Repubblica 24.3.18
Il nuovo Consigliere per la Sicurezza nazionale
Bolton, il falco dell’America
di Vittorio Zucconi
Trump
ha scelto un piromane per fare la guardia alla raffineria nucleare
americana. John Bolton, il settantenne incendiario della destra più
bellicosa, che vede nella guerra la soluzione di tutti i problemi e
sogna di bombardare subito la Corea del Nord e l’Iran, è il nuovo
Consigliere per la Sicurezza nazionale chiamato dal presidente a essere
colui che affianca, consiglia e guida il Comandante supremo nelle
decisioni di vita o di morte più delicate. È seduto al posto che nel
film di Kubrick occupa il dottor Stranamore.
«La nomina di Bolton
non deve preoccupare, deve terrorizzare» ha commentato il senatore
democratico del Connecticut Chris Murphy e dietro l’iperbole politica di
un oppositore di Trump c’è il curriculum di un fanatico che in tutta la
sua vita e la sua lunga carriera nel governo e nelle fondazioni private
ha sempre predicato l’uso della forza, senza curarsi delle conseguenze.
Ieri, mentre si spargeva la voce che Bolton avesse “rinunciato” al
proposito più volte ripetuto di attaccare la Corea del Nord e di
raccomandare altre operazioni militari, lui stesso ha immediatamente
smentito: «Non ho mai detto al presidente che non intendo suggerire di
fare guerre». La guerra è l’orizzonte culturale e ideologico del
“tricheco” come è stato soprannominato per i suoi baffoni, un tricheco
mannaro.
Fanatico oltre i confini della realtà, ancora oggi
accanito difensore della catastrofica invasione dell’Iraq alla caccia di
inesistenti armi di distruzione di massa che pure Trump aveva
condannato in altre epoche, cieco di fronte all’evidenza di fatti che
contraddicano le sue opinioni — sostiene ancora oggi che quegli arsenali
esistevano — il pilastro delle sue convinzioni è che gli Stati Uniti
abbiano il diritto di intervenire militarmente dove e quando vogliono,
incuranti delle conseguenze. Come tutti i “falchi” in abiti civili, che
non hanno mai visto altre guerre che in televisione e dunque non ne
conoscono i rischi e i costi umani, anche questo signore dall’aria
ingannevolmente mite e paterna, gioca dal caldo del proprio ufficio un
risiko nel quale loro non rischiano niente.
Prodotto del gruppo di
nazionalisti ultraconservatori, i neocon che nella prima decade del
Duemila infestarono e dominarono la politica estera di George W. Bush
fino all’avventura irachena, Bolton sarà la persona che più di ogni
altra frequenterà lo Studio ovale, il primo che lui incontra al mattino e
l’ultimo che lascia alla sera. Trump lo ha scelto, al posto del severo
generale Mc-Master, ultimo caduto di una Casa Bianca dove funzionari e
assistenti volano ogni giorno come le poetiche foglie sugli alberi
d’autunno, perché gli è simpatico, gli piace sul piano personale, perché
ne ammirava le tirate polemiche soprattutto anti Obama — l’ossessione
del presidente — dagli schermi della Fox News, l’universo asfissiante e
fazioso nel quale il presidente respira quotidiane boccate di aria
tossica per auto gratificarsi.
Dunque colui che vedrà Trump molto
più della sempre più algida e lontana First Lady, colui che sussurrerà
all’orecchio di un immaturo settantenne che subisce scarti d’umore da
adolescente in preda a tempesta ormonale, è un teorico della guerra
continua, dello sparare prima e poi vedere. Dagli studi della Fox, dalle
pagine dei quotidiani ai quali manda i suoi esplosivi editoriali, ha
invocato « cambio di regime » in Iran, la formula classica dei neocon
che tanti effetti sciagurati ha prodotto nel mondo arabo, e annullamento
del trattato per il controllo del riarmo atomico. Ha disegnato una
tripartizione del problema palestinese risolto affidando la Striscia di
Gaza all’Egitto, quello che resta dei Territori alla Giordania e
cancellando ogni ipotesi di Stato sovrano per i palestinesi. Chiede da
mesi un massiccio bombardamento della Corea del Nord, ignorando le stime
del governo di Seul e del Pentagono che calcolano in 20 mila i morti
soltanto nel primo giorno, in Corea del Sud per le rappresaglie del
Nord. E questo mentre il suo nuovo boss — Trump — annuncia
inaspettatamente l’incontro in maggio con Kim Jong- un, nel solito
groviglio di contraddizioni che confonde questa amministrazione
americana.
La nomina di un incendiario a guardia dell’arsenale
nucleare, nella carica che Truman volle nel ’ 47 proprio per controllare
senza consultazioni o approvazione del Parlamento, che non deve
occuparsi della poltrona di Stranamore, le scelte di guerra o di pace,
sta gettando nel panico anche la destra repubblicana più lucida, quella
che si era illusa di essersi sbarazzata dell’ala allucinata del
trumpismo con la cacciata di Steve Bannon, il deposto Rasputin della
campagna elettorale. Bolton è un Bannon a mano armata, un guerriero che
come tutti i guerrieri da scrivania evitò con cura di combattere,
sfuggendo alla leva in Vietnam e che sogna una quotidiana sinfonia di
bombe, missili, rovine, per affermare la potenza inarrestabile e
incontrollabile dell’America, in un grande continuo incendio
apocalittico. Lui figlio di un vigile del fuoco di Baltimora.