Corriere Salute 29.4.17
Stato di coscienza, sonno e anestesia
di D.d.D.
Mentre
leggiamo questo articolo sul giornale, le informazioni provenienti
dalle parole scritte entrano per mezzo degli occhi nel cervello e
stimolano diverse aree cerebrali tra loro collegate, facendoci capire il
significato di quello che leggiamo.
Nello stesso tempo siamo
coscienti dell’ambiente nel quale ci troviamo, di eventuali suoni e
odori che ci raggiungono, e soprattutto siamo coscienti di essere qui in
questo momento, lungo il flusso della nostra vita. Ciascuno con i suoi
ricordi personali, i desideri e le preoccupazioni, che fanno di ognuno
quella unica e irripetibile persona.
Siamo vivi, siamo coscienti. È
un’esperienza straordinaria, ma alla quale siamo talmente abituati che
non ce ne curiamo più di tanto.
Eppure la coscienza di sé e
dell’ambiente circostante è uno dei grandi misteri dell’esistenza, fino a
pochi anni fa oggetto di riflessione da parte di filosofi, senza che la
scienza fosse riuscita a espugnare i suoi segreti.
Ora alcuni
squarci su che cos’è e su come si genera lo stato di coscienza
cominciano ad aprirsi grazie a ricerche sul sonno e sui meccanismi
dell’anestesia.
«I primi studi sui correlati neurali della
coscienza si erano concentrati sul confronto dell’attività cerebrale
durante la veglia, il sonno o in corso di anestesia generale» spiega
Giulio Tononi. «Queste indagini avevano suggerito il coinvolgimento di
vaste aree della corteccia cerebrale fronto-parietale. Tuttavia è chiaro
che tra la veglia, il sonno o l’anestesia non cambia solo l’ esperienza
cosciente, ma si modificano anche il comportamento, la capacità di
rispondere agli stimoli e tante altre variabili. In studi recenti
abbiamo confrontato presenza e assenza di coscienza all’interno dello
stesso stato comportamentale, per esempio durante il sonno non-Rem. In
un terzo dei casi quando si sveglia un soggetto dal sonno non-Rem
riferirà di “essere emerso dal nulla”, ossia di essere stato
incosciente. In un altro terzo dei casi, riferirà invece un sogno anche
vivido, con forme, colori e suoni, mentre nel rimanente terzo dei casi
il soggetto dirà di avere sognato, ma di essersi dimenticato il
contenuto dei sogni. In tutti i casi, il soggetto dormiva ed era
insensibile agli stimoli, e la corteccia cerebrale nell’insieme mostrava
le tipiche onde lente del sonno non-Rem. Tuttavia, il confronto tra il
sonno senza sogni con quello con sogni ha rivelato che quando sogniamo
le onde lente del sonno si attenuano o scompaiono in regioni specifiche
della corteccia cerebrale posteriore, in particolare aree sensoriali e
associative. Questi studi suggeriscono che i correlati neurali della
coscienza non si estendano all’intera corteccia cerebrale. Resta aperto
il quesito del perché proprio queste regioni posteriori, e non altre,
facciano la differenza tra essere cosciente — vedere, sentire, pensare —
e non esserci».
Anche gli studi realizzati sullo stato di anestesia hanno dato un importante contributo alla comprensione della coscienza.
Sottolinea
Tononi: «La differenza principale tra l’anestesia e le varie fasi del
sonno è che, con la maggioranza degli anestetici generali, la coscienza
svanisce insieme alla capacità di reagire a stimoli esterni; nel sonno
invece, anche se non rispondiamo più agli stimoli esterni, la coscienza
rimane molto spesso in forma di sogni, nei due terzi dei casi nel sonno
non Rem, e nel 90% dei casi nel sonno Rem. A complicare le cose, va
anche detto che però esistono anestetici, come la ketamina, che inducono
immobilità e assenza di risposta agli stimoli, accompagnate tuttavia da
sogni vividi e persistenti».