venerdì 13 aprile 2018

il manifesto 13.4.18
Gaza, il venerdì delle bandiere
Marcia del Ritorno. Migliaia di palestinesi oggi bruceranno le bandiere di Israele e isseranno quelle della Palestina a ridosso delle linee con lo Stato ebraico. Si teme un'altra giornata di sangue. Ieri altri due palestinesi uccisi
di Michele Giorgio


GERUSALEMME Migliaia di palestinesi oggi parteciperanno alla Marcia del Ritorno e alle nuove ‎manifestazioni popolari a ridosso delle linee di demarcazione tra Gaza e Israele nel ‎giorno che porta il nome di “Venerdì delle bandiere”. Saranno bruciate bandiere ‎israeliane nei cinque gli accampamenti eretti nella fascia orientale di Gaza e subito ‎dopo verranno issate bandiere della Palestina.
Oltre trenta palestinesi, tra cui un ‎giornalista e alcuni adolescenti, sono stati uccisi dal fuoco dei tiratori scelti ‎israeliani il 30 marzo e il 6 aprile.
Si teme che quella di oggi possa rivelarsi ‎un’altra giornata di sangue, con morti e feriti.
Le ultime ore sono state segnate dalle ‎uccisioni di altri due palestinesi. Ieri pomeriggio i militari israeliani hanno colpito ‎all’altezza di Khan Yunis, Abdullah al Shehri, 28 anni, che si era avvicinato alle ‎barriere con lo Stato ebraico. Un altro palestinese, Mohamed Jahila, 30 anni, è ‎rimasto ucciso in un raid dell’aviazione israeliana su Gaza. Il ministero della sanità ‎lo ha identificato come Mohammed Jahila, di 30 anni. Il portavoce militare ha ‎detto alcuni palestinesi hanno aperto il fuoco con una mitragliatrice contro gli ‎aerei.‎
Intanto Gaza lancia l’allarme-feriti. Secondo le cifre del Ministero della sanità i ‎feriti degli ultimi due venerdì sono oltre 1.200 da proiettili veri e circa 1.500 per ‎inalazione di gas lacrimogeni o colpiti da munizioni rivestite di gomma. Alcuni ‎saranno disabili a vita.
Un numero tanto elevato di feriti da armi da fuoco ha ‎appesantito la già difficile situazione degli ospedali e delle strutture sanitarie di ‎Gaza. Sono finite le protesi per i feriti alle ossa e scarseggiano i medicinali ‎salvavita per le persone con gravi patologie.
«Il personale medico gestisce ‎attentamente le poche risorse che abbiamo a disposizione ma non basta. Operiamo ‎al limite, non possiamo curare in modo efficace decine di feriti gravi, colpiti da ‎pallottole che una volta entrate nel corpo hanno provocato danni estesi», avverte ‎il dottor Ayman Sahbani, direttore del pronto soccorso dell’Ospedale Shifa di ‎Gaza city‏.‏
In questo quadro difficile è giunta la notizia positiva dell’apertura per tre giorni ‎da parte dell’Egitto del valico di Rafah per i casi “umanitari”, ossia per le persone ‎malate o ferite che non possono ricevere cure a Gaza. I palestinesi sperano di poter ‎trasferire in Egitto alcuni dei feriti più gravi.
Dall’inizio dell’anno è solo la quarta ‎volta che il Cairo apre il transito, l’unica porta di Gaza sul mondo arabo. Secondo ‎i media israeliani, l’Egitto avrebbe avviato colloqui con i palestinesi per ‎allontanare dalle linee con Israele le manifestazioni della Marcia del Ritorno.