il manifesto 14.4.18
Mattarella nella palude
di Norma Rangeri
«Valuterò
come uscire dallo stallo». Il verbo è declinato al futuro. Alla fine
del secondo giro di consultazioni, il presidente Mattarella assicura che
troverà il modo perché «si concluda positivamente il confronto tra i
partiti». Il Quirinale prende ancora tempo e si appella a tutti gli
attori della trattativa perché si facciano carico del bisogno del paese
di avere «un governo nel pieno delle sue funzioni». Il presidente del
consiglio e i ministri prossimi venturi dovrebbero, questo l’auspicio
del Colle, essere indicati da una mediazione tra i partiti. La parola
chiave è «stallo», anche se l’impressione è quella di essere scivolati
ormai in una palude.
La scelta di non affidare subito a una figura
istituzionale come la presidente del senato Casellati, un incarico
esplorativo per smuovere le acque, ha lasciato un po’ spiazzati i
5Stelle. Che già si erano ritrovati con le spalle al muro dopo aver
visto sfumare, in diretta televisiva, la promessa del leader della Lega
di servire sul piatto la testa di Berlusconi.
Magari una
berlusconiana di ferro potrebbe trovare il modo di consigliare
Berlusconi a mollare un po’ la presa per far nascere un governo con i
5Stelle. Con scarse possibilità di riuscita nei confronti di chi sembra
tornato al gusto della performance e alla tecnica del giocoliere, per
niente intenzionato a farsi da parte. Va in Molise per prendere qualche
voto, così come Salvini batte le piazze del Friuli per vincere a mani
basse ai danni di Forza Italia.
Nessuno dei due locali test
elettorali giocherà un ruolo decisivo nella contesa interna al
centrodestra. Piuttosto ruvida se a Salvini arriva anche l’avvertimento,
dal giornale di famiglia, a non superare il confine tra «cambiamento e
tradimento». Naturalmente detto «per il suo bene».
Se la missione
di esploratore fosse invece affidata alla terza carica dello stato, il
pentastellato presidente della camera, Fico, in questo caso a doversi
mostrare ragionevole dovrebbe essere chi rivendica 11 milioni di voti,
convincendosi a togliere di mezzo quel «o io o il diluvio».
Invece
Mattarella, per il momento e fino alla prossima settimana, lascia
tranquilli i presidenti di camera e senato, e rimette la palla nelle
mani dei partiti.
Come ha detto ieri il presidente emerito
Napolitano, «il compito di Mattarella è difficile e urgente». Difficile
perché è chiaro che la soluzione non c’è ancora, e nell’agenda del capo
dello stato l’urgenza è data dalle impegnative priorità di carattere
economico sociale, e internazionale con la guerra alle porte di casa.
Chissà
se, a parte la solidarietà, offerta al suo successore, Napolitano abbia
anche dispensato qualche buon consiglio. Quando lui si trovò in una
situazione difficile, chiamò una «riserva della repubblica» e gli affidò
la guida del governo. Ma oggi, un “governo del presidente” vorrebbe
dire fingere di non aver sentito il gran botto del 4 marzo. Affidare la
soluzione della crisi a una figura che non rappresenti in alcun modo il
voto degli elettori, non convince il Quirinale che, infatti, continua a
chiamare in causa i partiti.
Se la soluzione per la formazione del
governo trova i protagonisti impantanati, i comprimari non lo sono in
minor misura. La condizione in cui versa il Pd è così a rischio di
spaccatura che Renzi ora chiede (e ottiene) di rinviare l’assemblea
nazionale. La giustificazione ufficiale è sempre la stessa: non
interferire con le consultazioni. Ma se è vero che dalle parti del
Nazareno sono in maggioranza d’accordo nel restare fuori dai giochi per
presidiare, a prescindere, i banchi dell’opposizione, non si capisce
perché rinviare un’assemblea che dovrebbe ratificare questa scelta e
dare un nome e un volto al nuovo segretario.
A meno che Renzi non
senta traballare la sua maggioranza, non più così solida da consentirgli
di avviare la svolta macroniana e restituirgli in qualche modo lo
scettro del comando. Magari da spendere in una ravvicinata campagna
elettorale (in primavera si vota comunque per le europee) nel caso di un
governo balneare che prepari elezioni anticipate.