lunedì 19 marzo 2018

La Stampa 19.3.18
E Pechino richiama lo “zar anticorrotti”
per gestire il confronto con l’America
Al fedelissimo di Xi la vicepresidenza della Repubblica popolare Temuto dal partito, negli Anni 90 teneva i rapporti con Wall Street
di Francesco Radicioni


Mentre le relazioni tra Cina e Stati Uniti rischiano di avvitarsi in una guerra commerciale, Pechino richiama al centro della vita politica l’uomo di cui Xi Jinping più si fida. Con un solo voto contrario su quasi tremila delegati, l’assemblea legislativa cinese ha nominato Wang Qishan vice-presidente della Repubblica popolare. Il pensionamento del 69enne, esponente di spicco della nomenclatura di Pechino, è durato solo una manciata di mesi. Uscito formalmente di scena lo scorso autunno alla chiusura del 19esimo Congresso del partito comunista, a gennaio Wang Qishan era già stato nominato tra i delegati all’Assemblea nazionale del popolo.
Una mossa che aveva alimentato una ridda di speculazioni sull’imminente ritorno dello stretto alleato di Xi Jinping nell’agone politico. In realtà, secondo il South China Morning Post, Wang non ha mai lasciato le stanze di Zhongnanhai. Stando alle indiscrezioni della stampa di Hong Kong, colui che si era guadagnato il titolo di «uomo più potente della Cina dopo Xi Jinping» continuava a partecipare - come osservatore senza diritto di voto - alle riunioni del Comitato permanente del Politburo. Difficile che Wang Qishan si accontenterà del ruolo cerimoniale che la Costituzione cinese assegna al vice-presidente e potrebbero essere molti i dossier sulla sua scrivania: politica economica, lotta alla corruzione e soprattutto relazioni con gli Stati Uniti.
Secondo gli analisti, Wang è una delle figure più influenti del cerchio magico di Xi Jinping e i due si conoscono da decenni: durante la Rivoluzione culturale furono mandati entrambi nelle campagne povere dello Shaanxi. Cinque anni fa, appena diventato Segretario del partito comunista, Xi Jinping ha scelto Wang come capo della potentissima Commissione disciplinare, trasformandolo nello zar della lotta alla corruzione: un ruolo che l’ha reso temuto e rispettato tra i quadri del partito comunista. Pilastro del primo mandato di Xi Jinping per ripulire l’immagine del partito, la popolare campagna contro la corruzione ha punito centinaia di migliaia di funzionari pubblici, papaveri dell’esercito e dirigenti delle imprese di Stato. Se l’amministrazione di Donald Trump definisce la Cina uno «strategic competitor», minaccia dazi e restrizioni agli investimenti cinesi per contenere il deficit commerciale, Wang Qishan sembra essere l’uomo più adatto per intavolare il difficile dialogo con gli Usa. Nei suoi 35 anni di carriera nella nomenclatura di Pechino, Wang Qishan si è distinto come un tecnocrate pragmatico e riformista, oltre che molto competente sui dossier economico-finanziari.
La fama di «uomo che risolve i problemi» Wang l’ha costruita prima come consigliere economico nel periodo della crisi asiatica del ’97, poi come sindaco di Pechino durante il panico creato dall’esplosione della Sars, la sindrome respiratoria acuta. È stato anche allievo di Zhu Rongji, leader riformista e premier tra il 1998 e il 2003 che ha guidato la Cina nell’ingresso del Wto, ristrutturando imprese di Stato e settore finanziario. Fin dagli Anni 90 Wang Qishan ha tessuto una fitta rete di relazioni a Wall Street, per poi guidare come vice-premier vari round del dialogo economico e strategico tra Pechino e Washington.
Chi l’ha incontrato lo descrive come un uomo dallo spiccato senso dell’umorismo, dalle buone letture e fan di House of Cards. L’ex segretario al Tesoro Usa, Henry Paulson, dice che Wang è «l’uomo a cui i leader cinesi guardano per comprendere i mercati e l’economia globale». Tra i ricordi di Paulson c’è anche quella volta, durante la crisi finanziaria globale, in cui Wang disse all’ex-segretario al Tesoro: «Non siamo più sicuri di dover imparare da voi».