Il Fatto 28.3.18
Vite su Facebook
30 cent a clic e 20 dollari a utente: così diventiamo ricavi per il social
Il
business del colosso di Menlo Park è offrire pubblicità mirata grazie
all’enorme mole di dati. Ecco quanto valgono le nostre interazioni
sociali sul web
A colpi di mouse. Il fondatore e numero uno di Facebook, Mark Zuckerberg. Così il social guadagna dagli utenti
di Virginia Della Sala
Facebook
ha un problema: si parla di privacy violata, di dati rubati, di
targetizzazione, di uso strumentale a fini politici. Il concetto che il
prodotto dei social network sono gli utenti ora è chiaro anche a loro.
Gusti e abitudini sono a disposizione degli inserzionisti per permettere
alla piattaforma di monetizzare, prassi autorizzata dagli stessi utenti
quando accettano le condizioni d’uso. Ma quanto vale per Facebook un
suo utente? I numeri ci sono. Precisamente, per Facebook un utente
europeo nel quarto trimestre del 2017 valeva 8,86 dollari. Molto meno
rispetto a uno degli Stati Uniti e del Canada, dove di dollari ne vale
26,76. Nella regione dell’Asia e del Pacifico, si scende a 2,54 dollari
fino a 1,86 nel resto del mondo. In media, quindi, un utente del social
network fondato da Mark Zuckerberg vale globalmente 6,18 dollari a
trimestre, circa 20 all’anno.
La quasi totalità della cifra deriva
dalla pubblicità. Il calcolo viene fuori dalle cosiddette revenue –
generating activities, le attivitià che generano ricavi. Per la
definizione, bisogna spulciare il rapporto annuale che Facebook invia
alla Sec, l’ente federale statunitense che vigila sulla Borsa.
“Generiamo sostanzialmente tutte le nostre entrate dalla pubblicità – si
legge – . I nostri introiti pubblicitari vengono generati visualizzando
i prodotti pubblicitari su Facebook, Instagram, Messenger, siti web
affiliati di terze parti o applicazioni mobili”. Gli inserzionisti
pagano per i prodotti pubblicitari direttamente o attraverso le loro
relazioni con le agenzie pubblicitarie, in base al numero di impressioni
pubblicate o al numero di azioni, come i clic, prese dagli utenti:
“Riconosciamo le entrate derivanti dalla visualizzazione di annunci
basati sulle impressioni nel periodo contrattuale in cui vengono
pubblicate. Le impressioni sono considerate consegnate quando un
annuncio è visualizzato da un utente. Riconosciamo le entrate derivanti
dalla pubblicazione degli annunci nel periodo in cui un utente
intraprende un’azione per la quale l’inserzionista ha stipulato un
contratto”. A seconda del dettaglio e della tipologia dell’inserzione
varia il prezzo per l’inserzionista. Le scarsissime altre entrate della
piattaforma derivano dalle commissioni che ricevono dagli sviluppatori
che utilizzano l’infrastruttura di pagamento e dalle commissioni (“che
non sono state significative negli ultimi periodi”, specifica Facebook)
derivanti dalla fornitura di dispositivi con piattaforma di realtà
virtuale.
Non esistono numeri ufficiali su quanti annunci
pubblicitari circolino sul social network. A metà del 2017 Facebook
aveva annunciato di aver raggiunto quota 5 milioni di inserzionisti ogni
mese (erano 3 milioni a marzo del 2016, 4 milioni a settembre dello
stesso anno). Questo significa che, sempre in media, ogni inserzionista
ha investito in pubblicità su Facebook circa 667 dollari al mese, 8 mila
circa all’anno. Tra il 2016 e il 2017 la percentuale di crescita tra
ricavi e utenti non è stata armonica: i ricavi sono saliti di circa il
48 per cento mentre la popolazione online è lievitata del 16 per cento.
Se infatti una buona parte dell’efficacia di una pubblicità su Facebook
(e quindi del suo costo) dipende dal numero di persone che raggiunge,
un’altra buona parte dipende dal livello di personalizzazione di quella
pubblicità: più è targettizzata, più costa, più è richiesta, più costa,
più è specifica, più costa. Gli utili, invece, seppur in positivo sono
cresciuti molto meno rispetto al 2016, anno in cui sono aumentati del
180 per cento. Facebook lo aveva ammesso: era stato raggiunto il numero
massimo di inserzioni possibili per non danneggiare l’esperienza degli
utenti. E quest’anno lo ha ribadito: le modifiche all’algoritmo che
permettono agli utenti di vedere prima di tutto quanto condiviso da
amici e familiari produrrà una minor crescita dei ricavi. È inevitabile.
Se
si guarda poi agli utenti attivi mensili – pur tenendo conto della
possibilità di account fasulli – ci si accorge che nell’ultimo trimestre
del 2017 sono meno là dove i ricavi sono maggiori, cioè Usa e Canada
(239 milioni, mentre sono 828 in Asia). A influire sul costo delle
inserzioni quindi è la loro provenienza, i destinatari e il livello di
personalizzazione applicato. Le opzioni di pagamento a Facebook sono
comunque diverse: c’è il costo per click, ovvero il pagamento solo se
qualcuno interagisce con l’inserzione; il costo per mille, ovvero il
pagamento ogni volta che Facebook avrà mostrato la pubblicità a 1000
persone (il più economico); il costo per azione, che dipende da cosa si
vuole che gli utenti facciano e il costo per i “mi piace”, che si paga
solo quando qualcuno mette un “mi piace” sulla pagina. AdEspresso, una
società che si occupa di ottimizzare la pubblicità online, ha effettuato
dei calcoli basandosi sui suoi dati del 2015 e del 2016. In media, il
costo per clic a marzo 2016 era di circa 28 centesimi, poco più di 30
quella per i “mi piace”, 1,75 dollari per azioni personalizzate, come ad
esempio una app installata. Una piattaforma al confine tra il social
network e l’agenzia pubblicitaria. D’altronde è la stessa Facebook ad
ammetterlo nei suoi rapporti: tra i suoi competitor annovera, infatti,
“le aziende che vendono pubblicità”.