mercoledì 28 marzo 2018

Repubblica 28.3.18
Intervista a Julian Assange
“La tecnologia sta cambiando la politica perciò seguo i 5S e mi sono congratulato con loro”
Da quasi otto anni è detenuto arbitrariamente, secondo le Nazioni Unite.
Da quasi sei è confinato nella minuscola ambasciata dell’Ecuador a Londra e da due è sotto un intensissimo fuoco di accuse per la decisione di pubblicare le email dei Democratici americani a ridosso delle elezioni Usa, quelle in cui avrebbe giocato un ruolo cruciale Cambridge Analytica.
di Stefania Maurizi



I Cinquestelle hanno politiche di trasparenza come la proposta sui whistleblower Vladimir Putin ha fatto crescere l’economia russa I partiti politici che non proveranno a sperimentare le novità tecnologiche alla fine spariranno dalla circolazione

Repubblica ha intervistato il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange.
Lei si è offerto di testimoniare davanti alla commissione del Parlamento inglese che indaga su Cambridge Analytica, può dirci di più?
«Non posso, perché rovinerei la sorpresa al Parlamento ( sorride).
Sono stati loro a invitarmi e io ero a favore, ma ci sono state pressioni. È un problema politico».
Perché?
«Non lo so, forse dovrebbe chiederlo a loro. Il nome mio e di WikiLeaks è stato fatto da gente che ha testimoniato, tipo Alexander Nix, ventisei volte.
Sarebbe appropriato che io potessi rispondere, per esempio, al vicedirettore de El Paìs, David Alandete, apparso anche lui in commissione per diffamare me e il movimento di indipendenza della Catalogna, in un momento di conflitto molto intenso in Spagna, che ha prodotto vari prigionieri politici e rifugiati».
Si riferisce agli articoli in cui il vicedirettore de El Paìs sostiene che c’è la Russia dietro?
«Sì, e non solo, anche all’accuratezza dei miei commenti sull’indipendenza della Catalogna. Io sono a favore dell’articolo uno dell’Onu sull’autodeterminazione dei popoli. Poi, se i catalani devono essere indipendenti o meno, è un’altra questione.
Personalmente, credo sarebbe meglio se potessero convivere felicemente, ma la decisione non spetta a me: spetta a loro».
Aveva mai sentito parlare di Cambridge Analytica, prima che questa azienda la contattasse?
«No. Molti cercano di contattarci continuamente e anche WikiLeaks cerca di contattare tanti, come fa ogni organizzazione giornalistica seria. Quello che non facciamo è parlare delle nostre pubblicazioni imminenti con nessuno, ad eccezione dei giornalisti che lavorano con noi come partner alla rivelazione dei file.
Cambridge Analytica non rientra in questo caso, ecco perché abbiamo rifiutato il contatto con loro».
Quindi era il primo contatto.
«C’è un’organizzazione molto più significativa: l’SCL Group, di cui la Analytica è parte. SCL lavora molto per la difesa e l’intelligence inglese e si vanta di essere stata coinvolta in molte elezioni politiche negli ultimi venti anni in 60 paesi. Opera nel settore governativo e commerciale. C’è ancora un’importante questione da risolvere: fino a che punto le attività dell’SCL sulle elezioni di altri paesi sono state fatte nell’interesse del governo inglese».
Dopo il successo dei Cinque Stelle alle ultime elezioni italiane, lei si è congratulato con loro via Twitter. Cosa le piace o trova interessante?
«Sono felice di sostenere qualsiasi policy particolare di qualsiasi partito utile per le nostre fonti o per il dibattito. Durante le elezioni Usa del 2016, sono intervenuto all’assemblea inaugurale del Fondatore di Wikileaks
Julian Assange, da sei anni è confinato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra
partito dei verdi di Jill Stein perché aveva una posizione forte sulla protezione dei whistleblower, inclusi Edward Snowden e Chelsea Manning. Nel caso dei Cinque Stelle, hanno politiche di trasparenza e hanno fatto dichiarazioni sulle nostre presunte fonti che ritengo positive».
Si riferisce alla loro proposta di legge sui whistleblower?
«Sì».
Lei però ha idee diverse da loro. Per esempio, ci ha detto di essere scettico sulla democrazia diretta attraverso le piattaforme online...
«Sono scettico anche su altre forme di democrazia, ma supporto l’esperimento: è importante creare, e verificare cosa va in porto e in quali aree si fallisce. I parametri della politica stanno cambiando rapidamente a causa della tecnologia e quindi la politica deve cambiare. La maggior parte dei tentativi non avrà successo, ma possiamo stare certi che i gruppi che non proveranno neanche a sperimentare, falliranno».
Cosa pensa della rielezione di Putin?
«Le argomentazioni sul controllo del Cremlino sulle tv di stato sono in gran parte vere, ma se guarda al popolo russo – che ha avuto a che fare con Gorbachev e Yeltsin, che hanno gestito la nazione portandola a un collasso, per cui si faceva la fame – anche per gli standard sovietici, Putin è il leader con più capacità manageriali che la Russia abbia avuto da anni e sotto il quale ha visto un aumento sostanziale di pensioni e salari».
Allo stesso tempo, è un ex Kgb e i suoi nemici non muoiono di morte naturale…
«È piuttosto difficile sapere come stanno le cose. È chiaro che numerosi omicidi sono collegabili a elementi dello stato, ma seri analisti della Russia li attribuiscono a una mancanza di controllo sugli quegli elementi e sulle sue regioni. Per esempio, un certo numero di assassini associati a Kadyrov in Cecenia, che agisce per i propri interessi, non sembrano in molti casi beneficiare il Cremlino. Lo fanno apparire debole. Il sospetto tentativo di assassinio di Skripal, invece, credo abbia più il marchio dello stato. Molte delle cose che elementi dello stato russo fanno in regioni come la Cecenia o nella mafia sono attribuite a decisioni personali di Putin ed è chiaro che il Cremlino a volte lavora con o attraverso la mafia».
Lo dicono i cablo di WikiLeaks...
«Sì, ma a causa della grandezza della Russia, della diversità delle sue regioni e dell’età relativamente giovane dello stato, le strutture di controllo sono deboli e il Cremlino preferisce prendersi la colpa di cose che non ha fatto, piuttosto che fare la figura di chi non ha il controllo. La Russofobia, diffusa dall’intelligence e dai politici dell’Est Europa – che la usano per incrementare i loro budget e unificare i loro stati – spesso va a beneficio del Cremlino, perché ne proietta un’immagine potente e disciplinata, quando di fatto la Russia ha un Pil all’incirca come l’Italia e c’è una notevole mancanza di controllo su molti apparati dello stato. Non fraintendiamoci: ci sono stati molti abusi in Cecenia per cui il Cremlino è responsabile, ma la maggior parte delle analisi sulla Russia è semplicistica».