Repubblica 30.3.17
Come hanno votato le ex isole rosse
“Il Partito si è fatto rubare le idee” Così le Coop hanno scaricato il Pd
di Paolo Griseri
La
sinistra? «È la faccia del mio amico Giovanni, una sera di nove anni fa
sulla piazza di Melpignano, la capitale della taranta.
Giovanni
era contento “perché da tanto tempo non si discuteva tutti insieme”. Era
nata, quella sera, la prima cooperativa di comunità italiana: gli
abitanti del paese uniti per comperare pannelli fotovoltaici, produrre
energia e investire il ricavato in donazioni di beneficenza». Carmelo
Rollo, di Bari, è un signore di 59 anni che conosce perfettamente la
differenza tra il libro Cuore e la realtà. Eppure, se deve raccontare la
frana della sinistra anche tra gli 8 milioni di soci di Legacoop,
riparte da quella sera e dallo stupore positivo del suo amico per la
pratica del confronto e della condivisione, «che non si vedeva da tanto
tempo».
Per quanti anni i partiti della sinistra hanno lasciato soli i tanti Giovanni sparsi nella Penisola?
Quando è iniziato lo smottamento? I dati sono impietosi: nell’Emilia rossa il M5S è il primo partito e batte il Pd.
Nella
terra di Bersani Leu è fermo al 4 per cento, poco sopra i postfascisti
di Meloni. La Lega è al 19 per cento: insieme Salvini e Di Maio
conquistano un milione di voti su 2,5. Una débâcle.
Una parte
della responsabilità è indubbiamente del mondo cooperativo. Gli scandali
delle coop che sfruttano i dipendenti con salari da fame, le mazzette
pagate ai politici per vincere una gara d’appalto, non hanno aiutato la
sinistra a vincere. Ma proprio quando si trattava di risalire la china,
di ricostruire la credibilità delle coop rosse, si è rotto qualcosa nel
rapporto tra i vertici del Pd e la più grande organizzazione della
sinistra.
Venerdì 7 ottobre 2016 a Bologna nella sede aulica del
Palazzo di Re Enzo, Legacoop scommetteva sulla possibilità di voltare
pagina.
Lo scandalo di Mafia capitale esigeva una reazione.
Milioni di soci non potevano essere ridotti allo scambio tra cene
elettorali e interrogazioni parlamentari.
Erano stati invitati tutti i vertici del Pd. Si presentarono tutti.
Tranne uno: il leader.
Venne
Napolitano e fece un discorso duro. Attaccò le cooperative per aver
reagito «con inspiegabile ritardo di fronte a fenomeni di devianza,
affarismo e autentica corruzione». Mauro Lusetti, presidente di
Legacoop, ricorda che «a quella manifestazione, nella giornata
conclusiva avevamo invitato Matteo Renzi. Aspettavamo da lui un segnale
importante. Non venne».
Lusetti, 64 anni, non è un tipo permaloso:
«Il fatto è che quell’assenza non era casuale. Era la sintesi di
un’idea della politica che saltava tutti i gruppi, le associazioni, i
movimenti organizzati. Tutti sostituiti dal rapporto diretto tra il
leader e i cittadini. Una semplificazione che escludeva noi... e passi.
Ma che ha avuto l’effetto concreto di distruggere il partito. Anche qui
in Emilia il Pd si è rarefatto. In molti posti non c’è più. E se non ci
sei, non vinci». Che sarebbe andata a finire cosi «noi della
cooperazione agricola l’avevamo capito da un pezzo. Nelle nostre
assemblee si avvertiva la voglia di cambiamento», rivela Gianni Luppi,
solido pragmatismo emiliano. Si parla di politica nelle vostre
assemblee? «Scherziamo?
Si discute di qual è l’uva migliore per il
Lambrusco. La politica si intravede in filigrana. Ma lo capisci quando
la gente non ne può più, vuole cambiare prodotto». Anche i partiti sono
un prodotto? «In un certo senso sì.
Nascono, hanno successo e dopo
un po’, se non si rinnovano, decadono». Questa volta il Pd è rimasto
sugli scaffali, come i kiwi: un grande passato ma oggi non li compra più
nessuno. Perché ? «I grillini hanno preso i principi della sinistra e
li hanno saputi proporre meglio».
«Ci siamo lasciati scippare le
intuizioni», conferma Enzo Gasparutti che vive a Udine e governa una
cooperativa di servizi con 3.500 soci. Racconta un’epopea: «Negli anni
Novanta siamo stati tra i primi a lavorare nel campo della raccolta
differenziata. Pensavamo che si dovesse salvare l’Italia
dall’immondizia. Non era un bel mestiere. La differenziata si faceva
mettendo le mani nei rifiuti e separando le lattine dalla carta e dalle
mele marce. Ci spingeva un’idea di sinistra, quella della salvaguardia
dell’ambiente. Un giorno Grillo è andato al tg e ha detto che bisogna
arrivare ai rifiuti zero. Ho pensato “Benvenuto nel club”».
Ma
erano due club diversi: «Certo. Mentre i grillini spingevano sui rifiuti
zero, i partiti della sinistra erano titubanti». Non erano convinti?
«Dovevano mediare con altri interessi. Anche i proprietari delle
discariche votano». Lei ha votato Pd? «Sì, nonostante le mie
perplessità». Vuol dire che ha stretto le narici tra il pollice e
l’indice? «Non ho usato quell’espressione, non mi piace.
Non ci si
tura il naso il giorno del voto». Divergenze sul ciclo dei rifiuti?
«Dubbi sulla democrazia interna del Pd. Sul modo con cui sono state
trattate le minoranze.
Che sono una ricchezza, non un fastidio. Nelle coop è così. Si discute, si condivide e si media.
Perché
il partito deve funzionare diversamente?». Parla Enzo da Udine ma
sembra di sentire Giovanni da Melpignano: «Finalmente da noi si
discute».
Non è la prima volta che cadono le roccaforti. La
crescita della Lega nelle regioni rosse non è una novità. Ma è la prima
volta che le cooperative di sinistra mostrano interesse per forze
politiche, come i 5stelle, che non affondano le radici nella Seconda o
nella Terza Internazionale. Lusetti ride: «Ormai lo sappiamo solo io e
lei che cos’è stata la Terza internazionale...». Dopo anni di indubbio
collateralismo con la sinistra le coop saltano sul carro del vincitore
grillino? «Non saltiamo su nessun carro.
Abbiamo un rapporto di
dialogo con tutte le forze politiche. Ad eccezione dei fascisti,
naturalmente». Così una mattina Luigi Di Maio è andato a incontrare
Mauro Lusetti: «Non c’è niente di strano. Per anni il Movimento ci ha
attaccato.
L’incontro invece è stato di tutt’altro tono. Di Maio
sembra un ragazzo alle prime armi e invece mi ha dato l’impressione di
una persona che sa il fatto suo, con cui si può certamente dialogare».
Meglio
che con il Pd? «Il Pd lo conosciamo da tanto tempo». E ci mancherebbe.
Lusetti ha sostituito Giuliano Poletti alla guida delle coop, il
rapporto con il ministro del lavoro non poteva che essere molto stretto.
Alla Lega tengono alle distinzioni: «In questi anni il rapporto con il
governo è stato buono. Sono state realizzate riforme importanti,
dall’articolo 18 al job act». Quelle che hanno scatenato l’ira della
Cgil...
Il governo ha fatto bene, il partito no è la sintesi dei
cooperatori. Il partito è rimasto distante. Che cosa aveva trattenuto
Matteo Renzi dal partecipare alla Biennale di Bologna, nel Palazzo di Re
Enzo? Quel giorno il Presidente del Consiglio aveva scelto di andare in
tv, all’Arena di Massimo Giletti. E aveva proclamato «senza giri di
parole: se il 4 dicembre prossimo vince il no al referendum
costituzionale, cambio mestiere». Non era stata, come si sa, un’uscita
felicissima.
Ma sarebbe ingeneroso caricare su Renzi tutta la
responsabilità dei ritardi decennali della sinistra. «Il fatto - dice
Luppi - è che viviamo nella società liquida di Bauman. I punti di
riferimento cambiano in continuazione».
Questo spiega
l’avvicinamento tra Lusetti e Di Maio? Luppi sorride, allarga le braccia
e sillaba con bell’accento emiliano: «Mio caro, nella società liquida, o
che si nuota o che si muore annegati».