Il Fatto 13.4.18
Gentiloni & C., grande fuga dalla guerra come “affari correnti”
Lo spauracchio del coinvolgimento diretto in un conflitto e l’adesione di facciata alle mosse degli alleati atlantici
Gentiloni & C., grande fuga dalla guerra come “affari correnti”
di Fabio Mini
L’attacco
delle truppe siriane alle ultime roccaforti dei ribelli nel Goutha
orientale avrebbe dovuto portare alla definitiva sconfitta (se esiste
qualcosa di definitivo in Siria) delle fazioni jihadiste che ancora si
oppongono al regime di Bashar Assad. In particolare le sparute unità di
Al Islam asserragliate a Douma avrebbero dovuto sloggiare e scomparire
dalla scena. Si sarebbe quindi aperta la fase tanto attesa di
definizione del regime politico e della consistenza territoriale della
Siria del dopo guerra. Tuttavia la definizione sarebbe stata opposta a
quella prevista da Stati Uniti, Israele, paesi europei e paesi
arabo-sunniti impegnati da sette anni nel tentativo di rovesciare Assad e
spartirsi la Siria. Saltava il disegno americano del Grande Medio
Oriente sotto l’egemonia statunitense, saltava il progetto di Trump di
ritirare le proprie truppe e lasciare il compito di sceriffo ad “altri”
(leggasi Israele, Francia e Gran Bretagna); saltava perciò il primato
politico-militare israeliano e sparivano nel buco nero della sconfitta i
dollari e le armi fornite ai ribelli.
Si presentava invece lo
scenario di un nuovo assetto mediorientale garantito da Russia, Iran e
Turchia. È superfluo dire che un tale scenario non piacesse a chi per
anni aveva organizzato, diretto e armato la destabilizzazione
mediorientale perfino tramite il cosiddetto Stato islamico creato
proprio in versione anti irachena e anti-siriana. Il presunto attacco
chimico su Douma ha fatto saltare i piani russo-siriani e anzi ha
riaperto la crisi in una chiave ancor più bellicista con il minacciato
scontro diretto fra Stati Uniti e Russia e tra i relativi vassalli e
tributari.
Secondo la logica del cui prodest non è credibile che
l’attacco chimico sia veramente avvenuto e, se avvenuto, piuttosto che
un errore siriano è molto più probabile che sia stata una provocazione
degli stessi ribelli tesa a riacutizzare la guerra e impedire agli
sponsor di svignarsela.
È stato notato che con tale evento la
guerra in Siria da civile è diventata internazionale, ma si tratta di un
errore di prospettiva: la guerra in Siria è sempre stata internazionale
con o senza intermediari (proxies). Non è mai stata una guerra civile e
la crisi è passata dallo stadio non bellico di repressione interna alla
guerra internazionale.
Oggi semmai diventano più chiari i
contorni delle parti in guerra: i protagonisti appaiono ben distinti
dalle comparse e molti veli d’ipocrisia si squarciano con lo
schieramento dei missili concomitante alle bordate su Twitter. La fase è
quindi di una gravità senza precedenti e colpisce il fatto che venga
trattata con preoccupante superficialità e conclamato bullismo. Ce lo
dimostra Trump che urla, ma anche la May che allerta i sommergibili,
Macron che promette guerra e la Nato pronta a sostenere gli Stati Uniti
in questa ulteriore fase avventuristica.
L’Italia dovrebbe essere
tra le più preoccupate perché gli aerei americani e i droni armati
partono da qui. In Sicilia strutture strategiche americane come
Sigonella e il sistema radar Muos di Niscemi sono obiettivi altamente
paganti. Ma l’Italia è nel cuore di tutti i russi e prima di bombardarne
il territorio Putin vorrebbe pretesti e provocazioni ben valide. Non è
escluso però che tali pretesti siano forniti ad arte proprio da qualche
alleato o amico senza scrupoli.
Vista dall’Italia e con la lente
della nostra politica la tragedia diventa commedia. Trump ha chiamato a
raccolta gli alleati europei, Salvini si oppone e il Segretario del Pd
Martina ha detto che bisogna rispettare gli impegni con gli alleati.
Trump dimentica che la Nato e la coalizione anti-Isis sono nate e
organizzate per scopi completamente diversi dalla formazione di un
Grande Medio Oriente o dalla punizione di polizia internazionale.
Martina finge di non saperlo. Il presidente del Consiglio in carica per
gli “affari correnti” sostiene gli alleati americani e parla di azioni
siriane intollerabili e di prove evidenti delle responsabilità russe e
siriane. Sono prove che nemmeno gli americani hanno e le loro analoghe
accuse in passato si sono dimostrate insussistenti.
Finora, in
Siria quando è stato provato l’uso di ordigni chimici le investigazioni
internazionali non hanno potuto individuare i responsabili. In un caso è
stato dimostrato da uno scienziato americano che un ordigno a
caricamento chimico era stato fatto esplodere a terra (non lanciato
dall’esterno) proprio dai ribelli. Le dichiarazioni del nostro capo del
governo sembrano ispirarsi a una fonte informativa sola e in questo
momento rappresentano una fuga in avanti verso un’avventura che sa bene
di non dover gestire. Ma non è il solo: l’imbarazzo dei presunti leader
riflette il timore di dover maneggiare la crisi politicamente e
militarmente, verificare il rapporto con l’Alleanza atlantica, sostenere
le pressioni americane, russe e israeliane e impartire gli ordini
operativi di attacco, difesa o neutralità.
C’è da scommettere che
finchè dura la crisi nessun aspirante premier spingerà per la formazione
del nuovo governo. E sarebbe proprio da “italiani” avviare o evitare
una guerra come “affare corrente”.