lunedì 12 marzo 2018

Repubblica 12.2.18
L’analisi di Demos
Nord e Sud sempre più lontani c’era una volta la zona “rossa”
Il voto disegna due Italie differenti. Sotto assedio il Centro, un tempo monopolio della sinistra Ma i popoli di Di Maio e Salvini, diversi per età, lavoro e paure, sono incompatibili
La mappa politica è cambiata a fondo dopo che la Lega ha conquistato 57 collegi e i pentastellati 143
di Ilvo Diamanti


Il risultato delle elezioni politiche del 4 marzo ha sorpreso gli osservatori e gli stessi protagonisti politici.
Ma, in effetti, non può essere ritenuto così sorprendente.
Anzitutto perché la “sorpresa”, cioè, i “cambiamenti” sono divenuti una “costante”, negli ultimi 5 anni. In particolare, dalle elezioni del 2013. Quando alcune “novità” osservate in questa occasione si erano già manifestate. In particolare, l’affermazione del M5S e il risultato del Pd. Al di sotto delle attese. Diverso il discorso per il centrodestra. Perché la differenza (peraltro significativa) - rispetto alle previsioni - riguarda il peso dei partiti che ne fanno parte. La Lega, infatti, è andata molto oltre le stime attribuite. E, diversamente dalle stime dei sondaggi e, ancor più, dalle precedenti elezioni, ha scavalcato nettamente Forza Italia.
Comunque, allora avevamo parlato di tre “minoranze in-comunicanti”.
Tuttavia, la mappa politica dell’Italia disegnata dal voto del 4 marzo appare molto diversa dal passato. E da quanto si era immaginato. In base ai sondaggi e alle analisi degli ultimi mesi.
Un’Italia Gialloblù, ho scritto all’indomani del risultato, facendo riferimento ai colori dei due soggetti politici. Ma forse sarebbe più corretto, comunque, parlare di un Paese Gialloverde, visto il peso assunto dalla Lega.
Primo partito in 57 collegi uninominali, che colorano l’intero Nord. Dal Piemonte al Nord-Est, passando per la Lombardia. Il M5s, invece, prevale in 143 collegi, che colorano l’Italia di giallo. Dal Centro all’intero Sud. Isole comprese. Il colore del M5s, peraltro, si insinua anche fra le pieghe delle “altre Italie”. Nel Centro-Nord, dove un tempo si stendeva la Zona Rossa. Ormai neppure più Rosa, come spiegano in queste pagine Bordignon e Ceccarini. Piuttosto: E-rosa. Ciò contribuisce a correggere l’immagine di un’Italia “in-colore”. Senza più colori precisi a caratterizzare le zone geo-politiche del Paese. Vista la distribuzione “nazionale” del voto al M5S, nel 2013. Ma anche del Pd di Renzi, il PdR, alle elezioni Europee del 2014. Infatti, anche questa volta, il M5s ha ottenuto un risultato rilevante in tutta Italia.
Ma in modo meno omogeneo rispetto al passato recente. Nei collegi del Nord appare sostanzialmente stabile e nel Nord-Est perfino in lievissima flessione. Mentre nel Mezzogiorno, si dilata e, talora, dilaga. Dovunque. In particolare, in Campania, nelle Puglie. Ma si impone anche in ampie zone della Sicilia e in Sardegna. Soprattutto nel Nuorese.
La Lega, invece, ha rafforzato la propria base nel Nord-Est, come si è detto. Inoltre, ha allargato la propria presenza in altre aree del Paese. Soprattutto alla confluenza tra Liguria e Toscana. In particolare, è penetrata nei collegi del Centro-Nord, un tempo, anzi: fino a poco tempo fa, saldamente “rossi”. Il territorio della Sinistra, così, appare quasi assediato. E penetrato, all’interno. Da soggetti politici “populisti”.
Si disegna e si rafforza l’immagine di una “popolocrazia” (titolo di un testo che ho appena pubblicato con Marc Lazar, per Laterza – mi si perdoni l’autocitazione). Una democrazia che assume i colori, i linguaggi, le logiche dettati dal populismo e dai suoi attori.
D’altronde, la base elettorale dei due partiti presenta orientamenti comuni e, per molti versi, speculari. Un basso grado di fiducia verso lo Stato e la Ue.
Inoltre, un maggior grado di sfiducia verso il futuro. Il Gialloverde, in altri termini, colora il distacco dai governi e dalle istituzioni, nazionali ed europee. Ma anche l’inquietudine e il dis-orientamento. Espressi da ampie componenti sociali, che si sentono periferiche, rispetto ai centri del potere politico ed economico. Ma anche rispetto alla distribuzione del reddito, ai sistemi di protezione e alle garanzie sociali.
Tuttavia, altri aspetti differenziano e dividono questi due “popoli”. Il “popolo pentastellato” dell’Italia Gialla è sparso lungo lo spazio politico, da Destra a Sinistra. Ma appare fortemente addensato al Centro.
Fra gli italiani (politicamente) “medi”, che coltivano sfiducia e insoddisfazione. Ciò avviene soprattutto nel Mezzogiorno.
Dove le condizioni economiche e di vita sono sicuramente più precarie. Peraltro, nell’Italia Gialla, il peso dei disoccupati è largamente superiore alla media.
Come la presenza dei giovani (18-29 anni) e dei giovani-adulti (30-44 anni). Generazioni costrette a misurarsi con un futuro incerto e un presente certamente difficile.
Gli elettori della Lega, invece, sono chiaramente schierati a Destra. Rispetto alla media della popolazione, mostrano un’incidenza più elevata fra gli operai e i ceti medi del settore privato. Manifestano, inoltre, una forte insofferenza verso gli immigrati e gli stranieri.
Si tratta, evidentemente, di due “popoli”. Difficilmente “componibili”. Perfino “compatibili”. Perché riassumono generazioni, categorie professionali, paure: diverse.
Sottolineate e condizionate dalla geografia. Il Sud e il Nord. Non più tre, ma due Italie, al tempo stesso, distinte e distanti. Altrettanto decise, però, a manifestare e a esprimere le loro posizioni. Le loro op-posizioni e i loro interessi. Prive, peraltro, di mediazione, visto il declino dell’Italia di Mezzo. Non è chiaro, per questo, come sia possibile tenerle insieme. Non tanto per formare un governo, una maggioranza. Ma per “tenere insieme” l’Italia.