il manifesto 27.4.18
Pogrom nazista contro un campo rom alla periferia di Kiev
Ucraina
. Per il compleanno di Hitler il gruppo S14 ha «ripulito dalla
spazzatura» la collina Lysa Hora. Deportati dalle autorità ucraine, «per
la loro incolumità», alcuni anche a piedi, fin nei Carpazi i 150 rom
rifugiatisi in una vicina stazione ferroviaria
Un fotogramma del video delle devastazioni compiute a Lysa Hora, periferia di Kiev
Yurii Colombo
MOSCA
Un pogrom in piena regola quello consumatosi appena fuori Kiev la notte
tra il 20 e il 21 aprile. Il famigerato gruppo neonazista ucraino S14
ha scelto l’anniversario della nascita di Adolf Hitler per penetrare
dentro un campo Rom sulla collina di Lysa Hora (Monte Calvo) e
terrorizzare i suoi abitanti.
I criminali, armati di pistole,
spranghe, coltelli, gas urticanti hanno messo a sacco il campo, bruciato
tende e roulotte, ferito uomini, donne e bambini. Alcune persone della
comunità sono state ricoverate in ospedale, tra cui 4 bambini, con
profonde ferite procurate da armi da taglio. Sono stati esplosi anche
alcuni colpi di arma da fuoco, fortunatamente non andati a segno.
S14
ha persino rivendicato l’azione sulla sua pagina Facebook e ha promesso
altre azioni dimostrative per la prossima settimana contro «gay,
femministe e militanti di sinistra». La banda, che si richiama alle
gesta del leader fascista Stepan Bandera durante la seconda guerra
mondiale, non è purtroppo nuova a simili azioni. S14 ha al suo attivo
una lunga scia di assalti contro discoteche Lgbt, associazioni ebraiche e
dei diritti umani. Lo scorso 8 marzo il gruppo ha attaccato la
manifestazione femminista nella capitale ucraina e minacciato di morte
Elena Shevcenko, leader del movimento Lgbt in Ucraina e i giornalisti
presenti.
L’evidente complicità nella vicenda della polizia
municipale, la quale da sempre copre le scorribande di S14 e di altri
gruppi di estrema destra, però è persino più agghiacciante. Quando il 21
aprile sono iniziate a circolare le prime voci sul pogrom di Lysa Hora,
il capo della polizia di Kiev, Andrey Krishchenko, ha dichiarato a Depo
Kiev che «i rom non hanno ragione di lamentarsi di presunti pogrom.
Alcuni cittadini si sono semplicemente assunti il compito di bruciare la
spazzatura che si trovava nel campo rom e che rischiava di rovinare una
collina considerata parco naturale dalle autorità. I rom presenti in
città per festeggiare la Resurrezione sono stati poi accompagnati alla
stazione per far rientro nelle loro realtà».
Il giorno successivo
la polizia aggiustava il tiro riconoscendo che l’azione era avvenuta «ma
solo quando l’accampamento era ormai deserto». I giornali ucraini
riprendevano le dichiarazioni della polizia e parlavano «di presunte
azioni di nazionalisti per liberare la zona dai rifiuti». Ma l’altro
ieri la verità è venuta a galla.
In rete veniva diffuso un video
in cui si vedevano i nazisti attaccare il campo mentre alcuni poliziotti
osservavano quanto avveniva senza intervenire. E le responsabilità
della polizia – come denuncia Amnesty International nel suo comunicato –
sono ancora più pesanti per quanto accadeva nelle ore successive.
Ai
rom, circa 150 persone, rifugiatesi nella stazione ferroviaria della
capitale veniva imposta – con lo stratagemma di garantire la loro
incolumità – la deportazione in alcune località dei Carpazi, a oltre 500
chilometri da Kiev. Tuttavia le autorità garantivano solo un numero
limitato di biglietti ferroviari cosicché un gruppo di persone, tra cui
donne e bambini, erano costrette ad avviarsi con mezzi di fortuna, e
perfino a piedi, verso le località indicate.
Purtroppo questo è
solo l’ultimo caso di persecuzione dei rom nell’Ucraina di Poroshenko.
Nel 2012 mentre il Paese ospitava gli Europei di calcio, era stato dato
alle fiamme, a Bereznyaki, un campo nomadi da un gruppo neofascista. Nel
2016, vicino a Odessa, era stata poi bruciata una tendopoli di rom,
dove trovava la morte, per le gravi ustioni, una ragazzina.
Anche
nel 2017, sempre vicino a Kiev, si è assistito a un pogrom contro un
acquartieramento di roulotte dove vivevano 180 nomadi.
Il clima in
Ucraina si fa sempre più pesante per tutte le minoranze e per chi
difende strenuamente i pochi diritti democratici ancora esistenti. Ormai
da mesi il gruppo neofascista NazKorp, composta da veterani del
tristemente noto Battaglione Azov, pattuglia le strade delle città
ucraine con i suoi vigilantes che hanno ottenuto l’avvallo del ministero
degli Interni.
Forse sarebbe ora che a Bruxelles si aprissero gli
occhi sul degrado politico e morale di un Paese che si fregia di essere
associato all’Unione Europea. Prima che sia troppo tardi.