lunedì 26 marzo 2018

Repubblica 25.3.18
Intervista a Domenico De Masi
“Il patto con la Lega è contro natura e rischioso l’elettorato 5S è più volatile”
di Paolo G. Brera


ROMA Ecco, Luigi Di Maio ha vinto le elezioni e ha subito smesso di parlare del reddito di cittadinanza. Ora parla di Fornero, Welfare per le famiglie, disoccupazione...
«In questa fase anch’io, se fossi in ballo, eviterei di scoprire le carte.
Cercano di capire cosa possono fare, più che dire cosa vogliono» afferma Domenico De Masi, sociologo, tra gli intellettuali più vicini al M5S.
Intanto Di Maio flirta con Salvini per il peccato originale?
«Hanno due basi di riferimento diverse, cui hanno fatto promesse diverse. Il M5S ha promesso lavoro, reddito di cittadinanza, riduzione dei costi della politica e lotta alla criminalità organizzata. Al Nord interessa la difesa dei diritti acquisti, il lavoro che già esiste, le politiche su immigrazione e sicurezza: temi della Lega molto più che del M5S».
L’appoggio a un governo di
centrodestra sarebbe un tradimento?
«La base di riferimento del M5S sono disoccupati, poveri, operai, periferie: se il Movimento vuole sopravvivere deve fare cose che servono a questo elettorato, e non mi pare che la destra abbia mai pensato a poveri, disoccupati e operai. Questa operazione di ingannare il proprio elettorato di sinistra l’ha fatta Renzi, e s’è visto com’è andata a finire. Preso in mano un partito votato ancora da proletariato e piccola borghesia, ne ha modificato i contenuti e ora ha i voti dei Parioli. Come ha insegnato papa Francesco i poveri sono più dei ricchi, e se scegli i ricchi trovi Berlusconi che ne ha già alcuni, poi Salvini che ne ha altri...».
Definendo obiettivi comuni?
«No, è contro natura. Contraddice le basi e i programmi. Si trovano sempre punti comuni, ma sono più le distanze. Sarebbe naturale un governo delle destre, che hanno vinto in coalizione, con il M5S all’opposizione».
Hanno trovato l’accordo sui presidenti...
«Beh, è diverso. Camera e Senato spesso sono andate una al governo e una all’opposizione, pensi a Nilde Iotti con la Dc al governo».
Di Maio ora parla di aiuti ai giovani disoccupati. Il reddito di cittadinanza è irrealizzabile?
«Lo chiamano così ma in realtà è un reddito di inclusione, perché richiede si accertino diverse condizioni. Con sei milioni di persone sotto la soglia di povertà assoluta occorrerebbe realizzare una struttura ciclopica, servirebbero anni. Come fai a mandare sei milioni di persone a corsi di formazione che non esistono? Chi li tiene? Gli uffici del lavoro quando ci sono non hanno nemmeno il computer».
Quindi?
«Si può fare solo il vero reddito di cittadinanza, senza condizioni. Si dà a tutti perché creare la struttura dei controlli costerebbe di più».
Ma Di Maio e il M5S parlano di altro: niente soldi a chi sta con le mani in mano, dicono.
«Chiamano cittadinanza quello che esiste in molti paesi e che Gentiloni ha chiamato reddito di inclusione».
Quindi ha promesso ciò che ha già fatto Gentiloni e che oltretutto non riuscirà a fare?
«Anche la versione di Gentiloni, limitata a 1,2 milioni di poveri, non credo stia funzionando».
Gli conviene non andarci per niente, al governo.
«Credo sperino di non andarci sia Di Maio che Salvini, ma sono condannati a fingere. Neppure la Lega avrebbe numeri per fare le cose che ha promesso. Ma c’è una differenza tra i due: l’elettorato della Lega è meno volatile di quello M5S. Soprattutto quello veramente povero del Sud va di volta in volta dove gli si danno speranze, se si delude andrà altrove».
Una fase pericolosa, per il Movimento?
«Si sono dati chiarezza e trasparenza come valore, non puoi promettere reddito di cittadinanza e poi dare un piccolo aiuto ai giovani... Se governano devono fare quello che hanno promesso».
Hanno esagerato?
«Si dice: dove li prendono i 17 miliardi che costerebbe? In realtà ci sono, nel bilancio dello Stato, ma devi fare come quando c’è un terremoto. Se è una priorità sono i ragionieri a dover capire dove toglierli. Ma il bilancio è fatto per la popolazione che mangia, non per quella che non mangia più: se i sei milioni di poveri si infuriassero, i soldi si troverebbero. Il Welfare lo inventò Bismarck, che non era di sinistra: stavano per arrivare il 1917 e la rivoluzione sovietica, lo fecero per ridurre la reazione violenta degli operai».
Vale lo stesso per il reddito di cittadinanza?
«Non si può tirare troppo la corda.
Nel 2007 in Italia 10 famiglie avevano la ricchezza di 3,5 milioni di italiani. Dopo la crisi, le stesse 10 famiglie hanno la ricchzza di 6 milioni di italiani. La corda è tesa».
Comprendo che Di Maio tenga le carte coperte.
Il reddito di cittadinanza vero è per tutti, non soggetto ai controlli che selezionano il diritto
Domenico De Masi, 80 anni, professore emerito di Sociologia del Lavoro all’Università La Sapienza