giovedì 5 aprile 2018

Il Fatto 5.4.18
Erdogan, sì ad Assad ma vuole i curdi morti
Il destino della Siria - Russia, Turchia e Iran mettono punti fermi, gli Usa annunciano la partenza
di Roberta Zunini


Dal terzo vertice tra Turchia, Russia e Iran, questa volta tenutosi ad Ankara, emergono due notizie certe: a vincere la lunga e sanguinosa guerra civile siriana, trasformatasi quasi subito in una guerra per procura tra potenze mondiali, sono stati tutti, tranne che gli arabi. Per le loro divisioni interne, non solo religiose, e a causa della mancanza di interesse reale degli Stati Uniti che prima con Obama, da un anno con Trump, non hanno voluto mettere gli scarponi sul terreno, interessati solo a contenere la Cina, l’unica vera potenza planetaria a poter insidiare la leadership americana.
Gli Usa non hanno avuto alcun interesse reale a contrastare la Russia e tantomeno la Turchia, cruciale membro della Nato, in un’area foriera solo di problemi. Non ultimo quello curdo. La seconda certezza infatti è che i curdi, traditi dagli ambigui alleati Usa in Iraq e ora definitivamente in Siria, sono stati fatti fuori dai giochi dai presidenti Erdogan, Putin e Rouhani. Secondo quanto emerso dal vertice di Ankara, la Siria del futuro rimarrà indivisa e non ci sarà autonomia per il Rojava, ovvero i cantoni curdi nel nord della Siria, al confine con la Turchia, che stavano tentando di riunirsi in una sorta di entità statuale; una zona, bombardata fin dal 2014 dall’esercito turco, inizialmente con il pretesto di colpire lo Stato Islamico che aveva tentato di conquistare anche il Rojava a partire dalla città di Kobane, diventata poi il simbolo del coraggio curdo. In realtà il presidente turco Erdogan nel 2013 ruppe la tregua con l’organizzazione curda di Ocalan, il Pkk non perché quelli che considera “terroristi alla stregua dell’Isis” avevano compiuto attentati, ma perché già vedeva nel Rojava il vero pericolo da stroncare ed evitare che i curdi di Turchia seguissero l’esempio dei fratelli siriani.
Erdogan ha ottenuto tutto quello che voleva, tranne la caduta di Bashar al Assad, protetto da Russia e Iran. Assad, tuttavia, è ormai solo il prestanome di Putin. Se è vero che il Sultano turco ha dovuto accettarne il salvataggio (per ora) è vero anche che non ha ottenuto solo l’ esclusione dei curdi siriani dai negoziati. La sua vittoria sarà definitiva quando gli americani gli lasceranno prendere Manbji, il cantone curdo, dopo quello di Afrin, dove ora Erdogan vorrebbe indirizzare le sue truppe. Con l’obiettivo di cambiare la composizione demografica del Rojava, mettendoci i profughi arabi siriani riversatisi in questi 8 anni di guerra in Turchia, oltre ai familiari, parenti, amici di tutti i combattenti e i simpatizzanti dell’Esercito Libero Siriano; gli stessi che si sono schierati contro Assad e, in seguito contro i curdi. Possibilità data loro dalle armi e dai finanziamenti del Sultano prima che facesse mettere ai suoi soldati gli scarponi sul Rojava.
Ieri Erdogan non ha perso l’occasione per umiliare, ancora una volta, l’inesistente Europa. Dopo aver sottolineato che sulla questione siriana non ha preso posizione, ha ricordato che deve ancora versare l’ultima tranche di “aiuti per i rifugiati siriani in Turchia”, sbloccata da poco. Altri 3 miliardi di euro da regalare a Erdogan per tenere bloccati i profughi che vorrebbero venire in Europa.