Corriere La Lettura 1.4.18
Caucaso/2 Il conflitto in Abkhazia e Ossezia del Sud
Due ferite aperte La Georgia sanguina
di Luigi Magarotto
Le
prime elezioni multipartitiche nella Repubblica sovietica di Georgia
furono indette il 28 ottobre 1990. E il 31 marzo 1991 si tenne un
referendum per l’indipendenza dall’Urss, a favore della quale si schierò
il 98,93% degli elettori (l’affluenza fu del 90,5%). L’ipotesi che una
delle repubbliche dell’Urss potesse diventare indipendente era prevista
dalla Costituzione sovietica, ma se i Paesi baltici e la Georgia
poterono indire il referendum fu soltanto perché, con Mikhail Gorbaciov,
il potere centrale si era indebolito. Così la democratizzazione
disintegrò l’Urss. Subito però la repubblica autonoma dell’Abkhazia e la
regione autonoma dell’Ossezia del Sud, entrambe all’interno della
Georgia, dichiararono a loro volta l’indipendenza: atti illegali, non
previsti dalla Costituzione. Ma la nozione di legalità ha qui scarso
valore dal momento che tutto avvenne dietro la regia della Federazione
russa, da cui partirono migliaia di miliziani «volontari» per
difenderle. Le ostilità tra il governo centrale della Georgia e i
secessionisti nell’Ossezia del Sud (1991-92) e nell’Abkhazia (1992-93)
portarono a eccidi orrendi e alla pulizia etnica dei georgiani che
vivevano nelle due regioni. Circa 300 mila profughi si riversarono in
Georgia, trovando rifugio dove potevano.
Nel 1994 il presidente
georgiano Eduard Shevardnadze concesse alle truppe russe il mandato di
forza di interposizione, in realtà la «mediatrice» Russia non fece nulla
per diminuire la tensione, al contrario sostenne le regioni
secessioniste con lauti sussidi, fornendo armi, distribuendo tra abkhazi
e osseti passaporti russi in violazione del diritto internazionale.
Nell’estate del 2008, i paramilitari osseti bombardarono alcuni villaggi
georgiani causando vittime. L’esercito georgiano accorse in aiuto dei
connazionali colpiti, provocando l’intervento dei russi, i cui mezzi
blindati penetrarono in Ossezia del Sud, mentre l’aviazione bombardava
persino la periferia della capitale Tbilisi. I rapporti tra Russia e
Georgia furono interrotti e non sono ancora stati ristabiliti, ma sono
ripresi i collegamenti aerei tra Mosca e Tbilisi. Tuttavia la perdita di
Abkhazia e Ossezia del Sud (ora a carico del bilancio russo) è per la
Georgia una ferita difficilmente rimarginabile.
L’attuale
presidente della Repubblica Giorgi Margvelashvili e il primo ministro
Giorgi Kvirikashvili hanno di fronte un’economia che non decolla,
segnata da divari insopportabili tra persone ricchissime e giovani o
pensionati che a fatica riescono a sopravvivere. Assistiamo purtroppo a
continue ondate migratorie di giovani laureati e di forza lavoro verso
l’Europa e gli Usa. La Georgia è un Paese ortodosso e dopo
l’indipendenza, la parola del capo della sua Chiesa, il katholikos
patriarca Ilia II, è sempre stata autorevole. Colpito da una grave
malattia, il katholikos interviene sempre più di rado, mentre è iniziata
la lotta per la successione. E nel Paese stanno facendo numerosi
proseliti varie sette provenienti dall’estero. Pertanto anche la Chiesa
non è oggi influente come un tempo.