domenica 25 marzo 2018

La Stampa 25.3.18
L’America degli studenti in piazza contro le armi
Più di ottocento le manifestazioni negli Usa e nel mondo Per la prima volta protagonisti i giovani. Vip e star alla marcia
di Francesco Semprini

#Neveragain #Enoughisenough #Orange. Sono le parole d’ordine che hanno scandito le centinaia di marce contro il far west delle armi da fuoco organizzate ieri in tutti gli Stati Uniti. «March for Our Lives», questo il senso della manifestazione globale che ha visto protagonisti i giovani, centinaia di migliaia. C’erano i sopravvissuti della strage di San Valentino a Parkland in Florida, dove per mano di un ex studente 19 enne sono morte 17 persone e altre 16 sono rimaste ferite. Come Cameron Kesky che dal palco di Washington dice: «Questo è il giorno in cui comincia un nuovo lucente futuro per gli americani». Sono state oltre 800 le marce per la vita organizzate in ogni Stato Usa, e in ogni continente del Pianeta, mobilitazioni che hanno riguardato anche Roma, Milano e Firenze, oltre a Parigi, Madrid, Tokyo, Londra, Sidney.
A New York i manifestanti hanno sfilato in arancione - il colore ufficiale delle associazioni che si battono per il controllo delle armi da fuoco - facendo rotta verso Central Park. A Parkland gli studenti si sono ritrovati a poco più di un chilometro dal luogo della strage del 14 febbraio, urlando «Enough is enough!», «quando è troppo è troppo». È la capitale D.C. che ha ospitato la manifestazione più imponente, 500 mila persone attese, che hanno marciato al grido «Never again», «Mai più». Un grido rivolto ai politici «ostaggi» del loro immobilismo e delle lobby di settore come la Nra. Tante le celebrità che si sono unite alla marcia. George Clooney ha donato agli organizzatori 500 mila dollari (cifra promessa anche da Oprah Winfrey e Steven Spielberg) ed ha sfilato a Washington con la moglie Amal. «Il fatto che nessun adulto parla sul palco a DC è un potente messaggio inviato al mondo - dice la star di Hollywood -, se noi non facciamo qualcosa contro la violenza delle armi da fuoco allora lo farete voi».
Ci sono anche Miley Cyrus e Jennifer Hudson, mentre l’ex Beatle Paul McCartney è New York: «Uno dei miei migliori amici è stato ucciso da un’arma proprio qui vicino», spiega ricordando John Lennon, assassinato nel 1980 a Manhattan, proprio davanti Central Park. Ai ragazzi in corteo si rivolge Barack Obama sul suo profilo Twitter: «Michelle e io siamo molto ispirati da tutti i giovani che hanno fatto le marce di oggi. Continuate così. Siete la nostra guida».
Sono 187 mila - secondo le statistiche - i giovani sottoposti a violenze con pistole e fucile dalla tragedia di Columbine, nel 1999. «Questo non è un momento, questo è un movimento», dice una studentessa a Boston. Jaclyn Corin, 17 anni è tra le organizzatrici della scuola della strage in Florida: «Non abbiamo nulla da perdere, non abbiamo un’elezione da vincere, abbiamo solo le nostre vite da proteggere». Sempre a Parkland, Sari Kaufman, avverte: «Pensano che siano solo parole, ora passiamo all’azione, benvenuti alla rivoluzione». Si pensa già al dopo, con alcuni attivisti che hanno indicato nel 20 aprile la data della prossima mobilitazione nazionale in coincidenza con il 19 esimo anniversario di Columbine. Marciare per non morire, ma anche per mettere in guardia i politici che, se non si daranno una mossa, il prossimo voto sarà un referendum sulle armi più che un’elezione. Molti dei giovani in marcia ieri voteranno già al Midterm di novembre, tra parte sono contro le armi.
Un messaggio rivolto all’amministrazione di Donald Trump e al Congresso maggioranza repubblicana. Dalla Casa Bianca solo una nota: «Applaudiamo il coraggio di tanti giovani americani che esercitano i diritti previsti dal primo emendamento». Diritti esercitato anche da si appella al diritto previsto il secondo emendamento, quello all’autodifesa. Quel popolo delle armi che sempre ieri ha sfilato tra Salt Lake City, Greenville ed Helena, stringendo in una mano i loro bambini e nell’altra la loro pistola.