Il Fatto 9.6.18
Il gas di Assad fa strage Trump fa la voce grossa
Probabile
 uso di gas nervino contro le aree ribelli. L’alleato di Putin e Iran 
approfitta della smobilitazione americana per finire di debellare i 
jihadisti
Il gas di Assad fa strage Trump fa la voce grossa
di Fabio Scuto
Ieri
 sera il gruppo di ribelli che si riconosce in Jaish al-Islam – il 
gruppo islamista finanziato dall’Arabia Saudita – e che cercava di 
resistere nella Ghouta orientale e nella città di Douma, ha deciso per 
la resa e l’evacuazione. I suoi miliziani con le loro famiglie potranno 
dirigersi attraverso un “corridoio concordato” verso Jarabulus, la città
 controllata dall’opposizione nel nord della Siria. La situazione dei 
ribelli a Douma, vicino alla capitale Damasco, era terribile già prima 
del presunto attacco di armi chimiche di sabato. Ma le terribili 
fotografie delle vittime e l’enorme numero di feriti a causa del 
misterioso gas hanno mandato un messaggio chiaro ai ribelli: non possono
 sopravvivere combattendo contro l’esercito siriano.
L’attacco 
solleva una domanda: perché era così urgente per Assad usare armi 
chimiche su un fronte in cui la vittoria è imminente e quasi assicurata?
 Perché Assad adesso può farlo. Il presidente siriano ha capito che il 
presidente degli Stati Uniti Trump intende ritirare presto le sue forze 
dalla Siria, entro 6 mesi tutti fuori l’ordine segreto della Casa 
Bianca, e non c’è nessuno che si frappone sulla sua strada.
La 
Russia sta dando pieno sostegno militare e diplomatico ad Assad, gli 
iraniani e il potente gruppo libanese Hezbollah sono dalla sua parte. 
Non esiste uno Stato che possa fare da contrappeso a Mosca o anche a 
Teheran nella competizione per il futuro della Siria. Assad sa che è 
libero di massacrare, uccidere, bombardare e devastare ogni enclave 
dell’opposizione, grande o piccola. Anche se ha bisogno di usare di 
nuovo armi chimiche.
Dopo gli annunci di Trump è probabile che il 
leader siriano pagherà il prezzo sotto forma di qualche missile Tomahawk
 americano – come avvenne anche sotto la presidenza Obama – per colpire 
una delle basi militari del regime, ma è anche abbastanza chiaro che gli
 americani non andranno oltre. Sarà una rappresaglia spuntata e assai 
costosa in termini di dollari. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni 
Unite non prenderà provvedimenti finché i russi appoggeranno Assad, per 
il resto la “comunità internazionale” – grazie anche a quanto accade a 
Gaza – è una definizione che è stata resa priva di significato e peso 
per quel che riguarda il Medio Oriente.
Assad sta violando 
l’accordo per la rimozione delle armi non convenzionali dalla Siria che 
vennero raggiunte tra Obama, Russia e Damasco dopo un attacco chimico su
 larga scala nel 2013. Adesso il leader siriano scommette sulla sua 
impunità. Inoltre, l’uso delle armi chimiche può ridurre i 
combattimenti, non solo nella regione di Douma o nella Ghouta orientale.
 La prossima fermata per Assad sarà la “pulizia” dei gruppi islamisti 
che si trovano nel Golan e della regione di Idlib, in una spinta 
destinata a ripulire interamente la Siria dai ribelli. Le immagini di 
quelle donne e bambini che schiumano dalla bocca mandano un messaggio 
chiaro ai ribelli di quelle zone: questo sarà il tuo destino se decidi 
di combattere il regime.
Il vertice del 4 aprile in Turchia fra 
Mosca, Ankara e Teheran ha dato un’idea pericolosa del futuro regionale.
 Questo gruppo è diventato strategico nella definizione del nuovo Medio 
Oriente e della forma che prenderà. Il gruppo non è coeso e la sua 
capacità di resistenza è incerta. Gli Stati Uniti stanno per passare la 
mano. E già emerge una nuova architettura.
 
