domenica 29 aprile 2018

Corriere Salute 29.4.17
Stato di coscienza, sonno e anestesia
di D.d.D.


Mentre leggiamo questo articolo sul giornale, le informazioni provenienti dalle parole scritte entrano per mezzo degli occhi nel cervello e stimolano diverse aree cerebrali tra loro collegate, facendoci capire il significato di quello che leggiamo.
Nello stesso tempo siamo coscienti dell’ambiente nel quale ci troviamo, di eventuali suoni e odori che ci raggiungono, e soprattutto siamo coscienti di essere qui in questo momento, lungo il flusso della nostra vita. Ciascuno con i suoi ricordi personali, i desideri e le preoccupazioni, che fanno di ognuno quella unica e irripetibile persona.
Siamo vivi, siamo coscienti. È un’esperienza straordinaria, ma alla quale siamo talmente abituati che non ce ne curiamo più di tanto.
Eppure la coscienza di sé e dell’ambiente circostante è uno dei grandi misteri dell’esistenza, fino a pochi anni fa oggetto di riflessione da parte di filosofi, senza che la scienza fosse riuscita a espugnare i suoi segreti.
Ora alcuni squarci su che cos’è e su come si genera lo stato di coscienza cominciano ad aprirsi grazie a ricerche sul sonno e sui meccanismi dell’anestesia.
«I primi studi sui correlati neurali della coscienza si erano concentrati sul confronto dell’attività cerebrale durante la veglia, il sonno o in corso di anestesia generale» spiega Giulio Tononi. «Queste indagini avevano suggerito il coinvolgimento di vaste aree della corteccia cerebrale fronto-parietale. Tuttavia è chiaro che tra la veglia, il sonno o l’anestesia non cambia solo l’ esperienza cosciente, ma si modificano anche il comportamento, la capacità di rispondere agli stimoli e tante altre variabili. In studi recenti abbiamo confrontato presenza e assenza di coscienza all’interno dello stesso stato comportamentale, per esempio durante il sonno non-Rem. In un terzo dei casi quando si sveglia un soggetto dal sonno non-Rem riferirà di “essere emerso dal nulla”, ossia di essere stato incosciente. In un altro terzo dei casi, riferirà invece un sogno anche vivido, con forme, colori e suoni, mentre nel rimanente terzo dei casi il soggetto dirà di avere sognato, ma di essersi dimenticato il contenuto dei sogni. In tutti i casi, il soggetto dormiva ed era insensibile agli stimoli, e la corteccia cerebrale nell’insieme mostrava le tipiche onde lente del sonno non-Rem. Tuttavia, il confronto tra il sonno senza sogni con quello con sogni ha rivelato che quando sogniamo le onde lente del sonno si attenuano o scompaiono in regioni specifiche della corteccia cerebrale posteriore, in particolare aree sensoriali e associative. Questi studi suggeriscono che i correlati neurali della coscienza non si estendano all’intera corteccia cerebrale. Resta aperto il quesito del perché proprio queste regioni posteriori, e non altre, facciano la differenza tra essere cosciente — vedere, sentire, pensare — e non esserci».
Anche gli studi realizzati sullo stato di anestesia hanno dato un importante contributo alla comprensione della coscienza.
Sottolinea Tononi: «La differenza principale tra l’anestesia e le varie fasi del sonno è che, con la maggioranza degli anestetici generali, la coscienza svanisce insieme alla capacità di reagire a stimoli esterni; nel sonno invece, anche se non rispondiamo più agli stimoli esterni, la coscienza rimane molto spesso in forma di sogni, nei due terzi dei casi nel sonno non Rem, e nel 90% dei casi nel sonno Rem. A complicare le cose, va anche detto che però esistono anestetici, come la ketamina, che inducono immobilità e assenza di risposta agli stimoli, accompagnate tuttavia da sogni vividi e persistenti».