Corriere 7.4.18
Il musicista Usa aveva 89 anni
Addio al pianista Cecil Taylor, pioniere del free jazz
di Claudio Sessa
Dopo
Ornette Coleman, scomparso nel 2015, il 5 aprile se ne è andato anche
il grande pianista Cecil Taylor, l’altro «inventore» del free jazz.
Aveva appena compiuto 89 anni, essendo nato a New York il 25 marzo 1929,
e da qualche anno si era ritirato dall’attività, anche se continuava a
essere presente sulla scena intellettuale della sua città.
Taylor
aveva frequentato il New England Conservatory prima di iniziare a
proporre la propria musica all’aprirsi degli anni Cinquanta, destando
subito attenzione e sconcerto. La sua tecnica, nella quale si
riconosceva anche l’attento studio dei compositori accademici
contemporanei, era fuori discussione, ma non tutti ne coglievano il
profondo legame con la tradizione del pianoforte jazz. Taylor
rivendicava invece un rapporto essenziale con i maestri afroamericani:
da James P. Johnson a Fats Waller, da Duke Ellington a Bud Powell e
Thelonious Monk. Come Monk, esaltava la natura percussiva dello
strumento; qualcuno definì il suo pianoforte «un’orchestra di ottantotto
tamburi intonati». Ma Taylor intrecciava la propria musica anche ai
movimenti corporei, al grande legame che il jazz ha da sempre con la
danza; le sue dita si muovevano sulla tastiera come una complessa
coreografia, capace di dare a ogni nota sonorità ed echi diversi.
Fu
anche un grande leader e talent scout; nei suoi primi gruppi si
rivelarono Steve Lacy, Bill Dixon, Archie Shepp, Roswell Rudd, più tardi
i due musicisti con cui avrebbe avuto un’affermazione internazionale,
Jimmy Lyons al sax alto e Sunny Murray alla batteria. Lyons rimase al
suo fianco fino alla morte, nel 1986, mentre Murray fu sostituito
dall’altro batterista Andrew Cyrille.
Fino agli anni Ottanta la
musica torrenziale e incontaminata di Taylor ebbe poche occasioni per
essere documentata discograficamente (ma ricordiamo i due classici album
Blue Note, Unit Structures e Conquistador del 1966, e il piano-solo dal
vivo a Montreux del 1974, Silent Tongues ). Premiato anche con il
prestigiosissimo Kyoto Prize, Taylor nella sua musica ha saputo fondere
per oltre mezzo secolo il senso della libertà più assoluta e la
consapevolezza di una superiore, emozionante struttura complessiva.