giovedì 1 marzo 2018

Repubblica 1.3.18
Internazionale nera I selfie sul Danubio di Meloni e Orbán “Intesa tra patrioti”
Viaggio blitz a Budapest dal premier xenofobo e antieuropeista La presidente di Fdi: “Lavoreremo assieme”
di Alessandra Longo


ROMA Finalmente Giorgia Meloni stringe convinta la mano di qualcuno. Lui è Viktor Orbán, primo ministro ungherese dal 2010, quello dei reticolati antimmigrati, quello che vorrebbe «rastrellare e deportare su un’isola gli irregolari», quello dell’identità cristiana europea prima di tutto, quello che ha rifatto Costituzione e legge elettorale a sua immagine e somiglianza e messo il bavaglio alla stampa. «Tra patrioti europei ci si intende subito alla grande » , twitta la presidente di Fratelli d’Italia.
Viaggio lampo, a pochi giorni dal voto. Ieri un’alzataccia, alle sei partenza da Ciampino insieme ad Adolfo Urso ( ministro con Berlusconi, candidato al Senato e presidente della Fondazione politica Farefuturo, il vero artefice dell’incontro tra anime gemelle avvenuto a margine di un think tank italo-ungherese).
Eccoli, Giorgia «la patriota» e Viktor l’antieuropeista, in odor di xenofobia. Cheese! Photo opportunity sotto le rispettive bandiere e vista fiume. Lei, raggiante, lui protettivo. Insieme per un’ora, nella sede del Parlamento di Budapest, «wonderful place! » , dice Meloni. Se Salvini flirta con Marine Le Pen (un po’ appannata), e i CinqueStelle inseguono Putin, l’ex camerata punta su Orbán, sull’Ungheria, « che ha politiche avanzate per la natalità e la famiglia » , che spende un miliardo in filo spinato per ricacciare gli indesiderati ( e vorrebbe poi presentare il conto all’Unione Europea), che detesta « i burocrati di Bruxelles ».
Capelli al vento, sullo sfondo del Danubio, Meloni fissa la telecamera: «È andata bene, benissimo. Condividiamo con Orbán tanti punti di vista dai quali partire per fare un lavoro comune nei prossimi mesi » . Gli elettori sono avvisati.
Di cosa hanno parlato? «Di difesa delle radici cristiane, del processo di islamizzazione in corso».
Il feeling è grande, non solo con l’uomo solo al comando di Budapest, ma anche con l’intero gruppo di Visegrad ( Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia), tutti promotori della cortina di ferro anti- migranti, Paesi che rifiutano il piano di ripartizione proposto dall’Unione Europea. Orban ha già detto che i nostri migranti non li vuole («Teneteveli»).
Meloni però tifa Italia- Visegrad contro « lo strapotere dell’asse franco-tedesco». E contro la linea fin qui seguita dal nostro centrosinistra in Europa.
Viaggio breve ma intenso (alle 11.30 tutto finito, ripartenza per l’aeroporto), tra gente unita da un comune sentire. Tra l’altro anche l’Ungheria andrà alle urne un mese dopo l’Italia. Anche di questo si è parlato nel seminario organizzato da Adolfo Urso, moderatore l’analista politico Paolo Quercia. Avendo asfaltato l’opposizione e svuotato le istituzioni, Orbán e i suoi conservatori populisti di Fidesz ( Unione Civica Ungherese), sono dati in vantaggio ma meno di altre tornate elettorali. Alle comunali di Hodmezovasarhely, dove Fidesz governa da 20 anni, gli uomini di Orbán sono passati dal 61 per cento al 42. Primi segni di un declino magari a favore dello Jobbik, partito ancora più a destra? Meloni si tiene stretto Orbán: « Spero sia riconfermato ».