Il Fatto 7.4.18
Due partiti in un corpo solo: i dem esplodono
La minoranza - Orlando sfida l’ex premier: “O lascia lavorare Martina, o ritira le dimissioni”
Andrea Orlando, ministro della Giustizia, all’attacco frontale a Renzi
di Wanda Marra
Maurizio
Martina offre “collegialità” e chiede “idee prima di tutto”.
Esattamente le due caratteristiche antitetiche al Pd, che dopo il primo
giro di consultazioni fa registrare il suo “plot” più consueto: tutti
contro tutti, in un caos di dichiarazioni, riunioni di corrente,
iniziative pubbliche, nelle quali ciascuno segue la sua linea.
Comincia
Andrea Orlando, in mattinata: “Renzi deve decidere: se ritiene che la
colpa della sconfitta non è la sua, può ritirare le dimissioni.
Altrimenti deve consentire a chi pro tempore ha avuto l’incarico di
poterlo esercitare”. Il riferimento è soprattutto alla riunione con i
fedelissimi fatta da Matteo Renzi, nell’ufficio delle società di Andrea
Marcucci. Una sorta di segreteria ombra da opporre a Martina e ai big
insieme ai quali si muove in questo momento (dallo stesso Guardasigilli a
Franceschini). Obiettivo: trovare una strategia per evitare di perdere
definitivamente il Pd. A Orlando seguono tweet e dichiarazioni delle
rispettive tifoserie. Il moderato Lorenzo Guerini minimizza così le
riflessioni dell’ex segretario: “Discutere se arrivare in assemblea con
la decisione di indire il congresso o con l’elezione di un nuovo
segretario è rispetto dello Statuto”.
Indire subito il congresso,
però, significa non avere un segretario nella pienezza dei suoi poteri
nella fase della formazione del governo. Anche perché Renzi per
l’Assemblea del 21 non ha un candidato: non Graziano Delrio, non lo
stesso Guerini. Indisponibili (almeno per ora). Non Matteo Richetti, né
Debora Serracchiani che vogliono correre a eventuali primarie. E allora,
c’è pure chi pensa a Ettore Rosato, vicepresidente della Camera. Ma
l’ex premier non ha un nome vero né per adesso né per dopo. “Per fare un
altro partito servono uomini e idee. Cose che non si trovano
facilmente”, commenta un parlamentare che sarebbe renziano. Spie del
fatto che l’area dell’ex premier potrebbe rapidamente sfaldarsi.
Indizio:
martedì è stata convocata l’Assemblea dei gruppi per discutere la linea
da portare al Colle. L’incontro viene definito come una banale
informativa. Ma se si dovesse arrivare a una conta, si capirà
esattamente quale percentuale dei gruppi ancora controlla l’ex premier. E
ancora: oggi a Roma ci sono due iniziative. Una di Richetti
all’Acquario, l’altra dei giovani Dem, promossa da quel Peppe Provenzano
che rifiutò il posto in lista in Sicilia dietro a Daniela Cardinale.
Presenti Orlando e Gianni Cuperlo. Martina andrà a tutte e due:
tentativi di allargare il fronte dell’opposizione interna a Renzi.
La
corrente di Michele Emiliano, intanto, con Francesco Boccia fa sapere
di “star valutando” un suo candidato per l’Assemblea nazionale.
Nel
gioco dei sospetti reciproci, ognuno accusa gli altri di parlare col
nemico di turno: Renzi fa denunciare un giorno sì e l’altro pure la
trattativa con Di Maio di Franceschini e soci. Orlando ieri ci ha tenuto
a dire che la proposta di Di Maio è “irricevibile”. A Martina tocca
rintuzzare le goffe avances di Danilo Toninelli condite di insulti:
“Leggo che il capogruppo al Senato del M5S ritiene il Pd ‘responsabile
del fallimento delle politiche di questi anni’. Queste parole dimostrano
l’impossibilità di un confronto”. Nonostante gli abboccamenti
reciproci, insomma, in campo ad oggi c’è al massimo un governo
istituzionale.
Mentre gli anti-renziani sono convinti che l’ex
segretario sia pronto a dare l’appoggio esterno dei suoi a un governo di
centrodestra, magari guidato da Giancarlo Giorgetti, numero 2 della
Lega. D’altra parte qualche contatto tra i due Matteo, Salvini e Renzi,
c’è anche in questi giorni nonostante le dichiarazioni pubbliche. Per
ora, però, l’ex premier pare soddisfatto dell’arrocco del Pd che – a suo
dire – mette in evidenza i problemi dei “vincitori”. E infatti ha
promesso silenzio fino all’Assemblea.