il manifesto 12.4.18
Istituto Luce, un nuovo portale web per accedere alla nostra Storia
Archivi.
Le novità del sito che consente di accedere all'immenso patrimonio di
video e foto, e ai nuovi fondi Folco Quilici, Mario Canale e Mario
Gianni
di Giovanna Branca
ROMA È online da ieri
il nuovo portale web dell’Archivio dell’Istituto Luce –
www.archivioluce.com – che consente di accedere all’immenso patrimonio
di filmati e fotografie dell’Istituto Luce e non solo: sul sito web sono
disponibili infatti anche i nuovi fondi donati al Luce: il fondo Folco
Quilici – oltre 4000 filmati girati in tutto il mondo tra il 1950 e 2010
del documentarista italiano scomparso lo scorso febbraio – quello di
Mario Canale – interviste a registi, attori, servizi da Festival,
backstage di film – e quello del documentarista Mario Gianni.
Le
principali novità del portale oltre a questi nuovi fondi – spiega Roland
Sejko, regista e responsabile editoriale del portale – sono
l’efficienza del motore di ricerca, la visione in alta risoluzione di
tutti i documenti e la stessa attività editoriale che lavora a un «nuovo
modo di presentare i fondi e l’archivio, con un invito ai giovani
autori a usare il materiale e per fare in modo che l’archivio del Luce
non venga più identificato solamente con il periodo storico del
fascismo».
Si tratta per esempio di aggiornamenti quotidiani
relativi al «tema del giorno», dei mini-doc (produzioni originali che si
servono del materiale d’archivio insieme a nuove riprese) e altri
contenuti aggiornati costantemente sulla homepage del sito. Homepage
sulla quale si trovano subito le sezioni in cui è articolato il portale:
quella cinematografica, le oltre 400.000 immagini del fondo
fotografico, i cinegiornali – dai primi del 1927 all’ultimo del 1992 –
le edizioni della Settimana Incom, e i nuovi fondi acquisiti dal Luce.
Novità
che non costituiscono solo un aggiornamento tecnico, ma che come spiega
il presidente dell’Istituto Luce – Cinecittà Roberto Cicutto mirano «a
inventare una nuova modalità di diffusione» di quella memoria
collettiva custodita dall’archivio, e a fare in modo che al suo interno e
con i suoi materiali «si riprenda a sperimentare».