La Stampa Vatican Insider 22.3.18
Il giallo della lettera cancellata costringe alle dimissioni Viganò
L’uomo
forte di Papa Francesco inciampa sul pasticcio degli omissis. Ma la
ristrutturazione della comunicazione andrà avanti senza di lui
di Andrea Tornielli
Monsignor
Dario Viganò, l’uomo forte della comunicazione vaticana si è dimesso
con una lettera a Papa Francesco datata 19 marzo. La rinuncia è stata
accolta ieri «non senza qualche fatica» dal Pontefice, che a sua volta
ha scritto al suo ormai ex «ministro» delle comunicazioni pregandolo di
rimanere come «assessore» nello stesso dicastero, incarico inventato ad
hoc. È l’epilogo per alcuni inevitabile, per altri sorprendente, del
«giallo» della lettera di Benedetto XVI e dei suoi omissis. Un «giallo»
che lascia ancora interrogativi senza risposta.
Lunedì 12
dicembre, presentando la collana di 11 volumetti dedicati alla «Teologia
di Papa Francesco», monsignor Viganò leggeva una lettera a lui inviata
dal Papa emerito. Benedetto XVI bollava come «stolto pregiudizio» il
ritenere Francesco privo di preparazione teologica, parlando al contempo
di «continuità interiore» tra i due pontificati. Il comunicato
ufficiale presentava la missiva ratzingeriana come un endorsement al
Pontefice in carica, limitandosi però a riprodurre solo i primi due
paragrafi del testo. Durante la conferenza stampa Viganò dava lettura
anche di un terzo paragrafo, nel quale Ratzinger declinava l’invito a
scrivere una prefazione ai volumetti, spiegando di non averli letti e di
non avere la forza né la possibilità di farlo. La mancata citazione di
questo passaggio nel comunicato ufficiale faceva esplodere martedì 13
marzo una prima polemica, alla quale si aggiungeva quella sulla foto
della lettera diffusa dai media vaticani, risultata sfuocata di
proposito nelle ultime due righe.
Come se ciò non bastasse,
sabato 17 marzo, mentre Francesco era in visita a nei luoghi di Padre
Pio, si è diffusa l’indiscrezione sull’esistenza di un ulteriore
paragrafo omesso: quello in cui Benedetto XVI faceva notare
l’inopportunità della scelta di uno dei curatori della collana, il
teologo tedesco Peter Hünermann, in passato critico contro lo stesso
Ratzinger e Giovanni Paolo II. L’indiscrezione obbligava la Santa Sede a
pubblicare finalmente il testo originale. Viganò ha scelto di divulgare
una lettera privata, omettendone alcune parti, all’insaputa del suo
autore Ratzinger? Oppure ha avvisato in qualche modo l’entourage di
Benedetto XVI, e in particolare il suo segretario, l’arcivescovo Georg
Gänswein? Domande ancora senza risposta. Sulla sua gestione del caso si è
abbattuto uno tsunami di reazioni, con reiterate richieste di
dimissioni del prefetto. Un «ministro» potente della Curia romana,
perché nel giugno 2015 aveva ricevuto un mandato pieno e carta bianca
dal Pontefice - che lo ha sempre difeso - per attuare la
ristrutturazione dei media vaticani. Lo studio iniziale del progetto era
stato affidato a McKinsey (consulenza da 420 mila euro, più altrettanti
di spese). L’idea era quella di unificare le varie realtà informative,
mettendole in rete e creando una piattaforma digitale unica sulla quale
dispiegare articoli, immagini e podcast. Con il compito di ridurre
l’importante deficit tagliando le spese.
Nella lettera di
dimissioni Viganò non fa riferimento esplicito al pasticcio degli
omissis. «In questi ultimi giorni - scrive il prefetto dimissionario -
si sono sollevate molte polemiche circa il mio operato che, al di là
delle intenzioni, destabilizza il complesso e grande lavoro di riforma
che lei mi ha affidato e che vede ora, grazie al contributo di
moltissime persone a partire dal personale, compiere il tratto finale».
Viganò ringrazia il Papa per il sostegno e la rinnovata stima. Ma
aggiunge: «Nel rispetto delle persone, però, che con me hanno lavorato
in questi anni e per evitare che la mia persona possa in qualche modo
ritardare, danneggiare o addirittura bloccare» il percorso della
riforma, «e soprattutto, per l’amore alla Chiesa e a lei Santo Padre, le
chiedo di accogliere il mio desiderio di farmi in disparte rendendomi,
se lei lo desidera, disponibile a collaborare in altre modalità».
Francesco
risponde elogiando l’impegno di Viganò e ne accoglie «non senza qualche
fatica», la rinuncia, lasciandolo nell’organigramma del dicastero.
Quindi difende il progetto sui media «da me approvato e regolarmente
condiviso». Aggiungendo un paragrafo particolarmente significativo, dove
tiene a precisare che la riforma è «ormai giunta al tratto conclusivo
con I’imminente fusione dell’Osservatore Romano all’interno dell’unico
sistema comunicativo della Santa Sede». Citazione non causale, perché
proprio quest’ultima fusione era stata procrastinata dal direttore del
quotidiano vaticano Gian Maria Vian con l’avallo della Segreteria di
Stato. Il Papa ora ha messo nero su bianco di volerla portare a
compimento anche senza Viganò.