Il Fatto 9.6.18
La Gladio del Lago di Como
Così nacque “Stay Behind”
di Massimo Novelli
Quando
nacque Gladio, l’organizzazione paramilitare anticomunista che, durante
la guerra fredda, fu messa in piedi anche in Italia sotto la regia
degli Stati Uniti, attraverso la Nato e la Cia? Secondo la relazione che
Giulio Andreotti, allora presidente del Consiglio, inviò il 26 febbraio
del 1991 alla Commissione Stragi del Parlamento, la costituzione
risalirebbe al 1951.
In base ad altre più che credibili e
pausibili indagini, e ora, soprattutto, alla ricerca di Giorgio
Cavalleri, scrittore e storico comasco, in realtà Gladio sarebbe stata
concepita addirittura nella tarda primavera del 1944. Fu partorita dal
gruppo Vega, un reparto speciale del battaglione Nuotatori Paracadutisti
della Decima Mas fascista del principe Junio Valerio Borghese, con il
beneplacito attivo dell’O.s.s., il servizio segreto americano
progenitore della Cia, e di settori della Regia Marina del Regno del Sud
del maresciallo Pietro Badoglio.
Non ne sarebbero stati estanei
neppure alcuni esponenti nazisti, che, come si sa, si stavano preparando
alla fuga in Sud America grazie all’organizzazione Odessa delle Ss e al
Vaticano, ma pure al riciclaggio in chiave anti-Urss nell’intelligence
degli Usa e poi degli inglesi. Lo stesso principe Borghese, futuro
golpista, venne salvato e fatto fuggire dall’O.s.s. a Milano, nei giorni
della Liberazione, e sottratto pertanto alla prevedibile condanna a
morte partigiana.
Cavalleri è autore di numerosi libri sul
sindacalismo cattolico e su alcuni misteri della guerra e della
Resistenza, dal’oro di Dongo all’uccisione dei partigiani “Gianna” e
“Neri”. Nella nuova edizione de La Gladio del lago, edito da Unicopli
(con una prefazione di Franco Giannantoni), rintraccia con abbondanza di
documentazione il filo nero che dagli archivi di Washington conduce al
piccolo lago di Montorfano, nella Brianza comasca, dove si era insediato
il battaglione Vega.
La lettura dei dossier statunitensi
catalogati sotto la dicitura “10 Flotilla MAS-Stay Behind Organization”,
scrive Cavalleri, “permette di verificare la nascita e le prime fasi di
crescita del ‘Gladio’ nostrano e spiega perché questa operazione – che
la Cia replicò poi in altri paesi europei dove venne chiamata ‘Stay
behind’ – in Italia fu definita semplicemente ‘Gladio’ e i suoi
arruolati gladiatori’”.
Il gladio, infatti, era l’insegna della
Decima Mas. E all’interno della formazione di Borghese, a Montorfano,
venne creato un gruppo clandestino per aiutare i fascisti a reinserirsi
nella vita italiana dopo la Liberazione, ma pure per “partecipare a
eventuali azioni armate clandestine anticomuniste”. Il nemico, prima
della fine del conflitto, per gli americani e per il blocco
padronale-moderato italiano, e per alcuni gerarchi nazifascisti, erano
ormai l’Unione Sovietica e il comunismo.
Così, “un anno prima
della fine della guerra, all’insaputa di Mussolini”, e forse con il
consenso di Karl Wolff, plenipotenziario in Italia della Wermacht e
della polizia nazista, quel reparto, il Vega, “aveva liberi contatti
radio (e di uomini) con esponenti della Marina del regno del Sud e con i
servizi segreti statunitensi”. Non solo: il tenente di vascello Mario
Rossi, nominato a capo del Vega, era con ogni probabilità una creatura
dell’O.s.s.
Nel settembre del 1944, peraltro, un inviato della
Marina badogliana aveva incontrato Borghese a Valdagno e a Verona.
Doveva “sondare le intenzioni”, racconta Cavalleri, “del principe circa
il problema della possibile difesa della Venezia Giulia, dell’Istria e
del Quarnaro dalle truppe di Tito, in relazione all’eventuale sbarco del
‘San Marco’”.
Altre missioni del genere furono portate a
compimento, con un passaggio incredibile, ma non troppo con il
proverbiale senno di poi, di agenti fascisti e americani, tedeschi e
badogliani, tra le linee del fronte, senza che niente accaddese a
costoro, o almeno a chi non doveva essere toccato. Solo gli inglesi,
all’epoca, si sottrassero a questo gioco sporco, messo in campo in nome
di una sorta di “santa alleanza” anticomunista.
Il citato Mario
Rossi, uno dei capi della rete anticomunista di Vega, o di Gladio,
insomma, fu un figura centrale di quelle trame. Imposto da Junio Valerio
Borghese al comandante dei Nuotatori Paracadutisti della Decima Mas,
“senza una logica apparente”, dice Cavalleri, poiché “non poteva
sbarcare dal ‘nulla’”, come effettivamente sbarcò, “quasi certamente
veniva dal Sud, ed era un uomo dell’O.s.s.”. Quando il principe Borghese
fu prelevato a Milano dal servizio segreto americano, d’altronde, James
Jesus Angleton, numero due dell’O.s.s. in Italia, scrisse in un
rapporto che “il soggetto è stato contattato a Milano tramite un agente
di questa unità e tradotto a Roma per essere utilizzato”. Non processato
per crimini fascisti, bensì “utilizzato”.
La Gladio italiana, in
sostanza, decollò “subito dopo la fine del conflitto, per esclusivo
volere dei servizi segreti statunitesi”. L’’talia nuova, nata dalla
Resistenza, “o almeno una parte di essa” sostiene Cavalleri nel suo
libro, sorgeva con la “cooptazione” di “una struttura creata a
Montorfano, un paesino a pochi chilometri di distanza dal capoluogo
lariano, negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, da un
drappello di uomini che avevano combattuto, in un corpo particolare come
quello della ‘Decima Mas’, nelle file della Rsi”, ovvero della
repubblica fantoccio di Salò creata dai tedeschi.