giovedì 22 marzo 2018

Il Fatto 22.3.18
“Non saremo mai occidentali: Putin incarna il popolo”
Lo scrittore ribelle e l’ossessione per il potere dei russi, l’orgoglio nei confronti dei “nemici”, i candidati-finti “inventati” da Vladimir
di Michela A.G. Iaccarino


Il bandito della letteratura russa guarda nello spioncino, decide che non c’è pericolo e apre la porta all’ultimo piano di un palazzo giallo, due passi da piazza Majakovsky. Mosca è ancora in pochmelie, sbornia elettorale. Davanti la muraglia di carta dei suoi libri in traduzione, in una delle tre stanze di casa, Limonov sorride pallido.
La prima parola è vybori, elezioni.
Il problema non è come si contano i voti, il problema è la lista dei candidati, un menu preparato dai Servizi di Putin. Candidati scelti unicamente per le loro non qualità, deboli che non avrebbero mai vinto una competizione con lui.
C’è qualcuno che può competere davvero con lui oggi in Russia?
Viviamo in un mondo politico artificiale. Dico quello che nessuno dice: le elezioni sono finite quando i candidati sono stati scelti, tutto il resto non era necessario. Guarda chi sono: Sobchak. Grudinin, che nessuno sa chi è. Un piccolo oligarca capitalista, che si definisce comunista, un non senso. Gli altri sono vecchia guardia, persone finite, monumenti di loro stessi, come Zhirinovski. Quando Putin ha preso la Crimea, ha avuto l’approvazione dei russi, la cosa migliore ora era risparmiare i soldi delle elezioni e nominare Putin di nuovo capo dello stato, perché, in realtà, è proprio quello che è successo.
E adesso?
La Russia diventerà più patriota, nazionalistica. Questo probabilmente è l’ultimo mandato per Putin, credo che sia la fine della sua éra. Ma qualcun altro verrà, e lui o lei, sarà obbligato a seguire i desideri delle popolo: eguaglianza sociale e riunire tutti i russi in uno Stato, come è successo con la Crimea, storicamente russa. Ci amavano tutti prima del 2014, eravamo obbedienti membri della comunità mondiale, leader come Gorbaciov, Eltsin hanno dato all’ovest tutto ciò che voleva. Ora è finita, la Russia vuole la sua parte di potere nel mondo. Insisteremo nel nostro diritto di essere come siamo, dopo Putin qualcuno verrà e obbedirà al popolo, che ora ha influenza, ma non con le elezioni. I russi amano essere una grande potenza, questa è la nostra ossessione, la nostra malattia.
Malattia?
Sì, siamo malati di mania di grandezza. Siamo stati sempre un impero, i grandi della Seconda guerra mondiale, abbiamo preso Berlino, questo ci è andato alla testa. Ma anche al cuore. Possiamo vivere molto male, per essere una grande nazione, è la nostra specialità.
Il popolo russo sa sacrificare la sua felicità per la Grande Madre Russia. E la libertà?
Abbiamo le nostre libertà, molte non sono possibili nemmeno all’ovest, quella politica nemmeno in America, dove ho vissuto. Ma io sono uno scrittore, un politico, non un borghese. La libertà non l’ho ceduta mai, nemmeno in prigione, ho sempre fatto quello che volevo, che si fottessero.
Dalla Russia al Russiagate di Trump.
Se fossi io il presidente russo, ci sputerei sopra. Hai visto invece Putin nelle interviste di Oliver Stone? È costantemente ossessionato dalle relazioni con l’America, con l’Ovest. Gli Usa sono messi male, di cosa cazzo si preoccupa? L’America non vuole dividere il potere, vogliono dettare la politica del mondo, fanno solo finta di non capire la Russia.
Non ci sarà mai un buon rapporto tra Russia e Occidente?
No, non ci sarà mai e non c’è mai stato.
Perché si relazionano alla Russia con valori occidentali?
La verità è che i valori dell’Occidente sono stati distrutti: da loro stessi, dalle circostanze, dai migranti in arrivo in Europa, dal confronto con il mondo islamico, quando sono esplose le torri americane. Ci sarà meno tolleranza, il mondo assomiglia sempre più a una merda, è sempre più razzista, più fascista.
Fascista? Ma c’è Mussolini sul suo anello.
Sì, e allora? Ho anche questi: guarda, un fossile di migliaia di anni fa e un totem primitivo simbolo del potere, li colleziono.
Fossili e totem. Torniamo all’Europa?
Io non c’ero alla fine dell’Impero romano, ma l’Europa mi sembra così adesso. Il risultato della crisi è imprevedibile. Le restrizioni cadono, milioni di migranti arrivano con un’altra cultura. Il poeta russo Lev Gumlev ha studiato la storia della Cina, con le orde dei mongoli che la invadevano costantemente, vivere insieme era impossibile, un massacro continuo. L’Europa probabilmente non legge Lev Gumlev. Solo gli stupidi yankee e gli stupidi europei potevano pensare che il mondo si potesse rendere omogeneo.
L’Europa e la Russia confinano in Ucraina. Lei ha previsto la guerra in Donbass in un’intervista del 1992.
Ho saggezza, ho esperienza. Ho visto cosa è successo in Serbia. L’Ucraina ora è una colonia occidentale, ma se vogliono essere ideologicamente puri, i ragazzi devono restituire le regioni polacche, ungheresi che sono entrate a far parte del loro territorio con il patto Molotov-Ribentropp. Terre conquistate dai soldati sovietici. Se la Russia vuole prendere Kiev, ha le armi per farlo, ma al Cremlino ci sono dei mezzi liberali, che solo nel 2014 con Maidan si sono svegliati e si sono ricordati che erano russi, che dovevano occuparsi di milioni di russi che vivono in Ucraina. Al Cremlino sperano ancora di poter fare patti con l’Ovest. Io credo il contrario, la Russia non farà mai parte del mondo occidentale, che ci guarderà sempre come barbari del nord.
Lei è lo scrittore e combattente russo Limonov, l’eroe del romanzo di Carrère?
Con quel libro ora mi conoscono anche in Giappone, fino in Brasile. Mi sento come uno scrittore morto che è stato resuscitato all’improvviso. Ma Carrère ha capito male molte cose, gli ho promesso di non riferirle mai, quindi non te le dirò ora.