Corriere 19.3.18
I neonazi saccheggiano i vichinghi I simboli (distorti) del Grande Nord
di Luigi Offeddu
«L’organizzazione
internazionale Destinazione Vichinga rivolge questo proclama a tutti i
vichinghi del mondo. Mille anni fa i nostri avi stabilirono che l’8
maggio era il giorno in cui pulire le spade e e preparare le navi per
visitare amici e nemici, vicini e lontani. Il sole saliva alto nel
cielo, le api cominciavano a produrre il loro miele, e i bambini a
correre scalzi nell’erba…».
È quasi primavera, e puntuale arriva
il «proclama». È rivolto a una moltitudine senza frontiere. A gente che,
se per esempio vuole inanellarsi con l’«olio vichingo» una lunga barba,
o intrecciarla con «l’anello del cavaliere vendicatore» può trovare il
tutto sul sito di vendite «Vikingmerch», sede nello Utah, Usa, e
distribuzione in tutto il mondo. O ad altra gente che, se ama i sapori
forti, può gustarli al ristorante «Il Vichingo felice» di Yuba City,
California, con piatti come il «Barbaro brutale». E lo sanno bene, tutti
loro: «Destinazione Vichinga», quello del «proclama», è un gruppo
internazionale che porta i nostalgici dei guerrieri in Groenlandia come
in Ucraina, o alle isole Faroer: dovunque abbiano alzato le loro vele i
figli di Erik il Rosso, nella storia o nelle leggende. Grande successo,
così come in tv (la serie Vikings di History Channel), nella musica
heavy metal («Fiero è il vento dal Mare del Nord» cantano i Judas
Priest), e in un certo mondo ideologico di estrema destra che si è
appropriato di alcuni simboli come 80 anni fa avevano fatto i nazisti
con Wagner o Tolkien. Perché loro, i Vichinghi, nel ventunesimo secolo
sono un oggetto di culto, e di business. I loro miti sono contesi a suon
di milioni e dispute filosofiche, come ha notato anche il New York
Times : dalla runa al martello del dio Thor, ai pantagruelici boccali
per la birra. E alle idee, più o meno presunte: l’amore per la terra, i
cibi naturali, gli antenati-dei, che Himmler identificò un giorno con il
suo «sangue e suolo», e con la ricerca dell’«ultima Thule», l’isola che
avrebbe generato la razza ariana. Tutto questo, oggi, rivive e
preoccupa al di là del folklore. Soprattutto in Norvegia, una delle
«culle» dei Vichinghi. Il suo turismo, già florido, ha avuto impulso
grazie a loro, alle loro navi ritrovate qua e là. Un’università locale
ha lanciato un corso, finanziato dal governo, su «come vivere da
vichingo».
Ma c’è un lato più oscuro: sognava di Erik anche Anders
Breivik, il terrorista neonazista che nel 2011 uccise 77 persone. E in
molti chiedono oggi alla squadra nazionale di sci alpino, battezzata
«Vichingo all’assalto», di cambiare il simbolo cucito sui suoi maglioni.
Una «runa», uguale a quella che sfoggiano i militanti del «Movimento di
resistenza nordica»: gente che è andata davanti alle sinagoghe,
fiaccole accese, inneggiando a Breivik. E a Quisling, l’ufficiale
norvegese che si mise al servizio di Hitler.