il manifesto 7.4.18
Lula resta tra i suoi sostenitori: «Vengano qui ad arrestarlo»
Brasile.
 L’ex presidente brasiliano nella sede del sindacato metalmeccanici. Ore
 concitate a San Paolo, Sem terra e Sem tetto pronti a circondare 
l’edificio: «Non un passo indietro, difendiamo la democrazia»
di Claudia Fanti
Sono
 ore febbrili quelle che si stanno vivendo, mentre il giornale va in 
stampa, presso la sede del sindacato dei metalmeccanici di São Paulo, a 
São Bernando do Campo, dove l’ex presidente brasiliano Lula si è recato 
nella serata di giovedì, dopo l’emissione del mandato di cattura da 
parte del giudice Sérgio Moro.
SEMBRA ORMAI CERTO che Lula decida 
di non costituirsi, respingendo così la richiesta in base a cui, «in 
considerazione della dignità della carica svolta in passato», avrebbe 
potuto presentarsi volontariamente, entro le 17.00» (le nostre 22.00) di
 ieri, alla sede della Polizia federale di Curitiba, dove a Lula è stata
 preparata, per l’inizio dell’esecuzione della pena, una «cella 
riservata» nella quale, si legge nel decreto di arresto, l’ex presidente
 «sarà separato dagli altri detenuti, senza alcun rischio per la sua 
integrità fisica e morale».
«Costituirsi è un’ammissione di colpa,
 e non è questo il caso», ha commentato il senatore del Pt Lindbergh 
Farias, convinto della necessità «che vengano a prenderlo qui, in mezzo a
 questo mare di gente», perché sia evidente agli occhi del mondo «la 
vergogna» dell’«illegale detenzione di Lula».
SONO IN MIGLIAIA, 
infatti, i sostenitori accorsi a São Bernando do Campo, a cominciare dai
 militanti del Movimento dei senza tetto e del Movimento dei senza 
terra, decisi a circondare la sede del sindacato per impedire l’arresto 
del presidente. Non a caso l’hasthag #OcupaSaoBernardo appare come il 
quinto dei trending topics di Twitter nel mondo.
Ed è una 
«resistenza democratica» quella che ha promesso il pre-candidato 
presidenziale del Partito socialismo e libertà (Psol) Guilherme Boulos: 
«Stare qui oggi – ha detto – è stare dalla parte della democrazia. E la 
storia giudicherà chi si è schierato da un lato e chi dall’altro». E ha 
assicurato: «Non ci muoveremo di un passo. Ancora una volta, questo 
sindacato sarà una trincea della democrazia in questo Paese». E non sarà
 il solo, considerando che in queste ore si stanno attivando 
manifestazioni di protesta e blocchi stradali in tutto il Paese.
CHE
 SI TRATTI DI INGIUSTIZIA lo conferma anche la velocità lampo con cui, 
nei confronti d Lula, ha agito la sempre assai lenta giustizia 
brasiliana. Neppure si è atteso, per decretare l’arresto, che i legali 
dell’ex presidente presentassero gli ultimi possibili ricorsi presso il 
Tribunale federale regionale di Porto Alegre (Trf-4), qualificati 
sprezzantemente da Moro come «un patologico tentativo di 
procrastinazione che dovrebbe essere eliminato dal mondo giuridico». E 
sempre con estrema rapidità il Tribunale superiore di giustizia ha 
respinto il nuovo ricorso d’urgenza presentato dagli avvocati dell’ex 
presidente perché venisse sospeso il mandato emesso dal giudice Moro, 
perché in anticipo rispetto alla conclusione dell’iter processuale 
presso il Trf-4.
È ANCHE POSSIBILE, del resto, che la detenzione 
di Lula duri appena pochi giorni. La questione della costituzionalità o 
meno dell’arresto dopo la condanna in secondo grado non è stata affatto 
risolta con la decisione del Supremo tribunale federale di respingere 
l’habeas corpus presentato dai legali dell’ex presidente.
IL 
MINISTRO MARCO AURÉLIO Mello, uno dei cinque che hanno votato a favore 
di Lula e il più critico nei confronti della «strategia» della 
presidente della Corte suprema Cármen Lúcia, ha annunciato infatti di 
voler proporre al plenario del Stf, nella sessione di mercoledì 11, 
l’analisi di un provvedimento di urgenza diretto a impedire l’arresto 
dei condannati in secondo grado. A richiederlo sono stati i noti 
avvocati Antônio Carlos de Almeida Castro, Cláudio Pereira de Souza Neto
 e Ademar Borges de Sousa Filho, secondo i quali «nessuno può restituire
 agli individui i giorni passati in carcere in maniera illegittima».
Sulla
 questione di legittimità costituzionale sollevata dai tre avvocati già 
nel 2016 (ma all’epoca respinta dal Stf), in cui si invocava il rispetto
 di un articolo del Codice di procedura penale che vieta l’arresto prima
 che la sentenza passi in giudicato, viene oggi proposta una soluzione 
intermedia: che l’inizio dell’esecuzione della pena avvenga dopo 
l’analisi dei ricorsi da parte del Superiore tribunale di giustizia, il 
terzo grado di giudizio.
 
