internazionale 1.4.18
Giovani ribelli americani
Di Charlotte Alter, Time, Stati Uniti
Gli
studenti sopravvissuti alla strage di Parkland, in Florida, hanno dato
vita a un movimento contro le armi che sta ottenendo risultati
sorprendenti. E hanno fatto venire alla luce le fratture generazionali
della società statunitense
In una pizzeria di Coral
Springs, in Florida, un martedì a pranzo, dei ragazzi stanno
organizzando una rivoluzione. “Gli adulti sanno che stiamo rimediando ai
loro casini”, dice Cameron Kasky, 17 anni, studente della Marjory
Stoneman Douglas high school. Tre settimane fa, dal salotto di casa, ha
lanciato #NeverAgain, un movimento per rispondere alla violenza causata
dalle armi. “Ma è come se dicessero ‘ci dispiace per il casino che
abbiamo combinato’ e intanto continuassero a fare lo stesso”, interviene
Emma González, una studente dell’ultimo anno. Al tavolo con Kasky e
González sono seduti altri due leader del movimento, Alex Wind e Jaclyn
Corin. In realtà non sono esattamente “seduti”: se ne stanno
rannicchiati in diagonale, appoggiati alle ginocchia l’uno dell’altra,
come se volessero mantenere un contatto fisico costante. Corin lancia un
crostino in bocca a González. Kasky usa le ginocchia di Corin come
cuscino. Parlano del loro amico David Hogg (“È talmente concentrato che
se volesse potrebbe ingravidarsi da solo”, scherza González), dei
complottisti che li accusano di essere attori pagati da donatori
misteriosi, della loro battaglia contro la National rile association
(Nra), la lobby statunitense delle armi. Sono tutti d’accordo sul fatto
che Dana Loesch, la portavoce dell’Nra, è “molto sexy ma fa un po’
paura”, per usare le parole di González. La pizzeria è a poche centinaia
di metri dalla loro scuola, dove poco più di un mese fa sono state
uccise 17 persone tra studenti e insegnanti. Secondo la ricostruzione
della polizia, alle 14.21 del 14 febbraio Nikolas Cruz, un ex studente
dell’istituto, è entrato nell’edificio delle matricole con un fucile
semiautomatico e ha aperto il fuoco in quattro classi al primo piano.
Corin aveva appena portato dei mazzi di garofani nella scuola per
raccogliere dei fondi in vista del ballo scolastico, e aveva regalato
uno dei fiori a una ragazza che pochi minuti dopo è stata colpita da un
proiettile. Hogg era a lezione di scienze ambientali, e dopo che è
scattato l’allarme ha girato un video degli studenti accovacciati in una
piccola aula per nascondersi dall’attentatore. Il video è diventato
virale e Hogg è ormai una presenza fissa nei programmi tv. Il giorno
dopo il massacro, Kasky ha invitato Wind e Corin a casa sua per
organizzare una manifestazione per la riforma delle leggi sulle armi.
Insieme hanno lanciato l’hashtag #Never Again, mai più, su Twitter. La
maggior parte di questi ragazzi non può votare, ordinare una birra o
prenotare una camera d’albergo.
Non possono nemmeno permettersi
una pizza senza spendere buona parte della paghetta. In apparenza non
sembrano molto diversi dai tanti adolescenti idealisti che in passato
hanno pensato di poter cambiare il mondo per poi accorgersi che non era
così semplice. Eppure, nel giro di un mese questi studenti hanno dato
vita al più grande e potente movimento contro le armi degli ultimi
vent’anni. E ora il resto del paese, depresso e anestetizzato dalla
frequenza dei massacri, comincia a pensare che questi ragazzi possono
davvero riuscire a cambiare le cose. Nessuno crede che sarà facile.
Negli Stati Uniti la violenza legata alle armi sembra impossibile da
affrontare. Secondo uno studio dell’università dell’Alabama, il 31 per
cento delle stragi compiute in tutto il mondo con armi da fuoco avviene
negli Stati Uniti. Eppure, mentre il numero delle vittime continua a
salire, il secondo emendamento della costituzione fa in modo che il
diritto dei cittadini a possedere un’arma sia sostanzialmente
intoccabile. Circa il 90 per cento degli statunitensi vorrebbe trovare
soluzioni di “buon senso”, a cominciare dai controlli sui precedenti di
chiunque voglia acquistare un’arma, ma gli estremisti ostacolano
qualsiasi misura concreta. Nel dicembre del 2012, dopo che Adam Lanza
uccise venti bambini tra i 5 e i 7 anni in una scuola elementare del
Connecticut, alcuni politici provarono ad affrontare il problema. Il
presidente Barack Obama firmò dei decreti per rafforzare il sistema di
controlli sui precedenti dei compratori, mentre diversi stati
rafforzarono le limitazioni sulla vendita e il possesso di armi. Ma il
congresso non riuscì ad approvare neanche un modesto progetto di legge
sostenuto da entrambi i partiti per eliminare le scappatoie che
permettono di comprare armi da privati senza sottoporsi a controlli.
Tre stanze senza finestre
Nei
cinque anni successivi la dinamica è diventata ricorrente. Quasi ogni
mese qualcuno apre il fuoco uccidendo altre persone; comincia un breve
periodo di lutto; i democratici propongono timide misure per ridurre la
diffusione delle armi; i repubblicani offrono “solidarietà e preghiere”;
non viene approvata nessuna nuova legge e il paese va avanti come se
niente fosse. È successo quando Omar Mateen ha ucciso 49 persone in una
discoteca di Orlando, nel 2016. È successo dopo che Stephen Paddock ha
ammazzato 58 persone durante un concerto a Las Vegas, nell’ottobre del
2017. Ed è andata così quando Devin Patrick Kelley ha ucciso 26 persone
in una chiesa di Sutherland Springs, in Texas, nel novembre del 2017. Ma
dopo la strage di Parkland la reazione è stata diversa. Gli studenti
sopravvissuti hanno denunciato pubblicamente l’influenza dell’Nra sul
congresso e hanno puntato il dito contro i leader politici, considerati
responsabili della permissività delle leggi sulle armi. Il messaggio
degli studenti si è diffuso immediatamente. González non aveva un
account su Twitter prima della strage, undici giorni dopo aveva più
follower dell’Nra. I ragazzi hanno chiesto riforme specifiche, come il
bando delle armi semiautomatiche, i controlli su tutti i compratori e la
digitalizzazione del registro dei possessori di armi. Forse l’aspetto
più importante è che i ragazzi di Parkland hanno indicato l’Nra e i suoi
sostenitori come i nemici mortali dei 50 milioni di studenti di quella
che Kasky ha definito “la generazione delle stragi”. I ragazzi hanno
smascherato la lobby delle armi che pretende di garantire la “protezione
personale”, e hanno dato un’impronta generazionale al dibattito sulla
violenza.
Oggi le notizie che in passato venivano accolte con
tristezza e rassegnazione spingono i giovani a protestare scendendo in
piazza. Il 14 marzo quasi un milione di ragazzi di tutto il paese ha
interrotto le lezioni ed è uscito dalle scuole per partecipare al
National school walkout e protestare contro le stragi nelle scuole.
Secondo un sondaggio di Politico, dopo Parkland il 68 per cento degli
statunitensi vuole leggi più restrittive sulle armi, rispetto al 60 per
cento registrato a novembre. Secondo un sondaggio della Nbc, l’appoggio
nei confronti dell’Nra è sceso al 37 per cento. È la prima volta dal
2000 che le opinioni negative sulla lobby delle armi superano quelle
positive. La catena di vendita al dettaglio Dick’s Sporting Goods ha
annunciato che smetterà di vendere fucili d’assalto. Il 9 marzo lo stato
della Florida, uno dei più permissivi sul possesso di armi, ha
approvato una legge che vieta i bump stock (dispositivi che modificano i
fucili semiautomatici e li trasformano in armi automatiche, illegali
negli Stati Uniti), impone un periodo d’attesa per ogni acquisto, porta
da 18 a 21 anni l’età per comprare un’arma e permette alla polizia di
sequestrare l’arma a persone con disturbi mentali. La legge è stata
votata anche da 67 repubblicani che hanno ricevuto donazioni dall’Nra ed
è stata ratificata dal governatore repubblicano Rick Scott, da sempre
favorevole al diritto di possedere armi. È difficile dire come sia
possibile che un movimento abbia subito successo, ma i ragazzi di
Parkland sembrano perfettamente all’altezza della situazione. Sono
abbastanza giovani per finire vittime di una strage in una scuola, ma
anche abbastanza grandi da influenzare gli eventi. Come molti
adolescenti, sono arrivati a un punto della vita in cui si sentono
vulnerabili e allo stesso tempo invincibili, inseriti nel contesto
sociale ma impermeabili alle etichette che gli adulti vorrebbero
imporgli. Hanno un’aggressività che rispecchia quella del presidente
Donald Trump: insultano i loro nemici e attaccano ferocemente politici e
lobbisti come se litigassero con dei compagni nei corridoi della
scuola. Questo non significa che abbiano già vinto, e non sono così
ingenui sulle loro possibilità di successo. I ragazzi sanno che
difficilmente il congresso, controllato dai repubblicani, approverà una
legge per limitare la diffusione di armi. Nei giorni dopo la strage,
Trump ha detto di voler rafforzare i controlli sui compratori, ma poi ha
subito cambiato idea. Inoltre i ragazzi di Parkland non rappresentano
l’intero paese. I sondaggi mostrano che i giovani non sono
necessariamente più favorevoli dei loro genitori a regole più severe
sulla vendita delle armi. Questo significa che gli studenti devono
rispondere alla stessa domanda dei movimenti che li hanno preceduti: se
il governo non accetterà le loro richieste, quale sarà stato il senso
della loro battaglia? Il primo test importante è arrivato il 24 marzo,
quando centinaia di migliaia di persone hanno manifestato in tutto il
paese e in varie città del mondo. Uno degli obiettivi dell’iniziativa –
March for our lives – era aumentare il numero delle persone che si
registrano per votare nella cosiddetta generazione dei massacri: sono i
ragazzi e le ragazze cresciute dopo la strage alla Columbine del 1999,
che hanno imparato a costruire barricate e a oscurare le finestre con la
carta durante le simulazioni di un attacco. I ragazzi di Parkland
vogliono che la riforma delle leggi sulle armi diventi l’argomento
principale del dibattito in vista delle elezioni di metà mandato di
novembre. “Vogliamo far capire ai politici che stiamo arrivando”, dice
Hogg. Kasky è più ambizioso: “Il mondo ci ha delusi. Siamo qui per
crearne uno nuovo, dove per la nostra generazione sia più facile vivere.
Se non siete d’accordo potete andarvene”. I ragazzi pianificano la
rivolta in un ufficio – tre stanze senza finestre – messo a disposizione
da un centro commerciale, vicino a un anonimo negozio di alimentari nei
pressi di Parkland. Per entrare nel quartier generale del movimento
#NeverAgain bisogna bussare tre volte a una porta a vetri e
identificarsi a voce alta. In questo modo i ragazzi possono verificare
che non sia uno stalker armato di fucile (hanno ricevuto diverse minacce
di morte). Nella tana ci sono scatoloni pieni di magliette per la
marcia del 24 marzo e un busto di Robert Kennedy accanto alle lavagne
con il programma dei prossimi appuntamenti. Su un muro c’è un collage di
lettere arrivate nelle ultime settimane, piene di parole di
incoraggiamento ma anche di insulti (in una lettera inviata a Delaney
Tarr, una studente di 17 anni, si legge: “Chiudi quella fogna, stupida
troia del cazzo”). Su un altro muro è appesa una mappa degli Stati Uniti
in cui i ragazzi segnalano tutte le iniziative di protesta. Sulla porta
di uno sgabuzzino sul retro è stato attaccato un foglio di carta con la
scritta “ufficio di Cameron Kasky”, proprio davanti a un piccolo bagno
con la scritta “l’altro ufficio di Cameron Kasky”.
Soldi e consulenti
Nelle
stanze si respira un grande ottimismo, come se fosse la prova generale
di una recita scolastica o l’intervallo di una partita di campionato. I
ragazzi entrano ed escono in continuazione, si siedono sul pavimento per
leggere le email dei loro sostenitori, si fermano ovunque per scrivere
un tweet e si ammassano nella piccola sala conferenze per rispondere
alle chiamate dei giornalisti e dei politici. Un giorno hanno passato
l’intero pomeriggio a produrre un video per prendere in giro Dana
Loesch, la portavoce dell’Nra. Un altro hanno incontrato Ted Deutch,
deputato democratico della Florida che rappresenta il distretto di
Parkland al congresso. Si ha la sensazione che in questo piccolo angolo
dell’universo adolescenziale possa succedere qualsiasi cosa. Le leggi
sulle armi hanno tormentato gli attivisti adulti per decenni, ma i
ragazzi di Parkland finora hanno avuto un successo sorprendente. Anche
se non sono soddisfatti della legge approvata dal parlamento della
Florida – “È come se avessero cercato di fare un grande passo avanti e
alla fine fossero inciampati”, dice Hogg – si tratta comunque del primo
provvedimento sulle armi introdotto dallo stato negli ultimi vent’anni.
Gli scioperi del 14 marzo hanno superato per partecipazione la Million
mom march del 2000, quando 750mila persone andarono a Washington per
protestare contro le armi. “Quest’attivismo giovanile non ha
precedenti”, spiega Kris Brown, presidente della campagna Brady per
prevenire la violenza causata dalle armi, creata dalle organizzazioni
responsabili della manifestazione del 2000. “La differenza, oggi, è che i
ragazzi colpiti sono più grandi e sono in grado di far sentire la loro
voce come non era mai successo”.
Idee conservatrici
I
ragazzi hanno costruito il movimento #NeverAgain basandosi su quello che
hanno imparato a scuola. Hogg, aspirante giornalista che studia
produzione televisiva, si è autonominato “addetto stampa” del movimento.
Corin, che l’anno scorso ha scritto una tesina di 50 pagine sul
controllo delle armi, ha organizzato il viaggio per cento studenti a
Tallahassee, la capitale della Florida, per fare pressione sul
governatore. Kasky e Wind, appassionati di teatro, hanno scritto alcuni
dei racconti più impressionanti sulla sparatoria e sulla morte dei loro
compagni. Questi ragazzi sono nati con i social network e hanno usato
Twitter per influenzare le persone proprio come ha fatto Trump. Se il
presidente può prendersi gioco dei suoi nemici, allora possono farlo
anche gli studenti. “Gli adulti ci dicono ‘staccatevi dai telefoni’, ma i
social network sono la nostra arma”, spiega Corin. “Senza i social
network il movimento non sarebbe cresciuto così rapidamente”. Oggi
questi studenti sono in una posizione di forza dal punto di vista
politico. Gli attacchi dell’Nra e del Partito repubblicano sono
percepiti come aggressioni contro le vittime di una tragedia. Un
candidato repubblicano del Maine alla camera che aveva definito González
una “lesbica skinhead” è stato travolto dalle critiche e ha dovuto
ritirarsi dalla corsa elettorale. Gli studenti non sono soli nella loro
battaglia. Hanno raccolto più di quattro milioni di dollari da piccoli
donatori attraverso il crowdfunding, più due milioni da persone del
mondo dello spettacolo come George e Amal Clooney, Steven Spielberg e
Oprah Winfrey. Una grande società di pubbliche relazioni di Hollywood li
aiuta gratuitamente a gestire i rapporti con la stampa, mentre Deena
Katz, organizzatrice della marcia delle donne del gennaio 2017, si è
offerta di fare da consulente. Inoltre Everytown for gun safety,
l’organizzazione per la riforma della legge sulle armi creata da Michael
Bloomberg, miliardario ed ex sindaco di New York, ha donato più di un
milione di dollari in borse di studio per gli organizzatori delle marce
in tutto il paese.
“Il nostro problema principale è che stiamo
ricevendo troppo aiuto”, afferma Corin. I ragazzi sanno che altre
campagne contro la violenza delle armi, tra cui quella guidata dagli
attivisti neri nelle comunità urbane, non hanno ricevuto lo stesso
sostegno finanziario né la stessa attenzione dei mezzi d’informazione.
“Viviamo in una zona ricca abitata soprattutto da bianchi. Dobbiamo
sfruttare questo privilegio”, dice Delaney Tarr. Gli attivisti di
Parkland dicono che stanno cercando di correggere questo squilibrio. Una
lettera dei Dream defenders, organizzazione per la giustizia razziale
nata dopo l’omicidio di Trayvon Martin, è appesa al muro dell’ufficio.
All’inizio di marzo gli studenti hanno inviato a Parkland gli attivisti
dei Peace warriors, un gruppo di Chicago, per coordinare gli sforzi.
“Combattiamo la stessa battaglia”, dice Arianna Williams, studente
all’ultimo anno di Chicago. “A Parkland abbiamo trovato la possibilità
di esprimerci. Da noi non era così”. Nell’ufficio non c’è nessun adulto a
fare da supervisore, fatta eccezione per Matt Deitsch e Kaylyn
Pipitone, due universitari che hanno frequentato la Stoneman Douglas. Si
occupano dei compiti riservati ai maggiorenni, come la firma di
contratti e polizze assicurative. “Vogliamo solo gli adulti
indispensabili”, spiega Kasky. La madre di Alex Wind ricorda che durante
un incontro del movimento #NeverAgain i genitori si sono offerti di
dare una mano. “Ci hanno risposto: ‘ordinate la pizza’”. Difficilmente
la marcia del 24 marzo convincerà il congresso a cambiare la legge sulle
armi. Ma gli adolescenti di Parkland hanno una strategia di lungo
periodo. Per loro il movimento non è solo una battaglia contro le armi
ma anche una missione per mobilitare i giovani elettori. HeadCount, un
gruppo che si occupa di aiutare i ragazzi a iscriversi alle liste
elettorali, ha mandato cinquemila volontari in tutto il paese nel giorno
delle manifestazioni per registrare nuovi elettori in vista del voto di
novembre. “Se i politici non cambieranno le leggi, li cacceremo
votando”, dice Kasky. “Vinciamo in ogni caso”. Ma non è così semplice.
Secondo uno studio della Tufts university, alle elezioni del 2016 ha
votato solo il 39 per cento delle persone tra i 18 e i 20 anni, mentre
appena il 14 per cento aveva votato alle elezioni di metà mandato del
2014. Già in passato gli sforzi per aumentare l’affluenza non hanno
portato grandi risultati. Tra l’altro non tutti i giovani votano per i
democratici. Secondo un sondaggio del Pew research center, Trump ha un
basso indice di gradimento tra i millennial (solo il 6 per cento lo
sostiene con convinzione), ma quasi un terzo dei millennial ha idee
conservatrici. Inoltre un sondaggio del 2015 ha evidenziato che solo il
49 per cento dei giovani tra i 18 e i 29 anni era favorevole al bando
per i fucili d’assalto. I ragazzi di Parkland vogliono creare un
movimento politico che possa occuparsi di tutti i problemi dei giovani
statunitensi. Hogg vorrebbe organizzare una manifestazione ogni anno il
24 marzo, usando la rabbia di questa generazione per chiedere un
cambiamento su molti temi, dalla riforma sul finanziamento delle
campagne elettorali alla neutralità della rete passando per il
cambiamento climatico. Ma anche se questi sforzi non dovessero produrre
risultati concreti, i ragazzi ribelli di oggi saranno i leader di
domani, rafforzati da un’esperienza che forse sta già cambiando il
dibattito sulle armi. Questo è il messaggio per tutti i politici che si
schierano con l’Nra, spiega Hogg: “I libri di storia vi condanneranno.
Se non passate dalla nostra parte sarete il nostro nemico”.
Da sapere
La destra reagisce
“Le proteste non sono
spontanee. I miliardari che odiano le armi e le élite di Hollywood
stanno manipolando quei ragazzi per distruggere il secondo emendamento e
toglierci il diritto di proteggere le nostre famiglie”. L’Nra, la più
importante lobby delle armi degli Stati Uniti, ha risposto con questo
comunicato alle proteste del 24 marzo, quando centinaia di migliaia di
persone sono scese in piazza in più di 800 città per protestare contro
la violenza causata dalle armi. Marco Rubio, senatore della Florida a
cui gli attivisti hanno chiesto di tagliare i legami con l’Nra, ha
dichiarato: “Nel nostro sistema per cambiare le cose bisogna scendere a
patti con chi ha opinioni opposte”. Secondo il politico è molto
difficile che il congresso approvi misure per ridurre la diffusione
delle armi entro la fine del 2018, anche perché i parlamentari
democratici finora sono stati molto timidi su questo tema.