Corriere Salute 29.4.17
Il sonno ripulisce il cervello per far posto a cose nuove
Finora
si è creduto che durante la notte le sinapsi, le giunzioni fra le
cellule nervose, venissero rinforzate per consolidare quanto appreso Una
nuova ipotesi formulata da due italiani sostiene che invece vengono
indebolite allo scopo di eliminare ricordi inutili in modo da dare
spazio ad altri
di Danilo di Diodoro
Ogni notte,
durante le fasi di sonno profondo, il nostro cervello si libera di una
gran parte di quanto aveva imparato nelle ore precedenti, eliminando con
stupefacente abilità solo le informazioni ritenute, dallo stesso
cervello, poco significative e non particolarmente integrabili con il
grande castello della memoria che ciascuno di noi ha costruito con il
passare degli anni. Questa selezione avviene non solo senza
partecipazione cosciente, ma durante le fasi di sonno più profondo,
quindi davvero a nostra completa insaputa.
Così, la mattina dopo, abbiamo di nuovo a disposizione solo ciò che serve davvero.
È
l’ipotesi dell’Omeostasi Sinaptica formulata da Giulio Tononi e Chiara
Cirelli due ricercatori italiani che lavorano alla University of
Wisconsin di Madison, che parleranno al Festival della Scienza Medica
che si terrà a Bologna dal 3 al 6 maggio. E ci sono già prove di questo
meccanismo nel cervello dormiente.
Che il sonno contribuisse a
stabilizzare l’apprendimento era già stato ipotizzato. Diversi studi
avevano rilevato che l’attività cerebrale notturna ricalca in parte le
attività della giornata precedente, una sorta di replay delle funzioni
cerebrali finalizzato a stabilizzare le nuove acquisizioni attraverso il
rafforzamento delle sinapsi (i punti di contatto e comunicazione tra i
neuroni) che si attivano quando si impara qualcosa di nuovo: un processo
chiamato potenziamento sinaptico.
L’ipotesi di Tononi e Cirelli, è
che il potenziamento sinaptico, al contrario, avvenga quando siamo
svegli e impariamo, ma che non continui mentre si dorme. «Anzi,
l’effetto finale di una buona dormita dev’essere l’indebolimento della
maggioranza delle sinapsi, così da permetterci di imparare nuove cose il
mattino dopo» sottolinea Cirelli.
Il sonno è il prezzo da pagare
per imparare. Ma perché non si può continuare a rafforzare le sinapsi
giorno dopo giorno? «Cruciale è il consumo di energia» spiega l’esperta.
«Il nostro cervello consuma circa il 20% dell’energia complessiva
dell’organismo, due terzi della quale se ne va per l’attività delle
sinapsi, dal momento che per imparare in maniera duratura le sinapsi
devono essere continuamente rafforzate o addirittura se ne devono
formare di nuove».
È come una fabbrica che deve produrre sempre
nuovi materiali, che in questo caso sono mitocondri, vescicole
sinaptiche cariche di neuromediatori, proteine e altre sostanze
necessarie per il buon funzionamento del cervello. Ma quale fabbrica può
lavorare incessantemente giorno e notte? Inoltre, se tutte le sinapsi
continuano a rafforzarsi, alla fine raggiungono la saturazione, e non
sono più in grado di essere modificate, e questo bloccherebbe ulteriori
apprendimenti.
In accordo con l’ipotesi dell’Omeostasi Sinaptica,
studi recenti hanno dimostrato che se da una parte la grande maggioranza
delle sinapsi si indebolisce durante il sonno, quelle attivate da
recente apprendimento sembrano invece rimanere stabili, esprimendo
molecole che inibiscono il loro indebolimento, o quanto meno lo rendono
meno efficace. Quindi si rafforzano in termine relativi, perché tutte le
altre sinapsi si indeboliscono.
Smontando quei pezzi che non
rappresentano informazioni degne di essere tenute in memoria, il sistema
torna all’omeostasi, una situazione di nuova stabilità anche
energetica, che consentirà la mattina dopo di riprendere l’attività di
apprendimento. Si tratta quindi di un vero e proprio processo di
dimenticanza non casuale, ma intelligente.
Esiste inoltre una
relazione tra la potatura delle sinapsi che avviene durante il sonno e
quella tipica dell’adolescenza, quando il cervello va incontro a una
completa trasformazione, basata proprio sul taglio di un numero enorme
di sinapsi e collegamenti, come se dovesse liberarsi dell’inessenziale
per affrontare meglio la vita. Spiega ancora Cirelli: «In studi condotti
nei topi adolescenti abbiamo visto che la potatura delle sinapsi
avviene di continuo, sia nel sonno sia nella veglia, quindi il sonno non
è una condizione indispensabile, anche se tende a facilitare la
potatura. In un cervello ancora in via di sviluppo sembra che il sonno
non solo porti all’indebolimento delle sinapsi, ma in parte faciliti
anche la loro scomparsa».
Ci si chiede anche se sarà possibile
prima o poi riuscire a intervenire su questi meccanismi per tentare di
governare ciò che vogliamo ricordare o dimenticare. «Forse» conclude
l’esperta. «Alcuni studi hanno usato un replay “forzato” durante il
sonno per rendere più robuste alcune memorie o per indebolirne altre.
Sono però tecniche da usare con cautela, perché i risultati spesso sono
inaspettati e difficili da interpretare, e le conseguenze a lungo
termine non del tutto chiare. È ancora molto difficile collegare
direttamente quello che succede a livello di sinapsi con il risultato
che si vede a livello comportamentale — ricordare o dimenticare».