Il Fatto 3.4.18
Magia di Awa Ly: canta nel mondo. E l’Italia non lo sa
Di
origini franco-senegalesi, da anni vive a Roma: a Parigi e in Giappone è
una celebrità, ma nel nostro Paese neanche esce il disco
di Stefano Mannucci
La
portò con sé nel tour mondiale del 2013 e cercò di introdurla ai
misteri della “parlesia”, il criptico gergo con cui i musicisti
napoletani si scambiano informazioni segrete. “Pino Daniele dialogava
così con Tullio De Piscopo”, ricorda Awa Ly con nostalgia, “e decisero
di farmi diventare loro complice”. Nessun problema, Awa è poliglotta per
natura e vocazione: culla a Parigi da una famiglia di origine
senegalese, studi in economia in terra d’America, cuore e indirizzo a
Roma. “Sono arrivata qui all’inizio del millennio, dovevo restare sei
mesi. Non me ne sono più andata”. Se non per viaggiare. Awa è appena
tornata da una tournée in Francia e ha già le valigie pronte per
concerti tra Germania e Austria. In Giappone sono pazzi di lei: un suo
album-progetto di standard francesi (Chantons! Paris Jazz) tra Piaf,
Bécaud, Aznavour, Montand ma realizzato con musicisti capitolini, è
andato a ruba. E da noi? Nel giro dei club romani Awa è ben conosciuta e
amata, e anche nel resto d’Italia questa fenomenale chanteuse ha un
pubblico non esiguo. Perfino i nostri registi si sono accorti di lei:
Luchetti l’ha fatta recitare in La nostra vita, Massimiliano Bruno l’ha
voluta per Nessuno mi può giudicare, Castellitto le ha fatto vestire i
panni di una suora in Fortunata, mentre Ozpetek ha scelto suoi brani per
la colonna sonora di Allacciate le cinture. E i discografici? Incapaci
di fare scouting al di fuori dei talent, hanno ignorato il suo ultimo
magnifico album, Five and a Feather. Per i cervelloni dell’industria
musicale tricolore, è l’ennesima occasione perduta per sprovincializzare
uno scenario deprimente. Eppure basterebbe farsi un giro su Spotify o
sulle piattaforme digitali per valutare una come Awa Ly: o farsi una
gita oltre confine, dove le regine del folk-soul-world fanno il sold
out. Nomi come l’intrigante Mariama (della Sierra Leone) o Imany, voce
di velluto delle Comore, e naturalmente la maliana Rokia Traoré o la
marocchina Hindi Zahra riempiono l’Europa di bellezza, altro che
esotismi di nicchia. Per non dire, tra gli uomini, di quella sorta di
Bob Marley senegalese di Faada Freddy: cantando in wolof, compare anche
nel disco di Awa per un duetto struggente su Here, il brano ispirato dal
naufragio del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa. Morirono 368
migranti. “Non è accettabile che il luogo dove nasci sancisca un pieno
diritto alla vita. È atroce dover attraversare deserti e mari per
sperare in un altro destino. Dopo la pubblicazione del mio duetto con
Faada Freddy la canzone ha causato un effetto domino: altri interpreti
hanno voluto offrire contributi ciascuno nella propria lingua, dalla
Tunisia al Benin, dal Brasile all’Argentina, Guadalupe, Croazia. E
l’Italia, con Roberto Angelini”, spiega Awa Ly. Five and a Feather nasce
da un sogno. “Una sciamana mi raccontava storie, e alla fine è svenuta.
Storie con il numero magico del cinque: quello dei continenti, gli
oceani, le righe del pentagramma, le dita. Quel che serve per esplorare
il mondo. E la musica”.