Il Fatto 14.3.18
Giusto appoggiare M5S, quindi il Pd non lo farà
Paradossi. La sinistra ha da tempo lasciato la propria ragione di vita, si tratta di decidere come suicidarsi
di Curzio Maltese
Eurodeputato Gue-Ngl
Caro
Direttore, sono d’accordo con Massimo Cacciari, l’unica salvezza per il
Pd sarebbe di appoggiare la nascita di un governo 5 Stelle. Per questo
escludo che possa accadere. Il Pd corre da anni verso l’autodistruzione e
nessun discorso razionale può distoglierlo dal cupio dissolvi. Renzi è
soltanto l’epigono di un lungo processo di separazione fra la sinistra
tutta, riformista e radicale, dal proprio popolo. Il Pd e la sua
miniatura, LeU, hanno preso il 19 e 3 per cento, ma rispettivamente il
10 e l’1 fra operai, giovani precari e disoccupati. A ragione, perché
non se ne sono mai interessati e quando l’hanno fatto (Jobs Act) sarebbe
stato meglio se non l’avessero fatto. La stessa scissione che ha dato
poi vita a LeU non è avvenuta sulle politiche del lavoro, ma sulla legge
elettorale, come si capisce un tema cruciale per i milioni di poveri e
impoveriti d’Italia.
Una sinistra che non difende i deboli, in un
mondo di crescenti ingiustizie, non serve a niente e a nessuno. Si
comporta come i Dodo, la simpatica specie di volatili che depositava le
uova a terra per facilitare il lavoro dei predatori. La sinistra ha da
tempo depositato a terra la propria ragione sociale e di vita, la tutela
del diritto al lavoro e a un reddito dignitoso, alla mercè di qualsiasi
concorrenza politica.
Si tratta allora di stabilire qual è per il
Pd il modo più indolore di suicidarsi. Dalle cose terribili che Renzi e
Orfini e gli altri dicono circa una possibile alleanza con i grillini,
ma soprattutto da quelle che non dicono, se ne evince che siano tentati
dall’alleanza con la destra a guida Salvini. Uno scenario da film horror
e dunque, visti i protagonisti, piuttosto plausibile. Proviamo a
immaginare. Dopo aver sbandierato la distanza dei propri valori dal
populismo di Di Maio e compagni, il Pd s’impiccherebbe a un accordo con i
populismi assai più beceri di due fra le peggiori destre europee.
Questa soluzione presenta agli occhi dei vertici del centrosinistra un
paio di vantaggi. Anzitutto una bella ammucchiata per impedire al
partito di maggioranza relativa di guidare il governo costituirebbe un
modo per Renzi e i suoi di passare alla storia. In negativo s’intende,
non riuscendovi in altro modo. Non è infatti mai accaduto nella storia
della Repubblica che il partito di maggioranza relativa fosse confinato
all’opposizione. Perfino quando il vantaggio del primo partito sul
secondo era di pochi decimali, figurarsi ora che ha quasi il doppio dei
voti. In secondo luogo, nella logica di disperdere a schiaffi in faccia
il proprio elettorato, riesce difficile immaginare mossa più geniale
dell’abbraccio a Berlusconi e Salvini. Sarebbe questa una morte più
lenta del Pd, sia pure fra spasmi atroci e ulteriori scissioni. Massì,
una più, una meno.
L’intellighenzia del Pd _ i compagni di strada
del renzismo sparsi nei media che in questi anni hanno tanto e ben
consigliato il loro leader _ tuttavia propendono, o dicono di preferire,
una buona morte. Si tratta, come suggerisce il Foglio, di rimanere
all’opposizione senza se e senza ma, aspettando sulla riva del fiume il
cadavere di un’alleanza fra leghisti e grillini che non si farà mai.
Questa strada, se Di Maio e Salvini non sono imbecilli, condurrebbe a
elezioni anticipate per consentire a 5 Stelle e Lega di spartirsi le
spoglie di quanto resta del berlusconismo e del suo imitatore.
Fra
tutte, in ogni caso, è questa la soluzione più limpida. Fare come nei
paesi normali, dove se non c’è maggioranza, si torna alle urne. Magari
con una legge elettorale non incostituzionale, così, per provare il
brivido. In questo modo saranno gli elettori del centrosinistra a
scegliere fra qualche mese se preferiscono un governo Di Maio o Salvini e
non i loro dirigenti, dei quali a questo punto tenderei a non fidarmi.