domenica 25 marzo 2018

Repubblica 25.3.18
Dopo Parkland
La giovane America invade Washington per fermare le armi
Emma commuove gli Usa con 6 minuti e 20 secondi di silenzio, la durata della strage cui è sopravvissuta. Ecco un milione di “ basta”
di Anna Lombardi

WASHINGTON «Sei minuti e 20 secondi: tanto è durata la strage di Parkland. Tanto è bastato a uccidere diciassette amici. Carmen, che non si lamenterà più con me delle lezioni di piano. Erin, che non chiamerà più Kia “ la mia little Miss Sunshine”…. » . Diciassette morti: ogni nome un mai più.
Il mondo salvato dai ragazzini? Non hanno l’età per comprare una birra. Figuriamoci per votare. Ma quando alle due e trenta del pomeriggio Emma Gonzalez sale sul palco di Pennsylvania Avenue sistemato proprio di fronte al Campidoglio è subito chiaro che quello che ha in mente è una rivoluzione. Pochi minuti prima la sua compagna di classe Samantha Fuentes ha trasformato Happy Birthday in un inno di lotta: spingendo la folla a cantare per Nicholas Dworet, caduto a Parkland, che oggi avrebbe compiuto 18 anni. E Yolanda Renee King, la bisnipote del reverendo Martin assassinato 50 anni fa in questi giorni, dice di avere anche lei un sogno: « Un mondo senza dalle pistole » . Ma quando Emma ricorda quei diciassette compagni che non ci sono più, il milione e passa di ragazzi che fin dal mattino hanno riempito le strade di Washington esplode in un boato: « Mai più». E piangono assieme alla coraggiosa diciottenne che all’indomani della strage nella sua scuola ha dato il via alla protesta: conquistando, con i suoi compagni, perfino la copertina di Time di questa settimana. Per sei minuti e venti secondi Emma Gonzalez costringe l’America a guardarla negli occhi: restando in silenzio a testa alta con i lacrimoni che vengono giù.
«Questi ragazzi faranno la differenza » , dice a Repubblica Cathy Myers, insegnante d’inglese a Janesville, Winsconsin, ma anche la candidata democratica che alle elezioni di mid- term si prepara a sfidare lo speaker della camera Paul Ryan: « Da sempre in questo paese i grandi cambiamenti arrivano quando i giovani scelgono di unirsi». Per partecipare a una manifestazione che ha riempito all’inverosimile le strade della capitale tanto che alla fine si marcia sul posto, sono arrivati da tutta l’America. E pazienza se Donald Trump, il presidente che ora vorrebbe armare gli insegnanti, non è in Casa. Quella Bianca, s’intende; in ritiro a Mar-a-Lago con Melania infuriata per la storiaccia delle pornostar. Poco più tardi twitterà la sua solidarietà con la Francia: dimenticando che cosa accade qui. Sono arrivati coi gli insegnanti, i genitori. E perfino nonne come Mary di Buffalo, 82 anni, 8 figli e 35 nipoti: molti dei quali la circondano. « Voglio godermeli, non piangere ai loro funerali ». Sommersa dalla folla Rachel, 16 anni di Cleveland, Ohio, tiene alto un cartello sulla testa: « Non negozierete sulla mia vita » . Andrew, 9 anni, arrivato da Miami con i genitori stringe serio il suo striscione: « Sono un bambino, non un target » . E Luke, 14 anni di Washington, fa un ragionamento che non fa una piega: « Se usi il Kalshnikov per cacciare un cervo, pratichi il tuo hobby in maniera sbagliata». Ci sono anche Troy e Terry, gemelli afroamericani di Albany, Georgia. «Siamo qui per ribadire che tutte le vite contano».
A guardarsi intorno sembra una gigantesca gita scolastica, con i ragazzi che ballano al ritmo della musica di Ariana Grande e compagnia sparata dai venti maxischermi lungo il percorso: ma a riportarti alla realtà è la spoon river sui cartelloni. I nomi dei ragazzi morti a Columbine, 1999. Alla scuola elementare di Sandy Hook, 2012. A Virginia Tech, 2007. « Quanti dovranno morire ancora? » , dice Lindsey White, 19 anni che si asciuga le lacrime con un gesto stizzito. « Sono di Parklad anch’io. È la prima marcia della mia vita: ho capito che siamo noi a dover cambiare le cose». Dal palco Cameron Kasky, un altro dei giovani leader di Parkland glielo promette. «Vi costringeremo a creare un mondo migliore per le generazioni a venire».