venerdì 30 marzo 2018

Repubblica 30.3.17
Come hanno votato le ex isole rosse
“Il Partito si è fatto rubare le idee” Così le Coop hanno scaricato il Pd
di Paolo Griseri


La sinistra? «È la faccia del mio amico Giovanni, una sera di nove anni fa sulla piazza di Melpignano, la capitale della taranta.
Giovanni era contento “perché da tanto tempo non si discuteva tutti insieme”. Era nata, quella sera, la prima cooperativa di comunità italiana: gli abitanti del paese uniti per comperare pannelli fotovoltaici, produrre energia e investire il ricavato in donazioni di beneficenza». Carmelo Rollo, di Bari, è un signore di 59 anni che conosce perfettamente la differenza tra il libro Cuore e la realtà. Eppure, se deve raccontare la frana della sinistra anche tra gli 8 milioni di soci di Legacoop, riparte da quella sera e dallo stupore positivo del suo amico per la pratica del confronto e della condivisione, «che non si vedeva da tanto tempo».
Per quanti anni i partiti della sinistra hanno lasciato soli i tanti Giovanni sparsi nella Penisola?
Quando è iniziato lo smottamento? I dati sono impietosi: nell’Emilia rossa il M5S è il primo partito e batte il Pd.
Nella terra di Bersani Leu è fermo al 4 per cento, poco sopra i postfascisti di Meloni. La Lega è al 19 per cento: insieme Salvini e Di Maio conquistano un milione di voti su 2,5. Una débâcle.
Una parte della responsabilità è indubbiamente del mondo cooperativo. Gli scandali delle coop che sfruttano i dipendenti con salari da fame, le mazzette pagate ai politici per vincere una gara d’appalto, non hanno aiutato la sinistra a vincere. Ma proprio quando si trattava di risalire la china, di ricostruire la credibilità delle coop rosse, si è rotto qualcosa nel rapporto tra i vertici del Pd e la più grande organizzazione della sinistra.
Venerdì 7 ottobre 2016 a Bologna nella sede aulica del Palazzo di Re Enzo, Legacoop scommetteva sulla possibilità di voltare pagina.
Lo scandalo di Mafia capitale esigeva una reazione. Milioni di soci non potevano essere ridotti allo scambio tra cene elettorali e interrogazioni parlamentari.
Erano stati invitati tutti i vertici del Pd. Si presentarono tutti.
Tranne uno: il leader.
Venne Napolitano e fece un discorso duro. Attaccò le cooperative per aver reagito «con inspiegabile ritardo di fronte a fenomeni di devianza, affarismo e autentica corruzione». Mauro Lusetti, presidente di Legacoop, ricorda che «a quella manifestazione, nella giornata conclusiva avevamo invitato Matteo Renzi. Aspettavamo da lui un segnale importante. Non venne».
Lusetti, 64 anni, non è un tipo permaloso: «Il fatto è che quell’assenza non era casuale. Era la sintesi di un’idea della politica che saltava tutti i gruppi, le associazioni, i movimenti organizzati. Tutti sostituiti dal rapporto diretto tra il leader e i cittadini. Una semplificazione che escludeva noi... e passi. Ma che ha avuto l’effetto concreto di distruggere il partito. Anche qui in Emilia il Pd si è rarefatto. In molti posti non c’è più. E se non ci sei, non vinci». Che sarebbe andata a finire cosi «noi della cooperazione agricola l’avevamo capito da un pezzo. Nelle nostre assemblee si avvertiva la voglia di cambiamento», rivela Gianni Luppi, solido pragmatismo emiliano. Si parla di politica nelle vostre assemblee? «Scherziamo?
Si discute di qual è l’uva migliore per il Lambrusco. La politica si intravede in filigrana. Ma lo capisci quando la gente non ne può più, vuole cambiare prodotto». Anche i partiti sono un prodotto? «In un certo senso sì.
Nascono, hanno successo e dopo un po’, se non si rinnovano, decadono». Questa volta il Pd è rimasto sugli scaffali, come i kiwi: un grande passato ma oggi non li compra più nessuno. Perché ? «I grillini hanno preso i principi della sinistra e li hanno saputi proporre meglio».
«Ci siamo lasciati scippare le intuizioni», conferma Enzo Gasparutti che vive a Udine e governa una cooperativa di servizi con 3.500 soci. Racconta un’epopea: «Negli anni Novanta siamo stati tra i primi a lavorare nel campo della raccolta differenziata. Pensavamo che si dovesse salvare l’Italia dall’immondizia. Non era un bel mestiere. La differenziata si faceva mettendo le mani nei rifiuti e separando le lattine dalla carta e dalle mele marce. Ci spingeva un’idea di sinistra, quella della salvaguardia dell’ambiente. Un giorno Grillo è andato al tg e ha detto che bisogna arrivare ai rifiuti zero. Ho pensato “Benvenuto nel club”».
Ma erano due club diversi: «Certo. Mentre i grillini spingevano sui rifiuti zero, i partiti della sinistra erano titubanti». Non erano convinti? «Dovevano mediare con altri interessi. Anche i proprietari delle discariche votano». Lei ha votato Pd? «Sì, nonostante le mie perplessità». Vuol dire che ha stretto le narici tra il pollice e l’indice? «Non ho usato quell’espressione, non mi piace.
Non ci si tura il naso il giorno del voto». Divergenze sul ciclo dei rifiuti? «Dubbi sulla democrazia interna del Pd. Sul modo con cui sono state trattate le minoranze.
Che sono una ricchezza, non un fastidio. Nelle coop è così. Si discute, si condivide e si media.
Perché il partito deve funzionare diversamente?». Parla Enzo da Udine ma sembra di sentire Giovanni da Melpignano: «Finalmente da noi si discute».
Non è la prima volta che cadono le roccaforti. La crescita della Lega nelle regioni rosse non è una novità. Ma è la prima volta che le cooperative di sinistra mostrano interesse per forze politiche, come i 5stelle, che non affondano le radici nella Seconda o nella Terza Internazionale. Lusetti ride: «Ormai lo sappiamo solo io e lei che cos’è stata la Terza internazionale...». Dopo anni di indubbio collateralismo con la sinistra le coop saltano sul carro del vincitore grillino? «Non saltiamo su nessun carro.
Abbiamo un rapporto di dialogo con tutte le forze politiche. Ad eccezione dei fascisti, naturalmente». Così una mattina Luigi Di Maio è andato a incontrare Mauro Lusetti: «Non c’è niente di strano. Per anni il Movimento ci ha attaccato.
L’incontro invece è stato di tutt’altro tono. Di Maio sembra un ragazzo alle prime armi e invece mi ha dato l’impressione di una persona che sa il fatto suo, con cui si può certamente dialogare».
Meglio che con il Pd? «Il Pd lo conosciamo da tanto tempo». E ci mancherebbe. Lusetti ha sostituito Giuliano Poletti alla guida delle coop, il rapporto con il ministro del lavoro non poteva che essere molto stretto. Alla Lega tengono alle distinzioni: «In questi anni il rapporto con il governo è stato buono. Sono state realizzate riforme importanti, dall’articolo 18 al job act». Quelle che hanno scatenato l’ira della Cgil...
Il governo ha fatto bene, il partito no è la sintesi dei cooperatori. Il partito è rimasto distante. Che cosa aveva trattenuto Matteo Renzi dal partecipare alla Biennale di Bologna, nel Palazzo di Re Enzo? Quel giorno il Presidente del Consiglio aveva scelto di andare in tv, all’Arena di Massimo Giletti. E aveva proclamato «senza giri di parole: se il 4 dicembre prossimo vince il no al referendum costituzionale, cambio mestiere». Non era stata, come si sa, un’uscita felicissima.
Ma sarebbe ingeneroso caricare su Renzi tutta la responsabilità dei ritardi decennali della sinistra. «Il fatto - dice Luppi - è che viviamo nella società liquida di Bauman. I punti di riferimento cambiano in continuazione».
Questo spiega l’avvicinamento tra Lusetti e Di Maio? Luppi sorride, allarga le braccia e sillaba con bell’accento emiliano: «Mio caro, nella società liquida, o che si nuota o che si muore annegati».