Repubblica 28.2.18
Intervista a Delphine Horvilleur, 44 anni, una delle tre donne rabbine di Francia
“Ora l’antisemitismo nasce anche dai figli degli immigrati”
Si è diffusa un’idea mortifera: molti cittadini si riconoscono più in un gruppo religioso che nella collettività
di Anais Ginori
Di che cosa stiamo parlando
Dopo
 l’arresto dei due principali sospettati dell’omicidio di Mireille 
Knoll, tra cui il vicino di casa, oggi è prevista una “marcia bianca” in
 memoria della vittima e contro l’antisemitismo. Molti politici hanno 
previsto di partecipare al raduno. Knoll, 85 anni, superstite della 
Shoah, è stata uccisa venerdì con undici pugnalate e poi è stato 
appiccato il fuoco nel suo appartamento parigino. La procura indaga per 
omicidio con l’aggravante dell’antisemitismo.
PARIGI 
«La battaglia contro l’antisemitismo non è un problema solo degli ebrei,
 è qualcosa che deve mobilitare tutta la società francese». Delphine 
Horvilleur, 44 anni, appartiene al Mouvement juif libéral ed è una delle
 tre donne rabbine di Francia. «Sono sotto choc. Purtroppo è solo 
l’ultimo di una lunga serie di attacchi contro gli ebrei», commenta 
Horvilleur, autrice di un dialogo sulle religioni insieme all’islamologo
 Rachid Benzine, e di un altro libro, “Come i rabbini fanno i bambini”, 
appena tradotto da Giuntina. Lunedì Horvilleur è stata ricevuta 
all’Eliseo da Emmanuel Macron insieme all’imam danese Sherin Khankan.
La Francia ha un problema con gli ebrei?
«C’è
 una situazione oggettiva: qui la comunità ebraica e quella 
arabo-musulmana sono più numerose che in altri paesi. Si aggiunge una 
ragione più profonda e recente. Negli ultimi anni si è diffuso un 
comunitarismo mortifero in cui molti cittadini si riconoscono più in un 
gruppo religioso che nella collettività nazionale, vogliono contrapporre
 diverse identità, rompendo così il modello di coesione sociale su cui 
si è costituita la République».
Qual è la novità dell’antisemitismo di oggi rispetto ad altri periodi storici?
«Non
 c’è più solo il vecchio antisemitismo di estrema destra. Al livello 
sociologico la novità sono i figli di immigrati arabo-musulmani, 
abbeverati da prediche di alcuni esponenti religiosi. È una riflessione 
estremamente sovversiva, ma bisogna affrontarla. Solo un cieco può 
negare che esiste un antisemitismo nuovo e galoppante tra questi 
ragazzi».
Cosa si può fare?
«Per quanto mi riguarda, c’è una
 responsabilità teologica. Si sente molto parlare sui social dei 
versetti antisemiti del Corano, sia da chi fomenta l’integralismo sia da
 chi vuole additare l’Islam come una religione antisemita. Bisogna 
combattere entrambi le interpretazioni. Io ad esempio ho lavorato molto 
insieme a islamologi per ricontestualizzare questi riferimenti del 
Corano».
Parteciperà alla manifestazione a Parigi?
«Spero 
che non sarà un raduno di soli ebrei francesi. Non dovremmo ragionare in
 termini di singole comunità, ma di un’unica comunità nazionale. Oltre 
al dolore per quanto accaduto, molti di noi provano un sentimento di 
rabbia».
Rabbia provocata da cosa?
«In queste ore riceviamo 
condoglianze e attestati di solidarietà, come se questo efferato 
omicidio fosse una faccenda che riguarda solo gli ebrei. È un problema 
della Nazione. Mireille non è mia nonna, è la nonna di tutti i 
francesi».
L’anno scorso la giustizia aveva aspettato mesi prima 
di riconoscere il movente antisemita nell’omicidio di un’altra donna 
ebrea, Sarah Halimi. Come mai?
«È stata un’incomprensibile 
lentezza, forse perché l’omicida di Halimi era uno squilibrato. Ma si 
può essere pazzi e antisemiti. Anzi, dovremmo chiederci perché sempre 
più squilibrati si nutrono dell’odio contro gli ebrei».
Ce lo dica lei: perché?
«L’antisemitismo
 è come una corrente sotterranea che riappare in alcuni periodi della 
Storia. Ogni volta che una Nazione vive una crisi, si riattiva 
un’invidia ancestrale, una gelosia viscerale, un immaginario collettivo 
in cui l’ebreo viene descritto come qualcuno a parte, privilegiato 
culturalmente, economicamente, socialmente. Per un osceno paradosso chi 
commette crimini antisemiti non si sente colpevole, perché spesso pensa 
di vendicare un’ingiustizia, un’umiliazione».