Il Fatto 11.4.18
“La sinistra s’è rifugiata in tv e ora non sa più ascoltare”
Nicola Lagioia - “Disgustosa la lettura parassitaria del voto al Sud. È stata una protesta contro l’abbandono”
di Silvia Truzzi
Nicola
Lagioia è alle prese con gli ultimi preparativi in vista della prossima
edizione del Salone del libro di Torino (dal 10 al 14 maggio). Ma oggi
non parliamo di editoria, parliamo di politica. E partiamo dalla parola
sinistra. “A me sembra che la rappresentanza della sinistra – non solo
in Italia, non solo in Europa – sia tremendamente in crisi. E
contemporaneamente che i valori storici della sinistra siano più che mai
urgenti. Valori sociali, economici, culturali che si sono trovati senza
un partito, senza rappresentanza appunto. La forbice tra ricchi e
poveri si è allargata in maniera paurosa. L’1% più ricco della
popolazione detiene più ricchezza del restante 99%: i valori della
sinistra sono necessari, indifferibili. Mettiamola così: se i marxisti
sono smarriti, Marx mi sembra vivissimo. Basta guardare come si sta
trasformando il mondo dell’economia. Prendiamo un’industria simbolo del
XX secolo come la General Motors e un’altra dei giorni nostri, Amazon:
dove una impiegava centomila operai, l’altra ne impiega mille. E chissà
dove paga le tasse”.
Quali sono le stelle polari della sinistra?
La
giustizia sociale e i diritti civili: mi pare che la prima sia stata
trascurata. Quando i comportamenti tradiscono i valori, capisci che
qualcosa non va. Ricordo ai tempi dell’Università molti “baroni” di
sinistra che facevano lavorare per anni gli assistenti gratis. Quando ho
mosso i primi passi nell’editoria, mi dicevano “lavora per un tozzo di
pane, l’importante è la visibilità”. Lo sfruttamento non è un valore di
sinistra, è un pensiero padronale da cui una certa classe dirigente si è
fatta contagiare, tradendo i principi che negli ultimi due secoli sono
stati l’architrave del progresso umano.
L’alternanza scuola-lavoro…
Ho
letto di ragazzini mandati a lavorare gratis nei fast food, rinunciando
a ore di lezione… Ho l’impressione che anche qui si alimentino
differenze di classe: i figli delle buone scuole vanno ai festival
letterari e gli altri a fare le fotocopie. Diciamo che la sinistra non
mi ha ancora spiegato perché questo non è sfruttamento. E se non l’ho
capito io, che magari non sono intelligentissimo ma i giornali li leggo,
forse non l’hanno capito in molti.
Che lezione deve prendere la sinistra dal voto del 4 marzo?
Maurizio
Maggiani ha detto che la sinistra ha perso la capacità di ascolto. È
vero. E attenzione: non si tratta di essere sordi alle istanze della
cosiddetta “pancia del Paese”. Certa sinistra è diventata
antropologicamente aristocratica, non riesce a mescolarsi con la gente
comune. Metti un senatore Pd in un quartiere popolare: difficile sia in
grado di interloquire con le persone che ci vivono. Qualcuno ancora se
la cava, ma sono pochi. La sinistra ha rinunciato al radicamento sul
territorio in favore dei salotti, televisivi e non. Smettere di esistere
nei luoghi e di ascoltare la gente non si traduce solo nel perdere
voti: il guaio è che hanno perso l’occasione di capire come pensano,
vivono e sognano gli italiani di oggi. Qual è stata la ricchezza della
politica del Novecento? Quella di portare molti suoi rappresentanti a
immergersi davvero nel Paese. Quando conosci le persone, vuoi fare delle
cose per loro: è umano che accada, e a sinistra è accaduto sempre meno.
Lei è di origine pugliese: il governatore Emiliano ha da subito spinto per un dialogo Pd-M5S. Lei che ne pensa?
Il
Movimento 5 Stelle fa proprie alcune istanze di giustizia sociale che
sono importanti. Ma siccome io sono convinto che abbia ancora molto
senso la distinzione destra-sinistra, non capisco come Di Maio sia
disposto ad allearsi indistintamente a Pd e Lega, i cui valori (anche
solo quelli dichiarati) sono incompatibili.
Adriano Celentano ha invitato Renzi a prendere la bici e andare a parlare con Di Maio.
In
democrazia bisogna parlare con tutti. Purché il dialogo sia sincero da
entrambe le parti: il famoso streaming del 2013 con Bersani aveva l’aria
di uno strumento per umiliare l’avversario.
Il Pd in passato ha addirittura fatto un governo con l’arcinemico Berlusconi.
Forse
la posizione del Pd sarà meno confusa dal 21 aprile, dopo l’Assemblea
nazionale. Io credo che dovrebbero provare a vedere se ci sono punti di
convergenza con i grillini. La posizione aventiniana a me pare puramente
tattica: il Pd ha paura, alleandosi con i 5 Stelle, di diventare ancora
più marginale. Mi pare che anche i tira e molla di Di Maio con Salvini –
e viceversa! – siano ugualmente mosse di posizionamento.
Ultima: che pensa della lettura “parassitaria” del voto del Sud?
Disgustosa
e razzista. È stato un voto di protesta: la questione meridionale è
stata estromessa dai governi degli ultimi anni, e il divario tra il Nord
e il Sud è cresciuto in maniera drammatica. Sono d’accordo con Roberto
Saviano che ha più volte denunciato questa mancanza.