono arrivati a un punto della vita in cui si sentono vulnerabili e allo stesso tempo invincibili, inseriti nel contesto sociale ma impermeabili alle etichette che gli adulti vorrebbero imporgli. Hanno un’aggressività che rispecchia quella del presidente Donald Trump: insultano i loro nemici e attaccano ferocemente politici e lobbisti come se litigassero con dei compagni nei corridoi della scuola. Questo non significa che abbiano già vinto, e non sono così ingenui sulle loro possibilità di successo. I ragazzi sanno che difficilmente il congresso, controllato dai repubblicani, approverà una legge per limitare la diffusione di armi. Nei giorni dopo la strage, Trump ha detto di voler rafforzare i controlli sui compratori, ma poi ha subito cambiato idea. Inoltre i ragazzi di Parkland non rappresentano l’intero paese. I sondaggi mostrano che i giovani non sono necessariamente più favorevoli dei loro genitori a regole più severe sulla vendita delle armi. Questo significa che gli studenti devono rispondere alla stessa domanda dei movimenti che li hanno preceduti: se il governo non accetterà le loro richieste, quale sarà stato il senso della loro battaglia? Il primo test importante è arrivato il 24 marzo, quando centinaia di migliaia di persone hanno manifestato in tutto il paese e in varie città del mondo. Uno degli obiettivi dell’iniziativa – March for our lives – era aumentare il numero delle persone che si registrano per votare nella cosiddetta generazione dei massacri: sono i ragazzi e le ragazze cresciute dopo la strage alla Columbine del 1999, che hanno imparato a costruire barricate e a oscurare le finestre con la carta durante le simulazioni di un attacco. I ragazzi di Parkland vogliono che la riforma delle leggi sulle armi diventi l’argomento principale del dibattito in vista delle elezioni di metà mandato di novembre. “Vogliamo far capire ai politici che stiamo arrivando”, dice Hogg. Kasky è più ambizioso: “Il mondo ci ha delusi. Siamo qui per crearne uno nuovo, dove per la nostra generazione sia più facile vivere. Se non siete d’accordo potete andarvene”. I ragazzi pianificano la rivolta in un ufficio – tre stanze senza finestre – messo a disposizione da un centro commerciale, vicino a un anonimo negozio di alimentari nei pressi di Parkland. Per entrare nel quartier generale del movimento #NeverAgain bisogna bussare tre volte a una porta a vetri e identificarsi a voce alta. In questo modo i ragazzi possono verificare che non sia uno stalker armato di fucile (hanno ricevuto diverse minacce di morte). Nella tana ci sono scatoloni pieni di magliette per la marcia del 24 marzo e un busto di Robert Kennedy accanto alle lavagne con il programma dei prossimi appuntamenti. Su un muro c’è un collage di lettere arrivate nelle ultime settimane, piene di parole di incoraggiamento ma anche di insulti (in una lettera inviata a Delaney Tarr, una studente di 17 anni, si legge: “Chiudi quella fogna, stupida troia del cazzo”). Su un altro muro è appesa una mappa degli Stati Uniti in cui i ragazzi segnalano tutte le iniziative di protesta. Sulla porta di uno sgabuzzino sul retro è stato attaccato un foglio di carta con la scritta “ufficio di Cameron Kasky”, proprio davanti a un piccolo bagno con la scritta “l’altro ufficio di Cameron Kasky”.
Soldi e consulenti
Nelle stanze si respira un grande ottimismo, come se fosse la prova generale di una recita scolastica o l’intervallo di una partita di campionato. I ragazzi entrano ed escono in continuazione, si siedono sul pavimento per leggere le email dei loro sostenitori, si fermano ovunque per scrivere un tweet e si ammassano nella piccola sala conferenze per rispondere alle chiamate dei giornalisti e dei politici. Un giorno hanno passato l’intero pomeriggio a produrre un video per prendere in giro Dana Loesch, la portavoce dell’Nra. Un altro hanno incontrato Ted Deutch, deputato democratico della Florida che rappresenta il distretto di Parkland al congresso. Si ha la sensazione che in questo piccolo angolo dell’universo adolescenziale possa succedere qualsiasi cosa. Le leggi sulle armi hanno tormentato gli attivisti adulti per decenni, ma i ragazzi di Parkland finora hanno avuto un successo sorprendente. Anche se non sono soddisfatti della legge approvata dal parlamento della Florida – “È come se avessero cercato di fare un grande passo avanti e alla fine fossero inciampati”, dice Hogg – si tratta comunque del primo provvedimento sulle armi introdotto dallo stato negli ultimi vent’anni. Gli scioperi del 14 marzo hanno superato per partecipazione la Million mom march del 2000, quando 750mila persone andarono a Washington per protestare contro le armi. “Quest’attivismo giovanile non ha precedenti”, spiega Kris Brown, presidente della campagna Brady per prevenire la violenza causata dalle armi, creata dalle organizzazioni responsabili della manifestazione del 2000. “La differenza, oggi, è che i ragazzi colpiti sono più grandi e sono in grado di far sentire la loro voce come non era mai successo”.
Idee conservatrici
I ragazzi hanno costruito il movimento #NeverAgain basandosi su quello che hanno imparato a scuola. Hogg, aspirante giornalista che studia produzione televisiva, si è autonominato “addetto stampa” del movimento. Corin, che l’anno scorso ha scritto una tesina di 50 pagine sul controllo delle armi, ha organizzato il viaggio per cento studenti a Tallahassee, la capitale della Florida, per fare pressione sul governatore. Kasky e Wind, appassionati di teatro, hanno scritto alcuni dei racconti più impressionanti sulla sparatoria e sulla morte dei loro compagni. Questi ragazzi sono nati con i social network e hanno usato Twitter per influenzare le persone proprio come ha fatto Trump. Se il presidente può prendersi gioco dei suoi nemici, allora possono farlo anche gli studenti. “Gli adulti ci dicono ‘staccatevi dai telefoni’, ma i social network sono la nostra arma”, spiega Corin. “Senza i social network il movimento non sarebbe cresciuto così rapidamente”. Oggi questi studenti sono in una posizione di forza dal punto di vista politico. Gli attacchi dell’Nra e del Partito repubblicano sono percepiti come aggressioni contro le vittime di una tragedia. Un candidato repubblicano del Maine alla camera che aveva definito González una “lesbica skinhead” è stato travolto dalle critiche e ha dovuto ritirarsi dalla corsa elettorale. Gli studenti non sono soli nella loro battaglia. Hanno raccolto più di quattro milioni di dollari da piccoli donatori attraverso il crowdfunding, più due milioni da persone del mondo dello spettacolo come George e Amal Clooney, Steven Spielberg e Oprah Winfrey. Una grande società di pubbliche relazioni di Hollywood li aiuta gratuitamente a gestire i rapporti con la stampa, mentre Deena Katz, organizzatrice della marcia delle donne del gennaio 2017, si è offerta di fare da consulente. Inoltre Everytown for gun safety, l’organizzazione per la riforma della legge sulle armi creata da Michael Bloomberg, miliardario ed ex sindaco di New York, ha donato più di un milione di dollari in borse di studio per gli organizzatori delle marce in tutto il paese.
“Il nostro problema principale è che stiamo ricevendo troppo aiuto”, afferma Corin. I ragazzi sanno che altre campagne contro la violenza delle armi, tra cui quella guidata dagli attivisti neri nelle comunità urbane, non hanno ricevuto lo stesso sostegno finanziario né la stessa attenzione dei mezzi d’informazione. “Viviamo in una zona ricca abitata soprattutto da bianchi. Dobbiamo sfruttare questo privilegio”, dice Delaney Tarr. Gli attivisti di Parkland dicono che stanno cercando di correggere questo squilibrio. Una lettera dei Dream defenders, organizzazione per la giustizia razziale nata dopo l’omicidio di Trayvon Martin, è appesa al muro dell’ufficio. All’inizio di marzo gli studenti hanno inviato a Parkland gli attivisti dei Peace warriors, un gruppo di Chicago, per coordinare gli sforzi. “Combattiamo la stessa battaglia”, dice Arianna Williams, studente all’ultimo anno di Chicago. “A Parkland abbiamo trovato la possibilità di esprimerci. Da noi non era così”. Nell’ufficio non c’è nessun adulto a fare da supervisore, fatta eccezione per Matt Deitsch e Kaylyn Pipitone, due universitari che hanno frequentato la Stoneman Douglas. Si occupano dei compiti riservati ai maggiorenni, come la firma di contratti e polizze assicurative. “Vogliamo solo gli adulti indispensabili”, spiega Kasky. La madre di Alex Wind ricorda che durante un incontro del movimento #NeverAgain i genitori si sono offerti di dare una mano. “Ci hanno risposto: ‘ordinate la pizza’”. Difficilmente la marcia del 24 marzo convincerà il congresso a cambiare la legge sulle armi. Ma gli adolescenti di Parkland hanno una strategia di lungo periodo. Per loro il movimento non è solo una battaglia contro le armi ma anche una missione per mobilitare i giovani elettori. HeadCount, un gruppo che si occupa di aiutare i ragazzi a iscriversi alle liste elettorali, ha mandato cinquemila volontari in tutto il paese nel giorno delle manifestazioni per registrare nuovi elettori in vista del voto di novembre. “Se i politici non cambieranno le leggi, li cacceremo votando”, dice Kasky. “Vinciamo in ogni caso”. Ma non è così semplice. Secondo uno studio della Tufts university, alle elezioni del 2016 ha votato solo il 39 per cento delle persone tra i 18 e i 20 anni, mentre appena il 14 per cento aveva votato alle elezioni di metà mandato del 2014. Già in passato gli sforzi per aumentare l’affluenza non hanno portato grandi risultati. Tra l’altro non tutti i giovani votano per i democratici. Secondo un sondaggio del Pew research center, Trump ha un basso indice di gradimento tra i millennial (solo il 6 per cento lo sostiene con convinzione), ma quasi un terzo dei millennial ha idee conservatrici. Inoltre un sondaggio del 2015 ha evidenziato che solo il 49 per cento dei giovani tra i 18 e i 29 anni era favorevole al bando per i fucili d’assalto. I ragazzi di Parkland vogliono creare un movimento politico che possa occuparsi di tutti i problemi dei giovani statunitensi. Hogg vorrebbe organizzare una manifestazione ogni anno il 24 marzo, usando la rabbia di questa generazione per chiedere un cambiamento su molti temi, dalla riforma sul finanziamento delle campagne elettorali alla neutralità della rete passando per il cambiamento climatico. Ma anche se questi sforzi non dovessero produrre risultati concreti, i ragazzi ribelli di oggi saranno i leader di domani, rafforzati da un’esperienza che forse sta già cambiando il dibattito sulle armi. Questo è il messaggio per tutti i politici che si schierano con l’Nra, spiega Hogg: “I libri di storia vi condanneranno. Se non passate dalla nostra parte sarete il nostro nemico”.

Da sapere
La destra reagisce
“Le proteste non sono spontanee. I miliardari che odiano le armi e le élite di Hollywood stanno manipolando quei ragazzi per distruggere il secondo emendamento e toglierci il diritto di proteggere le nostre famiglie”. L’Nra, la più importante lobby delle armi degli Stati Uniti, ha risposto con questo comunicato alle proteste del 24 marzo, quando centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza in più di 800 città per protestare contro la violenza causata dalle armi. Marco Rubio, senatore della Florida a cui gli attivisti hanno chiesto di tagliare i legami con l’Nra, ha dichiarato: “Nel nostro sistema per cambiare le cose bisogna scendere a patti con chi ha opinioni opposte”. Secondo il politico è molto difficile che il congresso approvi misure per ridurre la diffusione delle armi entro la fine del 2018, anche perché i parlamentari democratici finora sono stati molto timidi su questo tema.