il manifesto 15.4.18
Corbyn stana May: «Venga in parlamento a spiegare»
Londra. La premier: «Azione nel nostro interesse nazionale e per abbattere il regime siriano»
Proteste a Londra contro il raid americano supportato da May e Macron in Siria
di Leonardo Clausi
LONDRA
Alla fine Theresa May ha preferito accodarsi al punitore
francoamericano in fretta e furia pur di non consultare il Parlamento,
ben sapendo che la via democratica alle bombe le sarebbe stata sbarrata
in aula.
DOWNING STREET si è arruolata nei tre bombardieri di
Dumas/Macron telecomandati da Trump approfittando del fatto che
Westminster sta dimostrando la propria subalternità a una Washington che
non crede alla propria fortuna di avere finalmente un presidente
francese che obbedisce perché è yankee dentro, frutto di una generazione
finalmente insensibile alle piazzate di tromboni nazionalisti come de
Gaulle o Chirac. Il fatto che May abbia una non-maggioranza puntellata
dalle sentinelle in piedi del Dup e che Jeremy Corbyn sia il primo
leader in quasi mezzo secolo di un’opposizione degna di questo nome,
hanno fatto il resto.
NEL GIUSTIFICARE una decisione peraltro in
perfetta linea con la tradizionale special relationship che incapretta i
destini del Paese all’alleato americano finché mercato non li separi
May ha detto di non avere avuto alternative. «Era un’azione chiaramente
destinata al regime siriano», ha detto la premier, ma anche a tutti
coloro cui saltasse il ghiribizzo «di usare armi chimiche con impunità».
Peccato che le alternative a mancare fossero quelle all’obbedienza a
Washington, che hanno imposto un attacco militare per il quale nel Paese
non c’è alcun appetito, soprattutto dopo i disastri iracheni: disastri
che il ministro degli Esteri Lavrov e l’ambasciatore russo a Londra
Yakovenko rinnovellano gongolanti e a piè sospinto nelle conferenze
stampa propagandistiche sull’affaire Skripal.
«NON C’È DECISIONE
più grave che possa prendere un primo ministro che quella di condurre le
truppe nazionali in combattimento, e questa è stata la prima volta che
ho dovuto farlo» ha proseguito May. Dopo l’espressione
dell’enorme-debito-di-gratitudine-ai-nostri-ragazzi di prammatica, la
premier ha espresso la falsa rassegnazione di chi deve giustificare la
propria presenza accanto a un partner più forte in un atto di
prepotenza: «Avremmo voluto seguire un percorso alternativo, ma in
questo caso non ce n’erano. Non possiamo lasciare che l’uso di armi
chimiche sia normalizzato: che accada in Siria come – riferendosi
direttamente all’altro enorme motivo di conflitto con Mosca,
l’avvelenamento degli Skripal con agente nervino – sulle strade della
Gran Bretagna. Abbiamo restaurato il consenso generale sul fatto che le
armi chimiche non vadano usate», ha continuato May, per poi rispolverare
l’adagio che timona il vascello britannico dai tempi di Francis Drake:
«Questa azione è nel nostro interesse nazionale». La lezione della
storia è che «quando le regole che ci mantengono sicuri vengono
minacciate dobbiamo prendere posizione e difenderle», ha proseguito,
deliberatamente ignorando quanto poco lo stillicidio di bombardamenti
occidentali, che martoria il medio oriente da decenni, giovi alla
sicurezza dei cittadini britannici sulle strade delle loro città.
MAY
HA CONCLUSO: «Questo è quello che il nostro Paese ha sempre fatto ed è
quello che continueremo a fare». Quest’ultimo proposito è
particolarmente inquietante giacché una simile esibizione muscolare non
fa altro che rafforzare la determinazione del macellaio – e figlio di
macellai – Assad a resistere, per tacere della ormai polverizzata chance
di riportare i rapporti con i nazionalisti russi di Putin suoi alleati a
un livello decente. Appare chiaro come l’umanitarismo peloso di simili
iniziative altro non sia che la facciata di una guerra per procura, una
guerra che Usa, Nato e Israele combattono in Siria contro Russia e Iran
sotto gli occhi di un’Ue passiva e impotente.
L’IRRILEVANZA del
ruolo occidentale in Siria, dove migliaia di persone da otto anni
continuano a morire uccise da armi non chimiche, ne esce casomai
rafforzata. Secondo Jeremy Corbyn, che aveva chiesto un sopralluogo
dell’Onu che accertasse l’uso di armi chimiche nell’attacco a Douma, May
avrebbe dovuto convocare un dibattito a Westminster.
«Ha detto
che c’è una base legale per quest’intervento, ha dichiarato il leader
Labour, le ho chiesto in una lettera di esibirle in parlamento». Che si
riunisce in sessione lunedì dopo le vacanze pasquali. È in quella sede
che Theresa May dovrà giustificare, nei prossimi giorni, la propria
fuitina bellicosa.