Repubblica 22.3.18
Dal meeting del 2013 a Londra
La mappa, il lavoro sull’Italia e l’identikit simile a Fdi (e Lega)
Per Cambridge Analytica il nostro paese era da tempo un mercato su cui puntare
Nel 2016 spunta un filmato con la scritta “Scl Italy”. In queste ore però tutti smentiscono
di Gianluca Di Feo Giuliano Foschini Fabio Tonacci
Sul
grande schermo appare una mappa dell’Italia. Lentamente si illuminano
migliaia e migliaia di puntini. Prima azzurri, poi gialli, verdi, rossi.
Ogni puntino, un utente. Ogni utente, un potenziale elettore. Siamo
nella sala conferenze della Scl di Londra, casa madre dell’affiliata
Cambridge Analytica: lavora con i militari britannici, americani e della
Nato, gestendo anche l’offensiva social contro il terrorismo islamico. E
sono quelli che offrono il più avanzato e intrusivo strumento di
propaganda elettorale.
Gli elettori italiani
I colori sullo
schermo sono i “gruppi psicografici”, i votanti selezionati per valori,
stile di vita, interessi, attitudini. I puntini si sovrappongono; non ci
sono territori omogenei, salvo una predominanza di azzurri in Sicilia e
Sardegna. Permettono di individuare i soggetti a cui rivolgere il
messaggio politico del cliente: il modo migliore per indirizzare tramite
web, social o spot tradizionali gli slogan giusti alle persone giuste,
fino ad orientarne il voto. Quelli di Scl spiegano di poter trattare i
dati in modo da profilare anche in aree limitate – una regione o una
singola città – o selezionando interessi molto specifici. Usano il verbo
inglese “manipulate”, che tradotto nella nostra lingua assume un
significato sinistro.
Siamo alla fine del 2013, e ora Repubblica è
in grado di ricostruire quel meeting. Scl ripete agli interlocutori in
sala di avere già operato in Italia, per un partito che «ebbe gli ultimi
successi negli anni Ottanta» e – grazie anche a loro – aveva ottenuto
alle elezioni un risultato superiore alle previsioni.
Sembrano,
dunque, avere già la disponibilità di dati sui votanti italiani. Ma non
spiegano come li hanno avuti. Né fanno nomi del partito per il quale
hanno lavorato. Da maestri della comunicazione quali sono, lasciano
intuire che si tratta di un movimento molto a destra, l’area che in
Europa ha fornito i clienti migliori e più discreti.
La caccia al partito
L’identikit
sembra coincidere con Fratelli d’Italia, fondato nel dicembre 2012 e
premiato solo due mesi dopo dalle urne con nove deputati. Fdi recupera
il vecchio marchio del Msi, la fiamma scomparsa con la Prima Repubblica
ma sempre più forte in Francia con il Front National lepenista, spesso
citato tra i referenti di Scl e di Cambridge Analytica. «Non sappiamo di
cosa state parlando», rispondono dall’ufficio stampa del partito di
Giorgia Meloni.
A cavallo tra il 2012 e il 2013 Fratelli d’Italia stava cercando un modo per costruirsi una reputazione sui social network.
Lo
racconta Marco Baldocchi, dell’agenzia di comunicazione lucchese On Web
che a marzo del 2013 venne contattato da un intermediario di Fli. «Ci
chiesero uno studio sul sentiment online, per individuare i loro punti
di forza e di debolezza. Lo abbiamo realizzato, ma l’intermediario non
si è più fatto vivo».
In queste ore i partiti maggiori
interpellati – Movimento Cinque Stelle, Partito Democratico e Lega–
smentiscono anche solo di avere avuto contatti con i manager della
Cambridge finita sotto inchiesta in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e
forse anche in Italia. Il Garante italiano della privacy, infatti, sta
valutando l’apertura di un’istruttoria.
I sospetti rimangono.
Secondo
Gian Luca Comandini, fondatore del movimento “10 volte meglio” e a capo
di una società di comunicazione che ha gestito le campagne di diversi
candidati alle ultime politche, nel 2016 la Lega di Matteo Salvini pensò
di rivolgersi a Cambridge.
«A quel tempo lavoravo con un
esponente di spicco della Lega e si parlava di contatti con l’azienda
londinese. Non credo però che si concretizzarono».
Il leak del video aziendale
Del
resto che Cambridge Analytica considerasse da tempo l’Italia un mercato
in cui espandersi lo dimostra un video interno girato da uno degli
analisti di Scl Elections, il ramo politico della compagnia.
Documenta
una riunione nella sede di Londra dell’aprile 2016 durante la quale,
stando alla sovrimpressione “Scl Italy?”, si discuteva dell’apertura di
una filiale nel nostro Paese. Nello staff hanno almeno cinque
ricercatori italiani inquadrati come “data scientists”: informatici e
psicologi esperti in ingegneria sociale, laureati in Italia e con master
all’estero.
Giovanni Doni è uno di questi. Su LinkedIn si trova
ancora il suo post, scritto dopo il 4 marzo, intitolato Jeu de Paume. A
proposito di un possibile accordo 5 Stelle-Lega, scrive: «Lasciate che
Robespierre governi, mentre l’Ancient Regime si riorganizza»,
riferendosi a Forza Italia e al Partito democratico. Il Pd conosce bene
le modalità operative di Cambridge Analytica. «Prima del referendum»,
racconta una fonte accreditata del Nazareno, «prendemmo contatti con una
società americana che svolgeva un lavoro molto simile. Volevamo
lanciare la app Matteo Renzi ma ci accorgemmo che questi signori,
installata l’applicazione, davano la possibilità al software di accedere
alla rubrica telefonica dell’utente. Ci sembrò una violazione
importante della privacy. Lasciammo perdere».