Corriere 8.4.18
I dem sbandano sull’apertura di Di Maio Passo avanti di Franceschini: riflettiamo
Anche Orlando non chiude. Prudente Martina: restano ambiguità. Orfini: o noi o loro
di Alessandro Trocino
ROMA
La nuova apertura di Luigi Di Maio al Pd in un’intervista a Repubblica ,
dopo mesi di bombardamento anti dem in campagna elettorale, provoca una
spaccatura nel partito. Da una parte Matteo Renzi e i suoi, che ancora
hanno la maggioranza e che respingono quelli che il capogruppo al Senato
Andrea Marcucci chiama «appelli imbarazzanti» e «patetiche giravolte».
Dall’altra Dario Franceschini e Andrea Orlando che, sia pure con toni e
sfumature diverse, aprono al dialogo. In mezzo, il segretario reggente
Maurizio Martina. Che in mattinata dice: «L’autocritica nei toni di Di
Maio è apprezzabile, resta evidente l’ambiguità politica. Continuiamo a
pensare che la differenza la fanno i contenuti. Da questo punto di vista
non vedo novità».
Di Maio a Ivrea trova positivo il messaggio di
Martina: «Registro come un passo avanti le sue dichiarazioni. E sono
consapevole che Salvini sappia come al Quirinale se ci vai con il 17 per
cento o con il 37, comunque non fa il 51».
È Franceschini, uno
dei ministri improvvisamente lodati da Di Maio nei giorni scorsi, a fare
un’apertura di credito ai 5 Stelle: «Di fronte alle novità politiche
delle parole di Di Maio, serve riflettere e tenere comunque unito il Pd
nella risposta. L’opposto di quanto sta accadendo. Fermiamoci e
ricominciamo». Andrea Orlando è prudente, ma non chiude: «Mi pare che
non si siano prodotti fatti che determinino una situazione completamente
diversa, ma è giusto valutarlo insieme. Riflettere in una fase così
convulsa è utile, magari per arrivare alle stesse conclusioni».
Ma
alle conclusioni sono arrivati già da tempo i renziani. Ettore Rosato
spiega che essere alternativi a Salvini e Di Maio «è l’essenza del
nostro partito di governo». Matteo Orfini liquida come «strumentali» gli
appelli di Di Maio. Lorenzo Guerini non apprezza i tweet di
Franceschini e compagni: «La riflessione unitaria non si fa su Twitter
ma nelle sedi idonee».
Al fronte «aventiniano» dei renziani prova a
opporsi un altro drappello di esponenti, a cominciare da Matteo
Richetti, che non ama «quando si dice godiamoci i pop corn». Nel senso
dello stare fermi all’opposizione a vedere che succede. Poi però,
nonostante l’accenno ai popcorn ultra citati da Renzi, invita la platea
di un’iniziativa romana a un «caloroso applauso» all’ex segretario.
Quanto ai 5 Stelle, dice Richetti, va bene valutare una disponibilità al
dialogo, «ma non ho capito al governo per fare cosa. Salvini si sa, ma i
5 Stelle?».
Chi prova a tenere tutti insieme è Martina. Che nega
che sia in atto un Aventino da parte del Pd: «Assolutamente no. Abbiamo
indicato anche al Quirinale alcuni temi ai quali rimaniamo ancorati, da
quelli sociali all’occupazione, dal lavoro al sostegno agli
investimenti, fino al raddoppio del reddito di inclusione». Sui 5 Stelle
non si sbilancia ma invita a stoppare lo scontro: «Per me oggi più che
mai il tema è rilanciare uniti il Pd, basta conte e divisioni». In
realtà la partita è doppia, perché è giocata sul filo dell’atteggiamento
da tenere con i 5 Stelle ma anche sul fronte interno. Il 21 aprile si
terrà l’assemblea nazionale. E c’è da trovare un nuovo segretario.
Martina è pronto a ricandidarsi. E così Richetti, che però chiede «le
primarie aperte, l’unico modo di legittimare il partito».