Repubblica 24.3.18
Foto e disciplina nell’aula gialloverde delle matricole
Pd e Leu siedono in uno spicchio bonsai
Gli eletti dei Cinquestelle stavolta vestono come boiardi di Stato mentre la Lega è un’orchestra perfetta
La malinconia dei reduci. E Gasparri immortala “chi c’era nel 1992”
di Alessandra Longo
ROMA
Piccoli piccoli, quasi rannicchiati nei loro scranni. Bersani e
Speranza alla Camera con altri 12, Vasco Errani e Loredana De Petris al
Senato con un comitato ancora più ristretto. Fotografia impietosa del
primo giorno della diciottesima legislatura. Le truppe di Liberi e
Uguali sono queste: 14 a Montecitorio, 4 a Palazzo Madama. Nel conteggio
sono inclusi i due ex presidenti delle Camere, Boldrini e Grasso, scesi
dall’Olimpo, uguali fra gli uguali.
I posti non sono ancora
assegnati, come per i biglietti low cost di Ryan Air. Ognuno può
mettersi dove vuole. Ma la sinistra va a sinistra inseguendo l’istinto.
Quelli di Leu, e subito accanto il Pd dimezzato, mutilato. Uno
spicchietto infimo dell’emiciclo, l’immagine plastica e crudele dello
tsunami elettorale, anche se poi Renzi gigioneggia al Senato come se non
fosse successo nulla di tragico. Però, basta guardare le centinaia di
scranni destinati a Lega e Cinque Stelle. Un Parlamento di neofiti per
più del 60 per cento, ad alto tasso populista-sovranista. Il colpo
d’occhio è molto diverso dalla precedente legislatura quando i giovani
grillini arrivarono con gli zainetti, le magliette No Tav, e non
applaudivano beffardi i passaggi istituzionali.
Neodeputati e
neosenatori ora vestono come consumati boiardi di Stato. Solo qualche
selfie da mandare agli amici, per il resto stile sobrio, disciplina
ferrea. Al Senato i leghisti sono un’orchestra (nelle riunioni
preliminari hanno dovuto abbandonare i cellulari nel guardaroba e
rinunciare persino al bagno). Compattezza dimostrata subito con il voto
alla Bernini. Pensare che Renato Brunetta aveva dettato il pronostico:
«Fino a domani non succede nulla». Come se la ride adesso Calderoli, in
scarpe da ginnastica. E quanto trafficano con i telefonini gli altri,
spiazzati dalla mossa di Salvini. L’ormai leader assoluto del
centrodestra passa per votare davanti a Renzi, circondato da Cirinnà,
Fedeli e Pinotti. «Ti presento un pezzo di vera opposizione», gli dice
l’ex premier. Piacere mio, risponde Matteo il sovranista, top player
della giornata.
Riti surreali della politica. Il premio Nobel e senatore a vita Carlo Rubbia non capisce, non condivide: «Una giornata persa.
Per fortuna ho mangiato bene dalla Gina».
A
Montecitorio, una volta i capannelli erano tutti per Berlusconi, ora le
telecamere inseguono Emilio Carelli, star del M5s. Non ci sono più Rosy
Bindi, né Gianni Cuperlo, resiste invece Nico Stumpo, ora Leu, che si
prende anche due voti nel segreto dell’urna («Io non mi sono votato»,
precisa). Nichi Vendola, ospite, si aggira rabbioso in cappotto pensando
alla Puglia di Emiliano: «È un pusillanime che non si prende mai una
sola responsabilità».
Fende la ressa Renata Polverini, con tutore e
stampelle. È inciampata in una buca della capitale. No, non c’è la
leggerezza del primo giorno di scuola. «Che malinconia», confessa
Beatrice Lorenzin ad Andrea Orlando, tutti e due ministri in uscita.
Sull’onda dei ricordi Maurizio Gasparri, che pure non è un romantico,
organizza al Senato la foto di chi c’era nel ‘92. Sorridono per
l’obiettivo La Russa, Casini, Napolitano, che tiene sotto braccio Bossi,
e Calderoli. Assenti ingiustificati Marcucci e Bonino.
L’album di
famiglia è cambiato, per sempre. Riecheggiano pochi cognomi della
storia politica passata. Ecco Stefania Craxi, senatrice. «Craxi
presente», scandisce l’ufficio di presidenza.
Vota Isabella Rauti,
Fratelli d’Italia. «Rauti presente!». E lei: «Penso a mio padre. Sono
commossa». Dispiace molto ad Antonio Razzi non essere più della partita:
«Se qualcuno penserebbe che non mi manca il Senato si sbaglia».
Casini,
ormai insediato a Palazzo Madama, svela cosa gli è successo a Bologna:
«Dovevo andare alla Casa del popolo e ho sbagliato piano. Sono finito,
nello stesso edificio, ad una riunione di condominio». Risate. Intanto,
nelle stesse ore, Salvini nel retropalco prepara il coup de theatre. E
il Pd, chiuso nel suo spicchio bonsai di emiciclo, in condominio fisico
con i compagni di Leu, sta a guardare.