il manifesto 22.3.18
Tortura, difesa d’ufficio: Gabrielli contro Zucca. Il Csm apre un’inchiesta
G8
Genova 2001. È bufera sulla frase pronunciata dall’ex pm del processo
per la scuola Diaz. Md lo difende e ricorda: la condanna di Strasburgo
impone di sospendere i responsabili
di Eleonora Martini
«Arditi
parallelismi e infamanti accuse che qualificano soltanto chi li
proferisce». Reagisce male, il capo della polizia Franco Gabrielli, alle
parole pronunciate dal sostituto procuratore della corte d’Appello di
Genova Enrico Zucca che durante un’iniziativa dell’ordine degli avvocati
su Giulio Regeni aveva detto: «I nostri torturatori sono ai vertici
della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro
torturatori?».
La sua però è una difesa d’ufficio un po’scontata e
retorica: «Noi facciamo i conti con la nostra storia ogni giorno, noi
sappiamo riconoscere i nostri errori – ha detto Gabrielli durante
un’iniziativa ad Agrigento in ricordo di Beppe Montana, poliziotto
ucciso dalla mafia nel 1985 – Noi, al contrario di altri, sappiamo
pesare i comportamenti. Ma al contrario di altri, ogni giorno i nostri
uomini e le nostre donne, su tutto il territorio nazionale, garantiscono
la serenità, la sicurezza e la tranquillità».
EPPURE, NEANCHE UN
ANNO fa in un’intervista a Repubblica Gabrielli affermava a chiare
lettere che durante il G8 del 2001 nella caserma di Bolzaneto venne
praticata la «tortura» e che se fosse stato al posto di Gianni De
Gennaro si sarebbe «dimesso». Lui che nell’aprile 2016 venne spostato
velocemente dalla prefettura di Roma al vertice della polizia proprio
per dare manforte ad un governo che annaspava davanti alla Corte di
Strasburgo chiamato a difendersi per le violenze alla Diaz. «La nottata
non è mai passata – disse Gabrielli nell’intervista – A Genova,
un’infinità di persone, incolpevoli, subirono violenze fisiche e
psicologiche che hanno segnato le loro vite. E se tutto questo, ancora
oggi, è motivo di dolore, rancore, diffidenza, beh, allora vuol dire
che, in questi sedici anni, la riflessione non è stata sufficiente. Né è
stato sufficiente chiedere scusa a posteriori».
Sei mesi dopo,
uno dei protagonisti di quella storia, Gilberto Calderozzi, condannato
in via definitiva a 3 anni e otto mesi per aver attestato il falso e
coperto omertosamente le violenze e le torture inferte dalle forze
dell’ordine all’interno della scuola Diaz divenne il numero due della
Direzione investigativa antimafia.
IERI PERÒ, al solito bailamme
sollevato dalle destre e dai sindacati delle forze dell’ordine – i
funzionari di polizia parlano addirittura di «rischio disordini» – il
presidente della Prima commissione del Csm, Antonio Leone, ha chiesto
l’apertura di una pratica sul caso «per valutare gli eventuali profili
di incompatibilità», anche se il vicepresidente Giovanni Legnini si è
limitato a definire quella di Zucca «una dichiarazione impegnativa con
qualche parola inappropriata». Mentre il ministero di Giustizia ha
acquisito la registrazione integrale del convegno dell’ordine genovese
degli avvocati.
Ma l’ex pm del processo Diaz – che considera
«normale e doveroso» l’accertamento dei fatti da parte degli organi
competenti – insiste sul punto: «La rimozione del funzionario condannato
è un obbligo convenzionale, non una scelta politica, e queste cose le
ho dette e scritte anche in passato. Il Governo deve spiegare perché ha
tenuto ai vertici operativi dei condannati. Fa parte dell’esecuzione di
una sentenza». E ancora, riferendosi al caso Regeni: «Se noi violiamo le
convenzioni, è difficile farle rispettare ai Paesi non democratici. Il
mio messaggio di ieri era: crediamo in primis noi ai principi, prima di
pretendere che ci credano altri». I genitori di Giulio, il ricercatore
torturato e ucciso al Cairo che non ha ancora ottenuto verità e
giustizia, hanno voluto esprimere «la nostra stima e gratitudine al
dott. Zucca per il suo intervento preciso ed equilibrato».
D’ALTRONDE
IL PROCURATORE della Corte d’Appello genovese non ha fatto altro che
fotografare la realtà. Lo ricorda Raffaele Cantone, presidente
dell’Autorità nazionale anticorruzione, quando dice che Zucca «evidenzia
qualche problema reale, non sta inventando niente». E lo ricorda
Magistratura democratica con una nota in cui osserva «che le pronunce
della Corte di Cassazione e della Corte Europea dei diritti dell’uomo
hanno qualificato i fatti di Genova in termini di tortura e hanno
censurato il nostro Paese per non avere posto in essere quegli
adempimenti procedurali – tra cui la sospensione dal servizio dei
responsabili – necessari per prevenire e reprimere il delitto di
tortura». «Sulla base di queste premesse condivise», la corrente
democratica dell’Anm ritiene dunque «che non possa qualificarsi
oltraggioso per le forze dell’ordine ribadire l’incidenza di quella
grave vicenda sulla credibilità delle istituzioni», dentro le quali, «si
collocano le forze di polizia con il loro quotidiano e indispensabile
lavoro, nella legalità e a tutela della legalità».
Solidarietà a
Zucca è stata espressa anche da Pap, Leu, e da numerosi giudici, legali,
studiosi e cittadini comuni che hanno sottoscritto un appello – e
invitano a firmare (appellozucca@altreconomia.it) – affinché si
applichino le indicazioni prescritte nelle condanne Cedu per Diaz e
Bolzaneto.