giovedì 22 marzo 2018

Repubblica 21.3.18
Oliver Sacks
L’Hearing Voices Movement. Oltre i luoghi comuni
Non abbiate paura delle voci di dentro
di Marco Belpoliti


Inostri cervelli, così come le nostre menti, sono piene di voci», scrive un giovane professore di psicologia alla Durham University nonché scrittore, Charles Fernyhough.
La frase si trova in un libro davvero interessante, La voci dentro (Raffaello Cortina, traduzione di di T. Boldrini, pagg. 287, euro 24) dedicato ai vari modi attraverso cui le voci abitano le nostre teste. E non si tratta non solo delle voci manifestamente allucinatorie, ma anche di quelle che appartengono al nostro dialogo interiore, che ci sono d’ausilio e di sostegno in momenti difficili o quando dobbiamo prendere decisioni ardue. Oliver Sacks, esploratore di zone liminari della nostra mente, aveva chiamato questo fenomeno “sentire cose” ricordando come nel 1911 Eugen Bleuler, psichiatra e direttore del grande ospedale psichiatrico di Burghölzli vicino a Zurigo, avesse descritto quest’universo che assediava i suoi pazienti schizofrenici.
Non era la prima volta che le voci si presentavano alla ribalta nella storia dell’umanità, poiché nelle culture antiche veniva loro riconosciuta una grande importanza; era in questo modo che gli dèi si manifestavano nelle teste degli eroi greci. Secoli dopo il cristianesimo le ha invece attribuite in modo alterno a demoni e angeli. Lo studio scientifico delle psicosi e dell’isteria aveva quindi introdotto una visione diversa del fenomeno dando loro un posto nella patologia psichiatrica. Tuttavia , ricorda Fernyhough, le voci non riguardano solo i cosiddetti “malati di mente”, ma ciascuno di noi. Lev Vygotsky, il geniale psicologo russo, censurato e messo all’indice durante il periodo staliniano, aveva parlato di “discorso interiore” ( Pensiero e linguaggio, Giunti).
Noi tutti parliamo a noi stessi, rimproverandoci, incoraggiandoci o sollecitandoci. Non si tratta di voci esterne, bensì di voci interiori, che nessuno pensa ad attribuire a entità divine esterne, per quanto, come spiega Fernyhough, esistano persone che sono tormentate da voci di tipo persecutorio, o altre cui, come accadeva alle mistiche del passato, capita di sentire Dio che parla.
Le voci dentro ha il merito di tracciare una topografia delle voci che ci abitano. Certo nelle psicosi ci sono fenomeni allucinatori, che assillano anche in modo grave uomini e donne, per quanto sia vero che «una mente isolata è in realtà un coro», scrive Fernyhough riprendendo Vygotskij.
L’autore sviluppa l’idea di un «pensiero dialogico», espressione che il russo non usa mai, ma che è figlia delle sue teorie. Negli anni Settanta in un geniale, e a tratti sconcertante libro, Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza
(Adelphi), uno psicologo di Princeton, Julian Jaynes, ipotizzò che tutti gli esseri umani sentissero voci, le quale si generano nell’emisfero destro del cervello e sono udite da quello sinistro. Nella antichità queste voci erano interpretate d’origine divina, poi le voci furono interiorizzate e fatte proprie dagli individui. Così Achille nell’Iliade sente le voci divine, mentre Ulisse nell’Odissea, riflette tra sé e sé. L’opera dello psicologo inglese spazia in vari territori, dalle voci che entrano nelle menti di scrittori, come Charles Dickens, Virginia Woolf e Samuel Beckett, alle voci dei vari personaggi romanzeschi che sentono gli stessi lettori, sino alle allucinazioni in senso stretto.
L’autore ipotizza che il cervello comunichi con se stesso, sovente a scapito di quella che noi chiamiamo “coscienza”: lassù qualcuno ci parla.
Lo scrittore Daniel B. Smith ha scritto che con il fenomeno delle voci il cervello solleva la testa in superficie, come il mostro di Loch Ness; in questo modo per un breve istante si può davvero “vedere” o meglio “sentire” il cervello. Leggere questo libro, che è una via di mezzo tra un testo scientifico e un racconto, ma che non raggiunge mai l’abbacinante chiarezza narrativa di Oliver Sacks, si è insieme affascinati e sconcertati, e a tratti persino angosciati. Ci si fa continue domande su se stessi, sul proprio pensiero, sul dialogo interiore tra sé e sé, così che, quando finalmente si giunge ai capitoli in cui viene raccontata dell’esistenza dell’ Hearing Voices Movement, ci si tranquillizza. Si tratta di un’organizzazione che associa coloro che sentono voci. Grazie all’intervento di psichiatri illuminati il fenomeno allucinatorio delle voci in pazienti psichiatrici si è orientato verso l’interpretazione della guerra psichica che questi uomini e donne vivono. Le voci spesso sono strategie di sopravvivenza rispetto a esperienze traumatiche sovente d’origine sessuale, così che si può anche concludere che sentire voci è un aspetto abbastanza comune dell’esperienza umana. Per chi le sente non è cosa da poco.
Oliver Sacks è lo studioso che ha analizzato con più lucidità queste esperienze senza ricondurle solo all’ambito della schizofrenia
Un passo avanti contro la passata criminalizzazione arriva con la nascita dell’Hearing Voices
Movement, la prima associazione che unisce chi è colpito dal fenomeno
Nell’antichità erano il modo di manifestarsi degli dèi Poi, con l’affermarsi dell’io individuale, i dialoghi interiori si sono ridotti a fenomeno psichiatrico. Ma parlare con noi stessi è anche una risorsa: ecco perché