il manifesto 29.3.18
Migranti, dietro i libici c’è la Marina militare italiana?
L'inchiesta sulla Open Arms
di Carlo Lania
Ma
chi coordina gli interventi della Guardia costiera libica? Tripoli non
ha una propria area Sar (ricerca e salvataggio) né dispone di un proprio
Mrcc, un centro di controllo per i salvataggi in mare dal quale dare
indicazioni alle sue motovedette impegnate, anche in acque
internazionali, nel fermare i barconi carichi di migranti. A leggere
però il decreto con cui il Gip di Catania ha confermato due giorni fa il
sequestro della nave della ong spagnola Open Arms (facendo però
decadere l’accusa di associazione per delinquere), sembra che un ruolo
importante nell’attività dei militari libici lo abbia la Marina militare
italiana.
Nel ricostruire l’attività della Open Arms del 15 marzo
scorso, quando la nave spagnola riuscì a trarre in salvo 117 migranti
strappandoli letteralmente dalle mani della guardia costiera libica, il
gip spiega infatti come alle 5,37 del mattino il personale della nave
militare «Capri» comunicava alla Centrale operativa della Guardia
costiera di Roma che una motovedetta libica sarebbe partita per
soccorrere il gommone di migranti segnalato in difficoltà. La «Capri» fa
parte della missione italiana in Libia ed è presente nel porto di
Tripoli da dicembre del 2017, quando ha avvicendato la nave «Tremiti».
Poco più di un’ora dopo, alle 6,44, sempre la «Capri» conferma a Roma la
partenza della motovedetta libica «Gaminez» richiedendo, scrive il gip,
«di far allontanare l’unità della Ong (Open Arms, ndr) per evitare
criticità durante il soccorso. La nave della ong continua però
l’attività di soccorso, provocando la reazione di un addetto italiano
della Difesa a Tripoli che, alle 8,56, contatta Mrcc Roma «lamentando –
scrive il gip – il comportamento della Open Arms, in quanto lo riteneva
contrario al Codice di condotta sottoscritto con il ministero
dell’Interno italiano». A che titolo interviene la Marina, visto che
ufficialmente il personale della «Capri» dovrebbe occuparsi di fornire
assistenza tecnica alle navi libiche a di aiutare nella costruzione di
un (futuro) Mrcc? Sempre il gip scrive inoltre che il coordinamento
delle navi libiche «è sostanzialmente affidato alle forze della Marina
Militare italiana».
Se il ruolo della Marina dovesse essere
confermato, allora quanto avvenuto potrebbe essere considerato come un
caso di respingimento collettivo, vietato dalla Convenzione europea dei
diritti dell’uomo. Ne è sicuro l’avvocato Alessandro Gamberini, legale
della Opens Arms: «Alcune azioni si possono configurare come un
respingimento», commenta il legale. «Nel momento in cui i migranti si
trovano in acque internazionali non puoi creare le condizioni, come
sembra sia avvenuto con il ruolo assunto dalla nave militare Capri, per
riportarli in Libia». Preoccupazione è stata espressa anche dal
segretario dei Radicali italiani Riccardo Magi e dagli esponenti di
Possibile e Leu Pippo Civati e Andrea Maestri.