Repubblica 22.3.18
Il teologo della lite
“Vi spiego i dissidi tra me e Benedetto”
di Andrea Gualtieri
CITTÀ
DEL VATICANO Peter Hünermann, 89 anni, è il teologo tedesco attorno al
quale si è accartocciato il sistema della comunicazione vaticana. Di lui
scriveva Benedetto XVI nel passaggio della lettera che Dario Edoardo
Viganò ha omesso di rendere pubblico e per il quale ora il monsignore si
è dimesso.
Al telefono dalla Germania, quando gli si chiede del
polverone nei sacri palazzi, lo studioso ride imbarazzato. Poi si lascia
sfuggire: «Mamma mia».
Professore, si aspettava che il Papa emerito prendesse posizione contro il suo testo di analisi del pontificato di Francesco?
«No, davvero».
Però le divergenze tra le e Ratzinger hanno radici consolidate.
«Nel
2005 lui si espresse in modo critico sul capitolo che io avevo scritto
per il Commentario teologico del Concilio Vaticano II. E poi c’era la
questione dell’enciclica “Veritatis Splendor” di Wojtyla».
Era il
1993: lei fu tra le voci che contestarono l’imposizione di dogmi papali
assoluti sui temi morali. È ancora convinto della sua linea?
«Ci
fu una grande discussione tra teologi e moralisti. Io ho preso posizione
insieme a un gran numero di studiosi e poi la nostra linea è stata
difesa in pubblico. La mia argomentazione teologica l’ho spiegata anche
su una rivista specializzata».
Ha mai avuto modo di discuterne di persona con Ratzinger?
«Ci siamo incontrati e ci siamo confrontati».
Come vi siete lasciati?
«Sembra che la cosa non si sia chiarita (ride)».
Ritiene che le vostre osservazioni siano tornate attuali con il pontificato di Francesco?
«Lui
si è espresso in modo chiaro nella esortazione apostolica “Amoris
Laetitia”, quando parla di comunione ai divorziati risposati e
sottolinea l’importanza del discernimento e il ruolo del confessore».
Si può dire che negli anni ‘90 siete stati precursori del dibattito sinodale sulla famiglia?
«Chissà? Forse sì, in un certo senso».
Qual è l’elemento più rilevante nella riforma della Chiesa promossa da Bergoglio?
«Lo
stile evangelico con il quale vive: è una spinta spirituale molto forte
per tutti i cattolici, dai vescovi ai sacerdoti e ai laici. E poi
l’importanza che attribuisce alle conferenze episcopali locali: è
evidente che si aspetta da loro soluzioni creative per i problemi
attuali».
La maggiore autonomia degli episcopati era un altro dei
punti per i quali all’epoca vi batteste. Anche oggi però ci sono
resistenze: il cardinale Sarah, ad esempio, ha preso una posizione
rigida sulle declinazioni dei riti e dei sacramenti.
«È vero.
Anche alcuni vescovi hanno dimostrato di non essere pronti: alcuni sono
più aperti, altri più esitanti. E poi l’innovazione non è facile da
trasmettere in termini pastorali.
Però su questo il Papa attuale è
in sintonia con il Concilio Vaticano II. Anche se il suo accento
risuona come una novità rispetto ai suoi predecessori, da Paolo VI a
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI».
Ratzinger afferma che c’è una «continuità interiore» tra il suo pontificato e quello di Francesco. Lei è d’accordo?
«Ci
sono molti elementi in comune ma anche tanti aspetti di discontinuità.
Ci sono poi stili diversi, dalla comunicazione alla pastorale. Sono
differenti i caratteri. E va detto che uno fu papa, l’altro lo è
adesso».
Cosa ha scritto di Bergoglio nel volume “Uomini secondo
Cristo” che la Libreria editrice vaticana le ha chiesto di curare e che
Ratzinger non ha recensito?
«Sono partito dal presupposto che il
Papa attuale non è un professore di teologia ma un pastore. Ho voluto
quindi rileggere i suoi scritti dottrinali in controluce di uno dei
volumi sui quali si fanno studiare i seminaristi, che è quello di
filosofia antropologica redatto da Gabriel Amengual. Il risultato è
perfettamente in linea con quel testo. Francesco lo conosce e ne trae
chiaramente ispirazione nel suo magistero».
Ha parlato con Viganò della lettera di Benedetto XVI su di lei?
« No, non ho avuto contatti personali con Viganò»