Repubblica 28.3.18
Archeologia
Geo-alpinisti dall’Italia al Siq “Proteggiamo il cuore di Petra”
di Gianluca Di Feo
PETRA
(GIORDANIA) I l Siq è il cuore delle meraviglie di Petra, la città
costruita duemila anni fa nel deserto giordano. Un canyon, lungo più di
un chilometro e profondo anche 70 metri, che conduce a uno dei tesori
archeologici mondiali. Nelle scorse settimane, subito dopo l’alba, i
primi turisti che sciamavano verso le tombe colossali potevano
incontrare un gruppo di tecnici italiani, con le tute da rocciatori e la
stanchezza di una notte faticosa. Sono i protagonisti di un’impresa che
unisce ingegneria e alpinismo, specialisti unici a cui l’Unesco ha
affidato la cura del cardine più delicato di tutta Petra: la gola tra
due montagne con l’unico accesso alla capitale dei nabatei, popolo
nomade che si era arricchito con le carovane di incenso.
Nel 2009 è
scattato l’allarme rosso per le condizioni del Siq: un blocco
minacciava di staccarsi per l’effetto di secoli di escursione termica e
di piogge torrenziali, improvvise e devastanti. C’era il rischio di
frane, pericolosissime perché potevano precipitare sul passaggio
obbligato percorso in certi anni da 900 mila visitatori. L’ufficio di
Amman dell’Unesco è riuscito a superare le preoccupazioni delle autorità
giordane e con il finanziamento messo a disposizione dal nostro
ministero degli Esteri attraverso Aics ( Agenzia Italiana di
Cooperazione allo Sviluppo) ha lanciato un’operazione senza precedenti.
Perché bisognava mettere in sicurezza massi giganteschi, lavorando
aggrappati allo strapiombo senza alterare il sito archeologico, né
ostacolare il via- vai dei turisti.
Giorgia Cesaro, responsabile
Unesco del progetto, descrive un capolavoro di diplomazia per mettere
d’accordo il Dipartimento delle antichità giordane, i responsabili del
parco archeologico, le diverse comunità locali e le esigenze del
cantiere: «Ma quando li abbiamo portati sulla sommità del Siq, tutti
hanno sentito la fragilità della roccia e hanno capito » . Il
coordinamento tecnico è stato assegnato a Giuseppe Delmonaco, geologo
dell’Ispra che si è occupato di Machu Picchu, di Civita di Bagnoregio e
di altri capolavori dalle fondamenta instabili.
La prima fase è
stato il check- up del Siq, usando immagini satellitari e foto aeree,
confrontando informazioni topografiche e meteorologiche. Poi è stato
realizzato un sistema di monitoraggio, composto anche da 65 minuscoli
prismi e 6 strumenti sulle crepe di massi instabili, sentinelle che
“vigilano” e trasmettono i dati a una centrale. Pure in questo caso,
ideazione e tecnologia made in Italy ma affidate alla gestione di
personale locale per completare la mappa dettagliata dei punti a
rischio.
Quindi si è passati alla pulizia da detriti e piccoli
blocchi, fatti precipitare o riutilizzati per costruire mini-
terrazzamenti sulle pareti che rallentano la pioggia. Gli specialisti
italiani sono stati affiancati da un team di rocciatori di Amman ma
soprattutto è stata addestrata una squadra di beduini locali, abilissimi
nell’arrampicarsi sulle pareti ma senza esperienza di interventi
professionali. «Gli abbiamo insegnato come procedere alla pulizia dei
detriti, spiegando alle autorità locali che va ripetuta due volte
l’anno», racconta Delmonaco. Che, come Giorgia Cesaro, sottolinea
l’importanza di avere trasmesso le competenze al personale giordano.
Poche
settimane fa è incominciato il lavoro più difficile: ancorare i massi
più grandi a rischio distacco, partendo da un blocco da 40 tonnellate.
L’Unesco l’ha affidato alla Orbari, eccellenza trentina nei
consolidamenti in situazioni estreme guidata da Elio Orlandi, uno degli
alpinisti più noti a livello internazionale. In bilico sullo strapiombo,
hanno fissato il masso con reti, barriere e ancoraggi coperti con
colori dell’arenaria di Petra. «Abbiamo finito in anticipo, agendo
soprattutto di notte e realizzando un tunnel- impalcatura per non
intralciare il flusso dei turisti né quello di asini e carretti usati
dai beduini», conclude Delmonaco.
Adesso c’è da completare
l’opera. L’Unesco sta cercando i finanziamenti, poi i tecnici torneranno
ad arrampicarsi sulle pareti del Siq. Per conservare intatto lo
splendore di Petra.