Repubblica 22.3.18
Paradossi logici
Kant versus Leibniz
Essere o non essere un unicorno
La prova ontologica dice che se qualcosa è pensabile, e se non è contraddittoria, allora è: ovviamente un errore filosofico
di Maurizio Ferraris
Marco
Polo non ha conosciuto né ornitorinchi né canguri ma, apparentemente,
ha incontrato un unicorno. A Giava ha visto un rinoceronte e l’ha
classificato come un unicorno anomalo, visto che aveva letto nei
bestiari — i quali classificavano tanto animali esistenti quanto animali
inesistenti — la descrizione di un animale vagamente simile a quello
che aveva sotto gli occhi. Gli unicorni giavanesi non sono bianchi, sono
tozzi, hanno piedi da elefante, il corno è nero, la testa non è quella
di un cavallo bensì quella di un cinghiale, ma forse si tratta di
unicorni. La domanda è: perché, invece che chiamarli “unicorni”,
dimostrando che l’unicorno esiste, li si è chiamati “rinoceronti”,
confinando gli unicorni nella inesistenza? È di qui che vorrei partire
per dimostrare come, nonostante i buoni argomenti a favore
dell’esistenza degli unicorni (per esempio il fatto che si possano
distinguere dai cavalli e dalle chimere), questa esistenza è solo
concettuale, ossia non è una esistenza biologica, quella che si esige da
un animale e non, per esempio, da un triangolo.
La sentenza di
Bertrand Russell secondo cui «la logica non deve occuparsi degli
unicorni più di quanto non lo faccia la zoologia» deve essere rivista e
indebolita.
Per Russell la logica è lo specchio dell’ontologia,
ossia di quello che c’è, dunque non deve rendere conto di quello che non
esiste. Per me, invece la logica è uno strumento essenziale
dell’epistemologia, ossia di quello che sappiamo, o crediamo di sapere, a
proposito di quello che c’è. Tra quello che sappiamo, o crediamo di
sapere, c’è il fatto che gli unicorni non esistono. Dunque
l’epistemologia fa benissimo a occuparsi di unicorni (è quanto stiamo
facendo qui). Ma, se le cose stanno in questi termini, quando si passa
dall’epistemologia (che contiene sia l’essere sia il non essere)
all’ontologia (che contiene soltanto l’essere) c’è un cambio di registro
decisivo.
È la tesi di Kant contro Leibniz. Ma Kant dice anche
un’altra cosa, e cioè che il fatto di esistere non è un predicato reale,
ossia non aggiunge niente al concetto di un oggetto. Lo fa per
confutare la prova ontologica dell’esistenza di Dio (quella che dal
fatto che è concepibile un essere perfetto concludeva che un simile
essere fosse anche necessariamente esistente), ma l’argomento si applica
anche a enti più ordinari: se al bar ordino una birra piccola, chiara e
reale, hanno ragione di pensare che non è la prima birra della
giornata, visto che “reale” non aggiunge niente alle caratterizzazioni
della birra. Ma siamo sicuri che sia così? Se ordino una birra,
implicitamente esigo che sia reale e non immaginaria e, contrariamente a
quanto sostiene Kant in un esempio famoso, 100 talleri ideali non sono
affatto identici, nel concetto, a 100 talleri reali, perché questo
significherebbe che la mera immaginazione di 100 talleri equivale a 100
talleri.
Fa parte delle proprietà interne della birra che ordino
al bar il fatto di essere diversa dalla birra disegnata nella pubblicità
e di non poter essere pagata con talleri ideali, e fa parte delle
proprietà interne di un unicorno il fatto di trovarsi nei negozi di
giocattoli e non in quelli di animali. L’essere è dunque un predicato
reale delle cose, perché è ciò che distingue l’esistente
dall’inesistente, e non è poco. Ammettere questo non comporta la prova
ontologica dell’esistenza di Dio, ma comporta una prova dell’inesistenza
degli unicorni. La prova ontologica comportava una confusione tra
epistemologia e ontologia: se è pensabile, se non è logicamente
contraddittorio (epistemologia) allora esiste (ontologia). Ma ovviamente
non è così. Si può benissimo immaginare qualcosa di impossibile, ma
esistente (ad esempio un comico che diventa ideologo) e qualcosa di
possibile, ma inesistente (per esempio, Kant ammette in linea teorica la
possibilità della telepatia). Se ci lasciamo alle spalle la confusione
tra ontologia ed epistemologia, abbiamo la dimostrazione della
inesistenza degli unicorni.
Esistere, per un individuo biologico
come un unicorno o un rinoceronte è anzitutto essere vivo e poi morto:
sino a che non si troverà o un unicorno vivo, o i resti di un unicorno
che è stato vivo, si avrà tutto il diritto di asserire che gli unicorni
non esistono. Se diciamo che i cavalli e i rinoceronti esistono è perché
ne abbiamo visti di vivi. Se diciamo che i dinosauri sono stati reali è
perché ne abbiamo ritrovato i resti, che comportavano l’assunzione che
fossero stati resti di esseri viventi. Se diciamo che le chimere non
esistono è perché non abbiamo mai trovato resti di chimere morte, e al
massimo abbiamo trovato frammenti di statue di chimere, di vasi
raffiguranti chimere, ecc. Se i credenti ritengono che Cristo sia
esistito, malgrado non se ne siano ritrovati i resti, è perché hanno
testimonianze che giudicano fidedegne circa l’esistenza di Cristo come
individuo vivente. Il che peraltro spiega l’importanza annessa alla
Sindone: se l’essere vivo e poi morto non fosse la caratteristica
fondamentale di un individuo biologico, non si capisce perché dare tanto
peso all’autenticità o meno di un lenzuolo funebre.
L’esistenza
qui è un predicato molto chiaro e determinato, che designa il fatto di
essere sottoposti a processi entropici. Se spengo un frullatore, potrò
sempre riaccenderlo, cosa che non avviene per un organismo, in cui,
invece che l’alternativa reversibile acceso/spento, abbiamo
l’alternativa irreversibile vivo/morto. Posso benissimo fabbricare un
unicorno di peluche (il mondo ne è pieno) o disegnare degli unicorni, ma
questo non dimostrerebbe in alcun modo che gli unicorni esistono,
perché l’esistenza in senso biologico, l’unica che ci autorizzi a
sostenere che gli unicorni esistono, comporta l’essere sottoposta a
processi entropici, e l’unicorno di peluche, proprio come Madame Bovary,
non conosce l’entropia.
Dunque non sarà mai l’oggetto di una
battaglia animalista sebbene non si possa escludere che sorga una setta
per la liberazione degli unicorni affine alla lega per la liberazione
dei nani da giardino.