Il Fatto 11.4.18
One shot, one kill: Israele e il filmato del disonore
Cisgiordania
 - Cecchino ferisce manifestante palestinese, altri soldati girano un 
video ed esultano: l’episodio risale a dicembre
di Fabio Scuto 
La
 clip girata con un telefonino attraverso un binocolo dura pochi 
secondi. L’obiettivo segue un gruppetto di palestinesi nei pressi della 
Barriera di Gaza. Ce n’è uno distante dagli altri con la maglietta rosa.
 “Ce l’hai nel mirino?”, chiede una voce in ebraico. “Si, cioè no. Il 
tiro è impedito da un filo (spinato)”, risponde il cecchino. “E Adesso?”
 Chiede ancora il comandante della squadra. “Ora si, ce l’ho”. “Allora 
spara”. Un istante dopo la figura inquadrata si accascia mentre altri 
palestinesi arrivano per soccorrerlo, la sua gamba sanguina 
abbondantemente.
Nel video si sentono urla di giubilo dei soldati 
israeliani e le congratulazioni, “wow, che tiro”, “hai preso quel figlio
 …”. Conversazioni che spesso avvengono nelle radio militari in zone di 
guerra, ma in genere l’obiettivo in questione impugna un AK47, sta per 
sparare con un mortaio o attivando una bomba.
In questo caso 
l’obiettivo era inerme, era disarmato e non aveva un atteggiamento 
aggressivo. Il filmato girato nel dicembre dello scorso anno durante 
incidenti nella zona di Kissufim è stato postato da un deputato arabo 
della Knesset. Adesso – con il clima incandescente a Gaza e i 40 morti 
palestinesi in due venerdì di protesta sul confine – compare in tutti i 
notiziari tv, accende dibattiti in Parlamento con la scesa in campo di 
ministri e generali. Con il governo schierato compatto con il suo 
ministro della Difesa, Avigdor Lieberman e quello dell’Istruzione 
Naftaly Bennett. Anche il ministro della Pubblica sicurezza, Gilad Erdan
 ha difeso i soldati. “Prendere una situazione dal campo di battaglia, 
quando i soldati sono sotto stress, mentre vengono lanciati ordigni 
esplosivi e qualcuno tenta di infiltrarsi al confine, non è corretto, 
non si possono giudicare dalle poltrone di casa a Tel Aviv”.
Di 
parere nettamente opposto Jamal Zahalka della Joint List, la Lista Araba
 che siede nel Parlamento israeliano con 12 deputati. “Il video – dice 
al telefono – indica la regola: i cecchini israeliani uccidono 
manifestanti palestinesi disarmati a sangue freddo che partecipano a una
 protesta non violenta”.
“Non c’è da meravigliarsi che i soldati 
agiscano in questo modo – aggiunge – quando ministri, i media e 
l’opinione pubblica si uniscono alle celebrazioni e allegria per 
l’uccisione di massa dei palestinesi”.
Il nocciolo della questione
 resta la leadership politica di Israele, quelli che danno il tono, 
tramandano gli ordini, decidono le regole di ingaggio e che condividono –
 anche se lo negano – la responsabilità insieme ai governanti di Gaza di
 Hamas, per gli orrori che passano nella vita quotidiana della 
popolazione della Striscia. Diversi leader – in particolare il primo 
ministro Benjamin Netanyahu e il suo ministro della Difesa Avigdor 
Lieberman – hanno fatto tutto il possibile per minare l’esercito e le 
sue regole di ingaggio glorificando e abbracciando Elor Azaria, il 
soldato condannato a una pena irrisoria da una Corte marziale dopo 
essere stato filmato mentre uccideva a sangue freddo un terrorista 
palestinese, ferito a Hebron due anni fa.
La stessa 
amministrazione di Netanyahu – prima di sapere cosa è realmente accaduto
 – si è schierata in difesa dei soldati del video. L’Idf ha annunciato 
solo ieri pomeriggio di aver aperto un inchiesta sull’accaduto, il 
cecchino è stato interrogato e rilasciato. Ora gli investigatori 
militari stanno cercando di identificare l’autore del video e di capire 
come questo sia finito nel telegiornale della sera. “Il cecchino merita 
una medaglia, il fotografo (il soldato che ha registrato la clip) merita
 una corte marziale”, ha detto Lieberman.
“L’Idf è l’esercito con 
uno degli standard morali più alti del mondo”, ha voluto precisare 
ancora il ministro. Restano oscuri i principi con i quali viene 
compilata questa singolare classifica. L’amministrazione Netanyahu è 
stata avvertita ripetutamente e per anni – dai vari capi di Stato 
maggiore che si sono succeduti – che l’esercito non dispone di adeguati 
mezzi non letali per il controllo antisommossa e non ha barriere 
sufficienti per i manifestanti che cercano di attraversare il confine 
con Israele. Ma il premier ha preferito investire le risorse del governo
 altrove.
Gli ordini per l’uso di munizioni vere includevano non 
solo “danni fisici alle infrastrutture sulla barriera di sicurezza e 
penetrazione nel territorio dello stato di Israele”, ma anche 
l’identificazione del potenziale bersaglio come “incitatore centrale” – 
armato o meno. Se essere un “incitatore centrale” è motivo di pena 
capitale – ha scritto ieri il quotidiano Haaretz, “Netanyahu e il suo 
gabinetto dovrebbero tenere le loro riunioni settimanali nel braccio 
della morte”.
 
