il manifesto 30.3.18
L’informazione oscura la realtà e la politica o si adegua o affonda
di Tonino Perna
Nell’era
dei paradossi accade che mai la società umana ha prodotto tanta
ricchezza e mai così alto è stato il numero di chi muore di fame. Più
tecnologia e conoscenze produciamo e più ci avviciniamo alla soglia
della catastrofe ambientale e nucleare.
Mai abbiamo avuto tanti
mezzi di informazione, tanta facilità di comunicazione in tempo reale e
contemporaneamente tanta ignoranza a livello di massa. Naturalmente con
conseguenze enormi sul piano politico.
La nostra visione del mondo
si basa essenzialmente sulla percezione e, ad esclusione degli addetti
ai lavori, su qualunque fenomeno sociale del nostro tempo la coscienza
collettiva si forma solo sulla percezione. L’ultimo delitto visto in
televisione, ripreso dalla stampa, dibattuto sui talk show. Stragi di
donne, tragedie familiari, giovani uccisi da assassini che restano
ignoti: è il piatto forte dei telegiornali Tg. Chi sa che siamo, insieme
alla Grecia e Malta, il paese europeo con il più basso tasso di omicidi
?
Malgrado mafia, camorra e ‘ndrangheta viviamo in un paese tra i
più tranquilli dell’Unione europea, che a sua volta è un’area tra le
meno violente del mondo relativamente ai fatti di cronaca nera.
Stesso
discorso vale per i migranti. Quando chiedo ai miei studenti quanti
sono gli immigrati in Italia, la maggior parte pensa che siano tra il 30
e il 40 per cento della popolazione italiana. Una vera e propria
invasione! Quando gli comunichi che non arriva al 9 per cento, una delle
percentuali più basse della Ue, rimangono perplessi e increduli. Se
questo succede nelle aule universitarie, possiamo immaginare cosa accade
fuori. Solo una estrema minoranza conosce la realtà, approfondisce i
dati, ha un approccio scientifico alle questioni più delicate e
importanti del nostro tempo.
Anche in passato l’umanità ha
convissuto con una percezione falsa della realtà. Siamo stati convinti
per millenni che il sole girasse intorno alla terra, così come pensavamo
che gli animali e le piante fossero stati creati con le attuali
fattezze fin dalla notte dei tempi. Galileo, Darwin e altri scienziati
ci hanno convinto che la nostra percezione era falsa, ma ci sono voluti
molti decenni, qualche volta secoli.
Credo che in questa fase
della storia umana sia diventata una necessità di prima grandezza
diffondere un approccio scientifico ai fenomeni sociali, economici e
politici. Non tutti possiamo diventare scienziati, ma tutti possono
avere a disposizione una cassetta degli attrezzi che faccia leggere in
maniera non superficiale, istintiva la realtà sociale. Abbiamo bisogno
di giornalisti, artisti, docenti, educatori – a partire dalla scuola
elementare– capaci di costruire uno spirito critico, per aiutare a
selezionare le informazioni, a difendersi dal bombardamento mediatico.
Non
a caso stanno distruggendo definitivamente il ruolo della scuola come
palestra di idee e individui pensanti, per questo è ricorrente l’idea di
abolire la Tv pubblica che ancora riserva qualche spazio
all’approfondimento.
E’ un’onda reazionaria che coinvolge
l’Europa, e la risposta non può essere cercata nel breve periodo o in un
cambio del brand politico. Si tratta piuttosto di una sfida
antropologica: il profilo di essere umano costruito da questo modo di
produzione capitalistico nell’era dell’iper-informazione/deformazione
della realtà.
Non dimentichiamo che una parte preponderante della
sinistra storica aveva le sue basi nel marxismo, una visione che tentava
di interpretare la storia con un metodo scientifico.
Forse è
proprio da quell’approccio che dovremmo ripartire, in maniera non
meccanicistica, per contrastare il mix di razzismo-neoliberismo che ha
impregnato la gran parte della società contemporanea.
E’ il
terribile e reale rischio di far trionfare il «disumano», denunciato più
volte da Marco Revelli, con cui dobbiamo fare i conti prima di pensare
alle alchimie dei governi e dei partiti.
E’ quel «restiamo
umani!», quel grido disperato di un grande testimone del nostro tempo,
come Vittorio Arrigoni, che ci deve spingere a spendere le nostre
migliori energie, ognuno secondo le proprie capacità, per far riemergere
l’umanità dentro la nostra società.