giovedì 29 marzo 2018

Repubblica 29.3.18
Il futuro del Pd
Una sinistra da rifondare
di Guido Crainz


Il Pd è davvero “a rischio estinzione”, come ha scritto Claudio Tito, perché sono franati gli assi portanti della sua impostazione: proprio per questo i tempi di una reale rifondazione non potranno essere brevi. E in assenza di una vera analisi della società italiana e di un credibile progetto di futuro ogni divergenza sulla “ tattica” può solo aprire nuove lacerazioni.
È difficile negarlo, la crisi della sinistra che oggi è esplosa viene da molto lontano. La sua difficoltà nel “ leggere il mondo” era evidente già nei lontanissimi anni Ottanta, nella crescente incapacità del Partito comunista di comprendere il colossale rimescolamento che scomponeva classi e ceti, travolgeva luoghi e culture del lavoro. E capovolgeva il concetto stesso di modernità, sempre meno coniugata all’avanzare di diritti collettivi e sempre più intrecciata all’affermazione individuale e alla dissoluzione delle regole. Era evidente già allora, anche, la più generale crisi della politica e dei grandi partiti del Novecento: aggravata, da noi, dai processi che esploderanno al tempo di Tangentopoli e contribuiranno al crollo della Prima Repubblica. E scomparve allora anche la sinistra che avevamo conosciuto, sempre più balbettante e afasica di fronte all’illusionismo e ai nuovi miti dell’era berlusconiana.
All’indomani di quel tracollo sembrò comunque delinearsi faticosamente un progetto riformatore capace di raccogliere le grandi culture che si erano contrapposte nei decenni precedenti — quella comunista e quella cattolica — , e quella ricostruzione sembrò poter rinnovare anche le modalità della politica: dal sogno dell’Ulivo a quel “ ripartire dai cittadini” di cui furono simbolo la stagione dei sindaci e le prime, entusiasmanti primarie. Nacque in realtà tardi e con enormi problemi irrisolti il Partito democratico, nel 2007. Cioè nell’anno in cui prendeva avvio oltre Oceano la crisi economica che avrebbe piagato l’intero Occidente; lo stesso anno, va aggiunto, in cui emergeva in modo prepotente da noi l’insofferenza verso la “ casta”, irresponsabilmente regalata ai “ V- day” di Beppe Grillo. Insensibilità di fronte al deteriorarsi della politica, crescente miopia di fronte alle sofferenze e alle lacerazioni della società italiana, incapacità di misurarsi realmente con le angosciose incertezze alimentate dallo scenario internazionale: è davvero difficile stupirsi del tracollo attuale della sinistra, attraversata anche da divisioni senza futuro. Ed è difficile immaginare una ricostruzione “ a breve”, rinchiusa nelle tradizionali e sempre più disseccate sedi del Partito democratico.
Sono “realistiche” oggi solo scelte radicali di apertura che coinvolgano i contenuti e al tempo stesso le modalità della discussione. Può essere credibile cioè solo un “ congresso di rifondazione” del centrosinistra che abbia al centro la realtà e il futuro del Paese e sappia coinvolgere in modo esplicito le energie più diverse, rendendole progressivamente protagoniste nella costruzione di una nuova e più ampia casa dei riformisti ( rispondendo così anche a quell’impulso ad iscriversi al Pd che è stato talora segnalato dopo il 4 marzo). Un congresso di rifondazione in cui, capovolgendo le pratiche recenti, sia centrale il confronto su tesi differenti e non necessariamente opposte. E sia marginale invece la contrapposizione fra leader: vi è una leadership collettiva da ricostruire, sgombrando il campo dalle macerie e dalle tossine che si sono accumulate nel tempo. Non è una “ terza via”, è l’unica possibile: spetta ai dirigenti del Pd metterla all’ordine del giorno con scelte impegnative e inequivocabili.