Repubblica 19.3.18
Ulitskaja
“Quell’ossessione per l’uomo forte e i diritti sempre più in pericolo”
di Ljudmila Ulitskaja
Nessuno dubitava che l’attuale presidente avrebbe vinto un confronto del tutto fittizio.
Non
esistono figure che per caratura e profilo politico potessero reggere
il confronto col vincitore. L’unico degno antagonista, Boris Nemtsov, è
stato ammazzato tre anni fa in pieno centro, sopra un ponte sulla
Moscova. Un secondo eventuale pretendente, nonché paladino della lotta
alla corruzione — Aleksej Navalnyj — non è stato nemmeno ammesso al
confronto. Chi altri restava?
Zhirinovskij? Ma il vecchio demagogo
può andar bene giusto per divertire l’audience con le sue buffonate.
Javlinskij? È un liberale vero e una persona simpatica, ma è sempre e
comunque due passi indietro rispetto ai tempi. Forse Grudinin,
comunista, stalinista, capace di battezzare ancora oggi sovchoz la sua
impresa agricola, ma con sa il diavolo quanti milioni all’estero?
La
mia unica gioia è stata una giovane donna di polso come Ksenija
Sobchak, ex conduttrice televisiva dai trascorsi “burrascosi”. Le cose
che dice, poi, sono quanto di più sensato io abbia sentito durante la
campagna elettorale.
Sia come sia, l’attuale presidente si troverà
ad affrontare l’ennesimo mandato. Nel totale rispetto delle leggi
vigenti e dei principi della democrazia — la nostra, però, che è un po’
sui generis, che è una democrazia “sovrana”. Del resto da noi — dice lui
— è TUTTO sui generis: la democrazia, l’economia, la difesa dai nemici
che vogliono fare di noi un sol boccone e altro non aspettano che di
calpestare i nostri (non meglio precisati) valori… La domanda sorge
spontanea: fra questi valori che posto occupa la libertà? E da dove ci è
venuta? Non sarà forse un’esca del “nemico-Occidente”, intenzionato a
confondere i russi, che senza libertà hanno sempre vissuto: fino al 1861
con la servitù della gleba e dopo il 1917 in una gabbia con pareti che i
“bolscevichi” avevano alzato con estrema precisione? E se la gabbia era
troppo stretta, c’erano sempre le prigioni e i lager.
Tutti gli scrittori russi hanno scritto degli uomini non-liberi per antonomasia, di detenuti e forzati.
Hanno
iniziato Tolstoj con Resurrezione, Dostoevskij con Memorie di una casa
morta, Chechov con L’isola di Sachalin, Solzhenitsyn con Arcipelago
Gulag e Nabokov con quel romanzo splendido che è Invito a una
decapitazione.
La prigione è l’apice della non-libertà, della
prigione ci si libera spesso solo morendo. E di chi è stato privato
della più elementare fra le libertà, la letteratura russa ci ha mostrato
le sofferenze indicibili e profonde, sviscerando ogni sfumatura del
processo di annientamento e disgregazione dell’individuo in condizioni
di non-libertà estrema, di reclusione forzata. Il tema “prigione” non è
un’esclusiva della letteratura russa. Questa, però, non ha cercato una
narrazione romantica o convenzionale sulla perdita della libertà, ma ha
fatto del tema della libertà perduta il fulcro dell’esistenza umana.
Con
il crollo dell’impero sovietico, la censura venne abolita e la Russia
fu inondata dal fiume di informazioni che quella stessa censura aveva
arginato, i viaggi all’estero diventarono più facili. Il socialismo
abortito ha guardato al capitalismo. Ma neanche il capitalismo gode di
ottima salute. Certo, siamo più liberi, ma più ricchi no di certo. Che
sia, dunque, superflua, questa libertà che ci siamo ritrovati fra le
mani?
La voce di coloro che invocano “l’uomo forte” e rimpiangono
il nostro “glorioso passato” (spesso associandolo a Stalin) si fa sempre
più stentorea. I russi sembrano rimpiangere le prigioni, le
deportazioni e la “cortina di ferro”. La Russia ancora cerca la sua via,
una via tutta sua. A doverla indicare sarà il presidente, il “vecchio”
che ridiventa nuovo o un eventuale “nuovo” che nuovo sia sul serio. Ma
il rischio è di perdere per strada quelle libertà che tanto poco valgono
per buona parte dei nostri concittadini. Accendiamo la televisione, ché
sono tutti contenti...
Il nuovo romanzo di Ljudmila Ulitskaja “ La scala di Giacobbe” ( ed. La nave di Teseo) uscirà in giugno.
Traduzione di Claudia Zonghetti