Repubblica 14.3.18
La direzione Pd come un bus tutti a guardare lo smartphone
Mentre parla Martina molti big in prima fila sono distratti dal cellulare. Esattamente come fa anche il resto dell’Italia
di Stefano Bartezzaghi
A
giudicare dall’immagine della riunione della direzione del partito, la
prima dopo la scoppola elettorale e le dimissioni di Matteo Renzi, più
che di un Pd allo sbando pare il caso di parlare di un Pd allo
smartphone. L’ampiezza del grandangolo con cui è stata scattata la foto
in alto, pubblicata su queste pagine ieri, permette di abbracciare la
scena. L’oratore era il segretario reggente Maurizio Martina; Michele
Emiliano stava in piedi, poggiato al battente della porta di uscita,
come se fosse pronto a filarsela. La bella sala era gremita, più di 150
posti a sedere occupati e una piccola folla in piedi in fondo. In prima
fila sedeva una dozzina di pezzi grossi (Gentiloni, Franceschini, Fiano,
Damiano…), in maggior parte sorpresi dal fotografo nell’inequivocabile
atto di compulsare il rispettivo smartphone. Chi nella modalità
immersiva, gomiti sulle cosce e postura china sul monitor; chi, invece,
nella modalità distanziante, tipica della presbiopia, che costringe ad
allontanarsi per distinguere.
Ivan Scalfarotto non aveva lo
smartphone ma fissava il vuoto, apparentemente attonito, come qualcuno
che abbia finito credito e giga sul più bello. E intanto Martina
parlava.
Questa, la foto. Bisogna tuttavia fare molta attenzione
prima di trarre qualsiasi conclusione dalla realtà che essa ci mette
davanti. È il ritratto di un partito che fa una cosa vecchia, come una
riunione di organi dirigenziali? Sì, e tutti sanno che sono circostanze
che portano a distrarsi: lo si è sempre fatto, anche prima che la
tentazione dello smartphone potesse renderlo evidente (e fotografabile).
È il ritratto di quel partito autoreferenziale, lontano dalla gente, di
cui si parla per spiegarne la pessima riuscita elettorale? Eh no,
questo non lo si può dire: i membri di un partito autoreferenziale
starebbero attentissimi, non ammetterebbero alcuna interferenza esterna
mentre parlano di sé. Se fossero poi tanto lontani dalla gente, allora
non farebbero proprio ed esattamente quello che, in Italia, fanno tutte
le genti di ogni età, origine e ceto: cioè stare in eterna
contemplazione del proprio smartphone. Magari l’italiano medio (quindi,
non del Pd) quando prevede che la riunione lo annoierà non si siede in
prima fila, dove i fotografi ti beccano subito a digitare, ma queste
sono sfumature.
Un’altra cosa su cui occorre usare cautela e non
essere frettolosi è il presupposto per cui lo smartphone sarebbe veicolo
esclusivo di intrattenimenti più o meno leciti e più o meno stupidi. La
direttrice dell’Economist ha raccontato di avere sgridato il figlio
adolescente che aveva sempre in mano l’iPad e gli aveva ingiunto di
posarlo. E il figlio protestò: «Ma mamma, stavo leggendo l’Economist!».
Nulla
ci lascia pensare che ministri tuttora in carica e funzionari stessero
giocando a Candy Crush Soda Saga, flirtassero con altri partecipanti
alla riunione o chattassero malevolenze su avversari di corrente. Magari
leggevano l’Economist. Parimenti, il Paese Reale su Facebook fa
conoscenza di molti gattini, della situazione meteo di molte città e
dell’umore di tanti contatti che odiano il lunedì; sempre su Facebook,
però, vengono pubblicati link ad articoli e saggi per leggere i quali un
tempo occorreva seguire riviste difficilmente reperibili e da questi,
ma anche da commenti meno banali, si imparano tante cose. Quando
entriamo in un bus o in una metro in cui tutti guardano lo smartphone,
come se fossero in una riunione del Pd, perché siamo tanto sicuri che
tutti stiano trastullandosi? È probabile, d’accordo: ma non è sicuro. E
non è neppure molto interessante perché, con i social network, la
questione non è tanto quella dei loro «contenuti»: è quella del ritmo,
la sensazione che stia sempre succedendo qualcosa e che a dare
un’occhiata non ci sia nulla di male. Diventa una compulsione: a teatro
(ultimo caso proprio lo stesso giorno, a Catania dove Raoul Bova e
Chiara Francini hanno interrotto lo spettacolo per protesta contro il
pubblico telefonante), nelle aule, mentre si lavora e (già) persino
mentre si guida.
Il Pd non è autoreferenziale, è distratto: e lo è
al punto da distrarsi persino da sé stesso. In questo, è come noi. Sia
detto senza ingiuria per nessuno.