Corriere 8.4.18
L’intervista a Ágnes Heller
«Il sistema di Orbán in Ungheria? Un mix di affari e feudalesimo»
di Paolo Valentino
BUDAPEST Signora Heller, lei critica duramente Orbán.
«Sì. E criticavo duramente anche János Kádár, sotto il regime comunista».
Touché. Ma perché Viktor Orbán?
«Perché
ha di fatto abolito la libertà di stampa, perché usa fondi europei per
far arricchire i suoi amici e familiari, perché le scuole e la sanità
pubblica in Ungheria sono in una situazione tragica. Perché vuole
controllare anche la cultura: sa che nell’unico libro di Storia ora in
uso nei licei, l’ultimo capitolo è dedicato a Orbán? Neppure Kádár lo
aveva fatto. Orbán è un tiranno».
Avrà anche 88 anni Ágnes Heller.
Ma è in forma strepitosa, brillante e pungente come quando negli Anni
70 teorizzava i «bisogni radicali». Sopravvissuta all’Olocausto, allieva
di Gyorgy Lukacs, Heller è stata leader della Scuola di Budapest, la
corrente filosofica del marxismo dissidente nei Paesi dell’Est
socialista.
Ma perché la maggioranza appoggia Orbán?
«Il 60%
non vota per lui. Ma restiamo alla sua domanda. L’Ungheria è un Paese
molto nazionalista a causa della sua storia, dal Trattato del Trianon
alla dominazione sovietica. Orbán con la sua retorica sa toccare questo
nervo scoperto. Si erge a difensore della patria contro gli immigrati,
l’Unione Europea, le Ong, l’Onu. E questo fa presa sull’orgoglio degli
ungheresi, che vedono in lui il salvatore».
Non sarà anche per l’economia che va molto bene?
«Va
bene per gli amici e gli amici degli amici. Voglio aggiungere un’altra
cosa: gli ungheresi non sono abituati alla democrazia, si aspettano ogni
cosa dall’alto, una volta era il re, poi fu il segretario del partito,
oggi è il premier. Conoscono ancora un solo diritto, lo jus
supplicationis , il diritto di supplica. Al governo chiedono un favore e
lo ottengono se lo appoggiano. Un esempio? Oggi in Ungheria non puoi
aprire un’attività se non sostieni Fidesz. Il sistema Orbán è una
combinazione tra feudalesimo e mafia».
È pessimista sull’esito del voto di domani?
«Non
sono né pessimista né ottimista. L’unica speranza è che Fidesz non
prenda nuovamente i due terzi dei deputati. Sarebbe già un risultato, in
presenza della montagna di bugie e della mobilitazione totale. Perfino i
funzionari pubblici fanno propaganda per il governo a spese nostre,
mentre il 97% dei media è controllato da Fidesz».
Sembra una dittatura.
«Non
mi piace usare questo termine, perché è associato indissolubilmente al
nazismo o al comunismo. L’Ungheria non è un Paese totalitario. Ma
sicuramente è una tirannia. Succede solo ciò che Orbán vuole. È un po’
il modello di Putin e Erdogan, anche se l’appartenenza all’Ue lo rende
più prudente e non può permettersi di fare come loro. Ma ha detto
chiaramente che se vince si vendicherà degli avversari. Come un
tiranno».
Pensa che l’Europa sia troppo indulgente con lui?
«Sì.
L’Ungheria è un piccolo Paese e non viene considerato un vero problema.
Poi c’è la protezione accordata a Orbán dal Partito popolare europeo,
che ha bisogno dei voti di Fidesz nel Parlamento di Strasburgo. Invece
dovrebbero prenderlo più seriamente, perché Orbán non è solo un fenomeno
ungherese, è ormai un modello per i populisti ovunque, in Francia, in
Italia, in Germania».
C’è una chance che perda?
«Molto
remota. Non dipende dai partiti di opposizione, ma dagli elettori che
dovrebbero votare un solo candidato anti Fidesz in ogni circoscrizione.
Ma succederà solo limitatamente».
Cosa succederebbe se Orbán perdesse?
«Non
credo accetterebbe la sconfitta. Ho timore di disordini e sollevazioni.
Ricordiamoci che controlla forze armate e polizia. Lo credo capace di
tutto. Penso che se i partiti di opposizione avessero la maggioranza,
dovrebbero immediatamente nominare un premier super partes, in grado di
prendere il controllo».
La scelta di Soros come nemico ha un fondo di antisemitismo?
«Orbán
non è antisemita. Usa tutto ciò che gli serve per rafforzare il suo
potere. Avvelena l’anima del popolo, che crede a tutto quello che dice,
per mobilitarlo. Così Soros diventa il “grande cospiratore” e noi siamo
tutti sue spie o soldati. È assurdo. Orbán con Soros segue il modello di
Erdogan con Gulen, accusato di tutto. Soros è americano, ebreo, ha
origini ungheresi: il nemico perfetto per Orbán».
E questo non suscita l’antisemitismo?
«Non
è il punto decisivo. Nella retorica di Viktor Orbán i nuovi ebrei sono
gli immigrati musulmani: accusa Soros di volerne portare in Ungheria un
milione l’anno. Un incubo, una bugia vergognosa. Ma la gente,
soprattutto nelle campagne dove non hanno mai visto un immigrato, ci
crede».