Il Fatto 1.4.18
La “Letizia” pubblica dell’aguzzino
L’omicidio
di Laëtitia Perrais nel 2011 in Francia è stato vissuto come un affare
di Stato: la furia di Sarkozy, i giudici sotto accusa. E la scena è
stata tutta dell’assassino. Lei, Laëtitia, è “sparita”. Inghiottita dal
ruolo di vittima
di Ivan Jablonka
Laëtitia
Perrais è stata rapita nella notte fra il 18 e il 19 gennaio 2011. Era
una cameriera di 18 anni residente a Pornic, nel dipartimento della
Loire-Atlantique. Conduceva una vita anonima nella famiglia a cui era
stata affidata insieme alla sua gemella. L’assassino è stato arrestato
nel giro di due giorni, ma ci sono volute parecchie settimane per
ritrovare il cadavere di Laëtitia. Il caso ha suscitato una grande
emozione in tutto il Paese. Nell’esprimere le sue critiche sulla
sorveglianza giudiziaria dell’assassino, il presidente della Repubblica
Nicolas Sarkozy ha chiamato in causa i giudici minacciando “sanzioni”
per i loro “errori”. Le sue parole hanno scatenato una mobilitazione
senza precedenti nella storia della magistratura. Nell’agosto 2011, caso
nel caso, il padre affidatario è stato indagato per violenze sessuali
sulla sorella di Laëtitia.
A tutt’oggi non sappiamo se anche
Laëtitia sia stata violentata, dal padre affidatario o dall’assassino.
Questo episodio di cronaca nera è eccezionale sotto tutti i punti di
vista: per l’onda d’urto che ha creato, per la sua risonanza mediatica e
politica, per le ingenti risorse mobilitate per ritrovare il cadavere,
per le dodici settimane di ricerche, per l’intervento del presidente
della Repubblica, per lo sciopero dei magistrati. Non è un semplice caso
giudiziario: è un affare di Stato. Ma che cosa si sa di Laëtitia, oltre
che è stata la vittima in un rilevante episodio di cronaca nera?
Centinaia di articoli e reportage hanno parlato di lei, ma solo con
riferimento alla notte della sua scomparsa e ai processi. Il suo nome
compare in Wikipedia, ma nella pagina dedicata all’assassino, sotto il
titolo “Omicidio di Laëtitia Perrais”. Eclissata dalla celebrità che ha
regalato suo malgrado all’uomo che l’ha uccisa, è diventata il punto di
arrivo di un percorso criminale, un successo nella sfera del male.
Potere dell’assassino sulla “sua” vittima: non solo le toglie la vita,
ma governa il corso di quella vita, già avviata verso l’incontro
funesto, l’ingranaggio irreversibile, il gesto letale, l’oltraggio fatto
al corpo. La morte attira a sé la vita. Non conosco racconti di delitti
che non valorizzino l’assassino a spese della vittima. L’assassino è lì
per raccontare, rammaricarsi o vantarsi. Del suo processo è il punto
focale, se non il protagonista. Io vorrei invece liberare donne e uomini
dalla loro morte, strapparli al crimine che li ha privati della vita e
persino dell’umanità. Non onorarli come “vittime”, perché ciò
significherebbe ricondurli ancora una volta alla loro fine; ma
semplicemente ricollocarli nella loro esistenza. Testimoniare per loro.
Il mio libro avrà un’unica protagonista: Laëtitia. L’interesse che le
dimostriamo, come una nuova chiamata alla ribalta, la restituisce a se
stessa, alla sua libertà, alla sua dignità. Da viva Laëtitia Perrais non
ha suscitato l’interesse di nessun giornalista, di nessuno studioso, di
nessun politico. Perché, oggi, dedicarle un libro? Strano destino,
quello di questo personaggio che ha goduto di un’effimera celebrità.
Agli occhi del mondo Laëtitia è nata nel momento in cui è morta. Vorrei
dimostrare che un fatto di cronaca nera può essere analizzato come un
oggetto storico. Un fatto di cronaca nera non è mai un semplice “fatto”,
non ha nulla di “cronachistico”. Dietro il caso Laëtitia si delinea
invece una profonda dimensione umana e un preciso quadro sociale:
famiglie sfasciate, mute sofferenze infantili, giovani entrati presto
nella vita attiva, ma anche il paese all’inizio del xxi secolo, la
Francia della povertà, delle aree periurbane, delle diseguaglianze
sociali. Ci fa scoprire i meccanismi del- l’inchiesta, le trasformazioni
dell’istituzione giudiziaria, il ruolo dei media, il funzionamento del-
l’esecutivo, la sua logica accusatoria così come la sua retorica della
compassione. In una società in movimento il fatto di cronaca nera è un
epicentro.
Ma Laëtitia non è importante solo per la sua morte.
Anche la sua vita ci interessa, perché è un fatto sociale. Incarna due
fenomeni piú grandi di lei: la vulnerabilità dei bambini e le violenze
subìte dalle donne. Quando Laëtitia aveva tre anni, suo padre ha
violentato sua madre; poi il padre affidatario ha abusato di sua
sorella; lei stessa ha vissuto solo per 18 anni. Questi drammi ci
ricordano che viviamo in un mondo in cui le donne vengono insultate,
molestate, picchiate, violentate, uccise. Un mondo in cui le donne non
sono soggetti di diritto in senso pieno. Un mondo in cui le vittime
rispondono all’astio e alle botte con un silenzio rassegnato. Un
conflitto a porte chiuse il cui esito comporta che siano sempre loro a
morire. Non era programmato che Laëtitia, una ragazza radiosa amata da
tutti, finisse macellata come un animale. Però fin dall’infanzia è stata
destabilizzata, sballottata, trascurata, abituata a vivere nella paura,
e questo lungo processo di debilitazione illumina sia la sua tragica
fine sia la nostra intera società. Per distruggere una persona in tempo
di pace non basta ucciderla. Bisogna prima farla nascere in un clima di
violenza e di caos, privarla della sicurezza affettiva, mandare in
frantumi il suo nucleo familiare, poi collocarla presso un padre
affidatario perverso, non rendersene conto, e da ultimo, quando è tutto
finito, sfruttare politicamente la sua morte. Inutile precisare che non
ho mai incontrato personalmente Laëtitia. L’ho conosciuta attraverso le
persone che l’hanno amata – genitori, amici, colleghi – o che hanno
ricostruito i suoi ultimi momenti – magistrati, periti, avvocati,
giornalisti –. La mia indagine è nata dalla loro. È una metaindagine,
fondata sull’affetto degli uni e sul lavoro degli altri. Comprendere
l’esistenza di Laëtitia presuppone sia tornare indietro di anni, ai
tempi in cui nulla la distingueva dagli altri bambini, sia ripercorrere
il sequestro e l’omicidio che ne hanno causato la scomparsa. Una storia
di vita intrecciata a un’inchiesta giudiziaria. Una biografia che si
prolunga dopo la morte. Neonata maltrattata, bambina trascurata, data in
affido, adolescente timida, ragazza avviata verso l’autonomia, Laëtitia
Perrais non ha vissuto per diventare un episodio nella vita del suo
assassino, né un discorso dell’era Sarkozy.
Mi immagino Laëtitia
come se fosse assente, rifugiata in un luogo che le piace, al riparo
dagli sguardi. Non vagheggio la resurrezione dei morti; voglio salvare
nella memoria i cerchi effimeri che hanno lasciato sulla superficie
dell’acqua gli esseri umani mentre colavano a picco.
© 2016 Editions du Seuil, Paris.
© 2018 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino